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Relazione del Presidente Salvatore Sfrecola
La relazione con la quale la Corte dei conti di anno in anno riferisce alle assemblee legislative sui risultati dei controlli eseguiti, dà conto della verifica costante dell’andamento dei conti pubblici, in rapporto al ruolo che le Amministrazioni sono chiamate a svolgere nell’interesse del Paese e delle comunità locali. Pertanto, in conseguenza delle rilevanti trasformazioni che hanno interessato negli ultimi anni il nostro assetto istituzionale e delle difficoltà di bilancio di tutti gli enti del settore pubblico, il Parlamento nazionale ha ritenuto necessario ampliare i controlli della Corte su regioni ed enti locali, allo scopo “di rafforzare il coordinamento della finanza pubblica, in particolare tra i livelli di governo statale e regionale e di garantire il rispetto dei vincoli finanziari derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea” (art. 1 del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213), con riguardo all’equilibrio economico finanziario del complesso delle Amministrazioni pubbliche, “a tutela dell’unità economica della Repubblica”, come ha ricordato di recente la Corte costituzionale.
Nell’occasione, dunque, la Corte riferisce dati ed offre proprie valutazioni, adempimento che da tempo i cittadini hanno imparato a riconoscere come funzionale all’esercizio delle attribuzioni di controllo politico che illuminano la democrazia. E trasmette alle Assemblee legislative analisi e verifiche il cui oggetto è l’affidabilità, la veridicità e la trasparenza dei conti e la legalità dell’azione amministrativa in rapporto alle risorse destinate in bilancio alle politiche pubbliche, secondo le indicazioni contenute nell’indirizzo politico elettorale e di governo.
È proprio delle democrazie, infatti, rendere effettivo nei confronti dei cittadini e dei loro rappresentanti nelle assemblee legislative il “diritto alla conoscenza” perché, come diceva Luigi Einaudi, conoscere è essenziale “per deliberare”. Liberi, poi, tutti di condividere o meno valutazioni e suggerimenti, che indubbiamente costituiscono un riferimento importante per chi è chiamato ad adottare provvedimenti destinati ad incidere su diritti e su aspettative che si realizzano mediante espansione o riduzione della spesa, perché l’arida sequenza dei numeri parli alla gente e dica quali effetti sui cittadini e sulle imprese sono derivati dalle scelte politiche e di gestione.
Molto opportunamente, dunque, la “Relazione sullo stato di attuazione del programma di governo e sull’amministrazione regionale – Resoconto di legislatura”, approvato dalla Giunta con la Delibera n. 328 del 2015, sottolinea la finalità di fornire al Consiglio regionale, “ma anche ai cittadini, alle imprese ed al mondo scientifico” uno strumento utile per “interpretare correttamente l’attuazione delle diverse politiche” regionali.
Di anno in anno, dunque, questa magistratura si fa garante della correttezza dei conti pubblici regionali nei confronti dell’intera Comunità, un ruolo che, con felice espressione, Meuccio Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione, definì “ausiliare della Repubblica”, perché nessuna risorsa messa a disposizione del potere politico dal prelievo tributario vada dispersa, nella convinzione che lo spreco sia fonte di danno pubblico ma anche effetto di pratiche illecite, il più delle volte corruttive.
In quanto garante delle buone pratiche amministrative e contabili alla Corte è stata affidata anche una funzione consultiva “in materia di contabilità pubblica” che i numeri ci dicono essere sempre più apprezzata dagli enti della Regione Umbria.
