venerdì, Ottobre 4, 2024
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Responsabilità, va superata la cultura del sospetto

di Paola Maria Zerman, Avvocato dello Stato*

Il disegno di legge allo studio in Parlamento (DL 1621 del 2024) per la modifica della responsabilità amministrativa, giustificata dalla necessità di contrastare  la “paura della firma” da parte degli amministratori pubblici, impone alcune riflessioni sul cambiamento di paradigma culturale di cui una riforma deve comunque tenere conto.

Il primo riguarda il tipo e l’entità di impatto che il sistema dell’IA avrà sulla formazione degli atti amministrativi, specie in presenza di attività discrezionale, sulla motivazione dei provvedimenti e sulla conseguente individuazione dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa nella causazione di un danno all’erario con le conseguenti responsabilità.

Occorre anche tenere presente che il sistema di controllo basato su adempimenti formali, appare ormai non più adeguato a modalità lavorative che privilegiano la qualità del lavoro, piuttosto che la quantità, intesa come rispetto pedissequo dell’orario di lavoro (il timbro del cartellino).

La realtà dei fatti pone all’evidenza un modo di intendere il lavoro basato sul raggiungimento di risultati piuttosto che al rispetto formale delle regole, che sia in grado di liberare  la creatività dei dipendenti nella ricerca di soluzioni innovative superando logiche di burocrazia difensiva.

Il che richiede capacità di investire in quella qualità relazionale capace di moltiplicare le energie positive, ovvero la fiducia nei confronti del dipendente. Concetto antico, ma anche rivoluzionario, che non può limitarsi a mere enunciazioni di principio, e che invece deve essere approfondito nelle sue ricadute pratiche per evitare effetti distorsivi.

Si prenda al riguardo, ad esempio, all’art. 2 del nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs.36/23) che erge il principio della fiducia a principio cardine dell’azione amministrativa, ma che poi ne fa discutibile applicazione a proposito della “probatio diaboltica” del conflitto di interessi (art. 16 comma 2). Principio peraltro richiamato in numerose pronunce della giurisprudenza amministrativa (v per tutte C.Stato 1924/2024), ma che ormai sta già diventando formula tralatizia che appare priva di conseguenze concrete.

La realtà è che, invece, la fiducia costituisce la chiave di volta per ridisegnare in termini organizzativi l’agire della pubblica amministrazione quale modalità relazionale dell’integrità in atto del pubblico funzionario.

Principio quest’ultimo, che va ben al di là dell’ambito intimistico, perché è il solo in grado di tradursi in risultati concreti di comportamenti positivi e affidabili immediatamente percepiti come tali dal cittadino.

Un  atteggiamento realmente collaborativo, competente,  puntuale, diligente e leale, non solo determina un ambiente di lavoro sereno e di per sé ostile alla corruzione e a comportamenti ad essa affini, ma è ontologicamente orientato al perseguimento dell’interesse pubblico e non all’autoreferenzialità. Presupposto base per dare e costruire relazioni lavorative fondate sulla fiducia.

Il cosiddetto “bonum commune” il cui raggiungimento giustificava l’esistenza stessa del diritto, e che solo a seguito dell’evolversi della cultura filosofica, veniva meno per essere sostituito dalla necessità di arginare gli egoismi individuali (Macchiavelli, Hobbes), con la nascita di quella cultura del sospetto dell’altro, che ancora permea non solo i rapporti cittadino-p.a., ma anche sussistono all’interno della stessa p.a., e tra questa e l’organo controllore del suo operato.

Recuperare il concetto della fiducia, impone dunque, un cambiamento culturale che si riverbera necessariamente sull’ atteggiamento collaborativo, sullo “sguardo” del controllore, la Corte dei conti, nei confronti del controllato. Anche di questo una riforma dovrà tenere conto.

* Intervento svolto in occasione del Convegno del 19 settembre depresso la Corte dei conti dal titolo: “Governo e Pubblica Amministrazione,  legalità e buon andamento, efficienza, controlli consulenza e responsabilità

(pubblicato da Il Sole 24 Ore del 30 settembre 2024)

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