Per questa somma di competenze, che si incentrano nella gestione finanziaria e patrimoniale e nel loro impatto sull’economia, come ha spiegato di recente anche la Banca d’Italia nel rapporto sull’economia dell’Umbria, la Corte dei conti costituisce un osservatorio privilegiato dell’andamento della finanza e dei flussi finanziari ed è, pertanto, in condizione di elaborare dati e di misurare i fenomeni che spetta alla politica governare. In questa ottica abbiamo avviato un’indagine diretta a capire quale sia stato l’impatto delle norme limitatrici delle spese di personale sulla organizzazione degli uffici, sui tempi dei procedimenti amministrativi e sulla resa dei servizi al cittadino. Giungono le prime risposte, raramente confortanti. Molti enti sono in difficoltà anche per la gestione di servizi essenziali, come quelli propri della Polizia Municipale. E più sono stati virtuosi negli anni passati più soffrono oggi. Per non dire del grido accorato che proviene dagli amministratori delle province che mantengono inalterate preziose attribuzioni, dalla manutenzione delle strade e quella degli istituti scolastici, tanto per fare un esempio, con risorse dimezzate.
Di particolare ausilio per l’Assemblea legislativa, nella quale si sommano funzioni normative e di controllo politico, il compito affidato alla Corte dell’esame della tipologia delle coperture finanziarie adottate dalle leggi regionali e delle tecniche di quantificazione degli oneri (art. 1, commi 2 e 8, del D.L. n. 174/2012), è funzione preziosa per chi amministra la cosa pubblica, perché la corretta individuazione dei mezzi con i quali fare fronte alle nuove o maggiori spese evita di appesantire quel debito che da anni grava sulla finanza statale, a dimostrazione che non sempre la copertura delle leggi di spesa a Roma ha rispettato i canoni costituzionali.
L’analisi delle leggi adottate dalla Regione nel 2013 – ma analoghe osservazioni erano state formulate lo scorso anno – ha evidenziato, in apposita deliberazione collegiale, non solo difformità rispetto alla normativa nazionale e regionale di riferimento ma anche lacune ed imprecisioni, che non hanno messo in condizione la Corte di verificare la correttezza della quantificazione degli oneri recati dalle singole leggi e l’individuazione precisa delle modalità di copertura finanziaria.
Ciò, in primo luogo, per effetto delle metodologie adottate nell’adozione dei disegni di legge e nella verifica degli oneri connessi, diverse a seconda dell’organo proponente, come risulta dai rispettivi Regolamenti. Le relazioni tecniche, infatti, e le relative schede degli elementi finanziari sono spesso generiche, incomplete, lacunose, e prive degli elementi essenziali, o comunque difformi dai modelli normativi di riferimento. Con la conseguenza che dette relazioni sono inidonee a fornire gli elementi necessari per una valutazione organica degli impegni finanziari assunti dalla Regione, specie per gli emendamenti che comportano nuove spese, che non trovano illustrazione nelle relazioni.
Inoltre, per le leggi che assumono l’inesistenza di oneri non risulta dimostrata con certezza la neutralità finanziaria, anche con riferimento agli esercizi futuri (art. 17, comma 7, della legge di contabilità n. 196 del 2009).
Nella relazione sono indicati casi specifici, i dubbi e le perplessità.
È necessario, dunque, che la Regione adegui la normativa ai più recenti interventi legislativi che regolano la materia, in particolare alla legge n. 196/2009, conformandosi ai principi enunciati dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale e ai dettami contenuti nella delibera della Sezione delle Autonomie della Corte dei conti (n. 10 del 20 marzo 2013). Così che l’Assemblea legislativa possa esprimere le proprie valutazioni “anche nella prospettiva dell’attivazione di processi di ‘autocorrezione’ nell’esercizio delle funzioni legislative e amministrative” (Corte Costituzionale, sentenza n. 39 del 2014).
Nell’esame dei dati del rendiconto generale la Corte si è avvalsa di informazioni trasmesse dall’Amministrazione, delle Relazioni del Collegio dei revisori dei conti (art. 1, commi 166 e seguenti, della legge n. 266/2005, richiamato dall’art. 1, comma 3, del decreto legge n. 174/2012, come convertito dalla legge n. 213/2012) e della relazione annuale del Presidente della Regione sul sistema dei controlli interni e sui controlli effettuati nell’anno 2014 (art. 1, comma 6, del decreto legge n. 174/2012, convertito dalla legge n. 213/2012). È questo un documento al quale il legislatore ha assegnato estrema importanza che, pertanto, non può limitarsi ad una descrizione formale del sistema dei controlli definito dagli atti normativi e regolamentari adottati dalla Regione, in attuazione delle vigenti disposizioni statali, che noi conosciamo bene. In questa sede il Capo dell’Amministrazione regionale deve dare conto di come i controlli hanno operato, non formalmente, ma nella effettività del loro esercizio. Pertanto nell’apposito questionario sono state previste domande specifiche, come l’indicazione delle criticità eventualmente individuate e delle misure correttive e/o integrative adottate per il loro superamento.
Le risultanze della verifica sui dati del rendiconto non tengono conto, invece, delle informazioni previste nel Questionario-relazione del Collegio dei revisori sul Rendiconto 2014 (art. 1, commi 166 e seguenti, della legge n. 266/2005) poiché la stessa non è stata ancora trasmessa, nonostante reiterate richieste. Né altro, ulteriore accertamento è stato possibile in ordine alla corrispondenza dei dati esposti nel Rendiconto con le scritture contabili dell’Amministrazione, atteso che il richiesto accesso alle banche dati regionali, già più volte sollecitato non è stato ancora ammesso.
Altrove, in Toscana e nel Lazio, per rimanere in zona, da tempo magistrati e funzionari accedono direttamente alle banche dati, già prima che una specifica normativa, la legge europea (art. 30, comma 3, della legge 30 ottobre 2014, n. 161), lo prevedesse esplicitamente. E se va dato atto agli Uffici della Regione di aver assicurato una costante collaborazione in sede di approfondimento dei dati del rendiconto, nondimeno l’accertamento diretto è mancato in ausilio alle attività istruttorie e, successivamente, nel contraddittorio seguito alla notifica della bozza di relazione, quando i dirigenti dei vari settori, delegati dall’Autorità politica, hanno chiarito, spiegato e precisato, formulando osservazioni delle quali è stato dato puntualmente conto in allegato alla relazione.
L’accesso alle banche dati è comunque un dato irrinunciabile.
Anche quest’anno la Corte si è uniformata alle tecniche di controllo tradizionali ed a quelle più recenti adottate in sede internazionale dalle Istituzioni Superiori di Controllo sulle Finanze Pubbliche, periodicamente messe a punto dall’Organizzazione Internazionale nella quale esse si riconoscono (INTOSAI, International Organization of Supreme Audit Institutions), per assicurare rigore finanziario nella gestione delle misure di contrasto alla crisi economica, avendo presenti esigenze di crescita equilibrata in funzione di sviluppo e di recupero dell’occupazione. Per cui la finalizzazione delle verifiche e dei riscontri ad accertare se effettivamente siano stati perseguiti gli obiettivi di efficienza e di economicità indicati nelle leggi e nelle direttive amministrative. In particolare in una fase storica nella quale alle regioni si chiede di concorrere al generale equilibrio dei conti pubblici ed a mantenere, con risorse ridotte, i livelli dei servizi essenziali al cittadino, in particolare di quelli sanitari, laddove nell’assistenza ai deboli ed ai bisognosi si misura il grado di civiltà di un popolo.
Fin dal momento del loro impianto, le istruttorie condotte sulla gestione del bilancio sono state, pertanto, orientate a fornire un quadro ricognitivo che comprende sia i profili contabili e finanziari, essenziali per la parificazione del Rendiconto, sia gli indicatori di risultato delle missioni e dei programmi assegnati alla Regione, nonché a verificare lo stato di attuazione delle misure di razionalizzazione degli assetti organizzativi, di semplificazione normativa e procedimentale e di quelle ispirate alla lotta alla corruzione e alla promozione della trasparenza, oggetto di un recente, importante intervento normativo (la legge n. 69 del 27 maggio 2015) che ha accentuato il profilo preventivo del contrasto alla corruzione in un contesto integrato di prevenzione e repressione. Contesto nel quale la Corte dei conti ha uno specifico ruolo quale organo di controllo, mentre opportunamente il legislatore che pur prevede riparazione pecuniaria e pagamento di una somma equivalente al profitto del reato ovvero all’ammontare di quanto indebitamente percepito, fa salvo in ogni caso il diritto erariale all’eventuale risarcimento del danno, così riconoscendo che il danno prodotto dall’illecito può essere, e di fatto è frequentemente, assai maggiore del semplice prodotto del reato perché scarica su lavori e forniture gli effetti di indebiti guadagni.
Ciò premesso, l’impressione generale che si trae dall’esame del rendiconto generale è che la considerevole attività posta in essere dalla Regione nel corso del 2014 ed i risultati conseguiti, malgrado la difficile situazione finanziaria, in vari campi – da quello della efficienza della P.A. alle politiche sociali, per la tutela della salute, per la competitività del sistema economico produttivo, per il capitale umano e per lo sviluppo del territorio e delle infrastrutture – si collocano prevalentemente sulla linea dell’attuazione e della implementazione di politiche e programmi già definiti in passato. Con ciò mostrando tutta la difficoltà di realizzare in concreto quella “sintesi virtuosa di continuità e di innovazione” che è stata posta come elemento caratterizzante del DAP 2014-2016.
Il processo di riorganizzazione dell’Amministrazione regionale individuato dalla Giunta appare certamente espressione di buona volontà, tuttavia non adeguata all’obiettivo di un significativo ridimensionamento dell’assetto complessivo delle posizioni dirigenziali e di quelle organizzative sicché appaiono necessari ulteriori, incisivi interventi.
La Corte non si nasconde la difficoltà che incontra l’Amministrazione nell’incidere su situazioni persistenti nel tempo ma è evidente che i numeri al 31 dicembre 2014 risultano sostanzialmente quelli dello scorso anno: n. 71 posizioni dirigenziali e n. 277 posizioni organizzative non dirigenziali.
Considerata la complessiva dotazione organica del comparto (in totale n. 821 unità, al netto delle posizioni organizzative e dei dirigenti) ed il numero dei dipendenti che avrebbero titolo all’assegnazione della posizione organizzativa (n. 590 unità di personale di categoria D a tempo indeterminato), il numero delle posizioni organizzative di secondo livello – sia quello attuale (n. 277), sia quello rideterminato dalla Giunta e da conseguire entro il 31 dicembre 2015 (n. 260) – risulta comunque elevato.
Infatti, i dipendenti che beneficiano della posizione organizzativa (277) sono quasi la metà di quanti sono in possesso dei requisiti per accedervi (590), e ciò determina la presenza di n. 1 posizione organizzativa ogni n. 2,9 unità di personale.
Anche per l’Assemblea legislativa valgono le stesse considerazioni in ordine al numero delle posizioni organizzative particolarmente elevato. Infatti, i dipendenti che beneficiano della posizione organizzativa (30) sono più della metà dei dipendenti in possesso dei requisiti per accedervi (58), e ciò determina la presenza di n. 1 posizione organizzativa ogni n. 2,9 unità di personale.
Il ricorso agli incarichi esterni è tradizionalmente un tema critico. Nella cultura di questa magistratura, fatta propria dalle leggi che disciplinano la materia anche sulla base della giurisprudenza del controllo e delle sezioni giudicanti, l’incarico conferito ad un esterno deve corrispondere ad un’esigenza straordinaria, non perseguibile con personale della stessa amministrazione o di altre amministrazioni pubbliche, comprese le università e le altre istituzioni scientifiche presenti sul territorio.
L’attenzione della Corte per questa tipologia di collaborazioni deriva certamente dalla necessità di contenere i costi ma anche dall’esigenza di non mortificare le professionalità presenti nell’amministrazione, come invita a fare l’art. 97 della Costituzione.
Anche nel caso di incarichi caratterizzati da un rapporto fiduciario l’esercizio della discrezionalità non esime da una considerazione dei requisiti professionali la cui mancanza, tra l’altro, determina situazioni di disagio dagli effetti negativi nell’ambito delle strutture dell’Amministrazione.
Costi (€ 1.475.307,00 contro € 1.294.318,00 del 2013, + 18,09%) e metodi di assegnazione degli incarichi sono illustrati nella relazione nella quale si rappresenta l’opportuna di una riflessione in merito ad un intervento legislativo idoneo a rendere le norme regionali trasparenti, indicando le voci di costo (compenso netto/lordo; oneri accessori, fiscali, previdenziali, etc.) e coerenti con l’orientamento della Corte Costituzionale di cui alla sentenza n. 252 del 30 luglio 2009.
L’approvazione del bilancio di previsione è intervenuta in ritardo rispetto al termine previsto dall’art. 75 dello Statuto, con conseguente ricorso all’esercizio provvisorio (autorizzato con legge regionale 23 dicembre 2013, n. 32).
Relativamente alla spesa, le previsioni definitive mostrano un incremento della parte corrente (+ 48.478 migliaia di euro), assorbito dalla contrazione degli altri titoli (spese di investimento – 50.024 migliaia di euro e spese per rimborso di mutui e prestiti – 8.681 migliaia di euro).
Anche per l’esercizio 2014 l’equilibrio di competenza è stato raggiunto mediante l’iscrizione in entrata di somme derivanti dalla precedente gestione a titolo di avanzo di amministrazione, somme interamente destinate a coprire economie di spesa suscettibili di reiscrizione nel nuovo esercizio poiché realizzate su autorizzazioni di spesa già finanziate con entrate a destinazione vincolata, che non hanno, pertanto, comportato alcun accrescimento della capacità di spesa dell’Amministrazione.
Relativamente ai risultati complessivi della gestione finanziaria, il saldo contabile della gestione di competenza evidenzia un dato negativo (come negli anni precedenti al 2013) pari a 139.970 migliaia di euro, in netto peggioramento rispetto al risultato positivo dell’esercizio 2013 (112.954 migliaia di euro).
Positivo, invece, il risultato della gestione dei residui, pari a 334.535 migliaia di euro, che, unitamente al fondo di cassa (161.523 migliaia di euro), assorbe il risultato negativo della gestione di competenza e determina un avanzo di amministrazione pari a 356.088 migliaia di euro, pur in flessione rispetto all’esercizio 2013 (503.237 migliaia di euro).
Anche il saldo di cassa al 31 dicembre è negativo (241.707 migliaia di euro) e in peggioramento rispetto al 2013, per effetto, principalmente, del saldo negativo tra le riscossioni e i pagamenti in conto competenza (484.585 migliaia di euro, al netto delle contabilità speciali), solo in parte assorbito dal saldo positivo di cassa della gestione residui (242.877 migliaia di euro). Nel complesso tale andamento risente sia della flessione della capacità di riscossione (56,37% nel 2014 contro 60,96% nel 2013) sia dell’aumento della capacità di pagamento (66,78% nel 2014, 62,83% nel 2013).
Relativamente all’analisi dei risultati a consuntivo la gestione di parte capitale presenta un modesto tasso di realizzazione degli interventi programmati, peraltro in peggioramento rispetto al 2013, con accertamenti ed impegni inferiori alle relative previsioni, rispettivamente del 50,15% e del 67,56%.
L’analisi della gestione dei residui evidenzia un tasso di riscossione dei residui attivi del 38,64%, in decisa riduzione (58,11% nel 2013).
Anche la gestione dei residui passivi evidenzia un peggioramento del tasso di smaltimento complessivo (39,46% nel 2014 contro 54,57% del 2013), in particolare per la spesa corrente, un andamento consolidato nel tempo e già più volte segnalato da questa Corte.
Per quanto attiene all’indebitamento la consistenza al 31 dicembre 2014, come risulta dai dati del conto del patrimonio, è pari ad € 539.980.808,01, (€ 457.866.827,03 nel 2013) ed è riferita per € 415.807.496,55, a mutui e prestiti a carico della Regione e per € 124.173.311,36 a quelli con oneri a carico dello Stato.
Nel corso dell’esercizio è stato contratto un mutuo di € 132.700.000,00 con la Cassa Depositi e Prestiti a copertura del disavanzo finanziario relativo agli anni 2006, 2007 e 2008, determinato dalla mancata stipulazione dei mutui già autorizzati.
Il limite di indebitamento risulta rispettato.
Relativamente agli strumenti finanziari derivati in essere, anche nel 2014, la Regione ha sostenuto un differenziale netto negativo, pari a € 1.625.035,00 (- € 1.902.472,00 nel 2013 e – € 1.024.574,00 nel 2012).
Al riguardo la nota informativa allegata al Rendiconto (art. 62, comma 8, del decreto legge 112/2008, e s.m.i.) anche per l’esercizio 2014 è rimasta sostanzialmente invariata rispetto a quella dei precedenti esercizi includendo solo alcune informazioni aggiuntive sulle caratteristiche delle operazioni in essere, che si ritengono comunque non esaustive.
L’Amministrazione ritiene che la gestione dello swap sia irrilevante e che l’attenzione vada riservata alla sorte del debito principale. È, peraltro, opinione della Corte che non sia indifferente rispetto all’andamento dei mercati valutare la convenienza di mantenere la situazione immutata o di intervenire sul debito.
La gestione delle entrate evidenzia un miglioramento della capacità di accertamento complessiva pari, nel 2014, al 91,19% (87,89% del 2013) e un lieve aumento anche della capacità di riscossione pari, nel 2014, al 73,12% (70,32% del 2013).
Considerando l’intera massa acquisibile (accertamenti di competenza e residui), mentre la capacità globale di accertamento aumenta (93,11%, contro il 91,84% del 2013), la capacità di riscossione si contrae, passando dal 66,38% del 2013 al 60,54%, per il prevalente effetto dell’andamento delle riscossioni in conto residui.
Per la gestione delle spese, in termini di valore assoluto le previsioni definitive 2014 presentano una contrazione rispetto a quelle del 2013 di € 10.226.584,00 (- 0,32%) e sono riferite per il 77,37% alla parte corrente (75,58% nel 2013) e solo per il rimanente 22,63% alla parte capitale (24,42% nel 2013).
Sul piano dinamico la capacità di impegno aumenta, passando dal 74,40% del 2013 all’81,05% del 2014, in controtendenza rispetto all’esercizio precedente.
Aumenta anche la velocità di cassa, rappresentata dal rapporto fra la massa spendibile e i pagamenti totali effettuati nell’anno, passando dal 62,83% del 2013 all’80,50% del 2014.
Per quanto riguarda le spese per rappresentanza, convegni, mostre e pubblicità si ribadisce che la diposizione (lett. f) della D.G.R. n. 138 del 22 febbraio 2011) con la quale sono stati individuati i presupposti per l’ammissibilità delle spese per mostre e convegni non appare in linea con gli orientamenti giurisprudenziali in materia, ormai consolidati.
In particolare, come già evidenziato per il precedente esercizio, considerato lo stretto legame con i fini istituzionali dell’Ente e l’idoneità a mantenere o ad accrescere il ruolo dell’Ente stesso nel contesto sociale e i requisiti che una spesa deve presentare per poter essere qualificata “di rappresentanza”, la legittimità consegue ad una rigorosa giustificazione e documentazione, con indicazione, caso per caso, dell’interesse istituzionale perseguito.
Riguardo alle spese sostenute occorre rilevare che circa la metà degli impegni assunti (€ 1.384.134,94) sono riferiti alla organizzazione di mostre di fotografie realizzate da Steve Mc Curry (€ 623.572,94, liquidati nell’anno per € 501.167,42).
Nonostante la progressiva contrazione della spesa, si rileva che la stessa continua ad attestarsi su livelli eccessivamente superiori a quelli stabiliti dal legislatore.
Quanto alla spesa per il personale dai dati trasmessi risulta rispettato quanto disposto sia dall’art. 1, comma 557, della legge n. 296/2006 – che ne stabilisce il contenimento rispetto all’anno precedente (al netto dei rinnovi contrattuali intervenuti nel periodo) –, sia dall’art. 9, comma 28, del decreto legge n. 78/2010. Dalla documentazione prodotta non risulta, invece, alcuna informazione circa il rispetto di quanto previsto in materia di riduzione dei fondi destinati al trattamento accessorio del personale, dal comma 2-bis della disposizione in ultimo richiamata.
È stata avviata una ricognizione del contenzioso in essere dinanzi alla giurisdizione ordinaria ed amministrativa che denuncia numerosi casi di soccombenza che, fatti salvi specifici approfondimenti delle singole vertenze, che non è stato possibile condurre per l’incompletezza dei dati trasmessi, potrebbe denunciare una inadeguata tutela degli interessi regionali o una insufficiente attenzione per i diritti dei cittadini e delle imprese.
Va ricordato, in proposito, che il cittadino, in virtù del Trattato di Nizza, è titolare di un diritto alla “buona amministrazione”, che per la verità dovrebbe essere in ogni caso proprio dell’esercizio di pubbliche funzioni di interesse della comunità in virtù del più volte richiamato articolo 97 della Costituzione.
Il Servizio Sanitario Regionale assorbe oltre la metà dell’intero bilancio regionale con previsioni pari al 64,03% del totale, in aumento rispetto al 2013 (57,72%) e con impegni che rappresentano il 78,20% di quelli assunti complessivamente nel 2014, anch’essi in aumento rispetto al 2013 (74,10%).
Per la spesa di beni e servizi la costituzione nell’anno 2014 della “Centrale Regionale di Acquisto per la Sanità” (C.R.A.S), si rileva che la percentuale degli acquisti centralizzati è rimasta sostanzialmente invariata, passando dal 49% circa del 2013 (235.432 migliaia di euro su un totale di 476.581 migliaia di euro), al 50% nel 2014.
Inoltre, i verbali dei Collegi sindacali delle Aziende, segnalano il ricorrente, reiterato utilizzo di proroghe contrattuali e scarsa tempestività nel rinnovo delle convenzioni, con conseguente adozione di atti in sanatoria o ricorso a procedure di urgenza. Comportamenti che destano preoccupazione, spesso determinano sprechi, in ogni caso attuano condotte sospette di compiacenze, che producono contenzioso e costituiscono nelle determinazioni dell’Autorità Nazionale Anticorruzione indice di fattori di rischio.
In materia di spesa per incarichi e consulenze, in particolare con riguardo alle misure adottate e ai risultati conseguiti nell’anno 2014 per il contenimento della stessa, le informazioni trasmesse risultano generiche e soprattutto non in linea con quanto comunicato dalle singole Aziende del S.S.R. nell’ambito delle istruttorie condotte dalla Sezione sulla base delle relazioni-questionari dei Collegi sindacali sul bilancio d’esercizio 2013 (art. 1, comma 170, della legge n. 266 del 23 dicembre 2005).
A tale proposito si rinvia a quanto segnalato nelle pronunce adottate dalla Sezione nell’ambito di dette verifiche.
Per la spesa farmaceutica territoriale i dati desunti dalle relazioni-questionario dei Collegi sindacali delle aziende sanitarie (trasmesse alla Sezione ai sensi dell’art. 1, comma 170, della legge n. 266/2005) e dalla ulteriore documentazione acquisita in sede istruttoria, evidenziano, per entrambe le aziende sanitarie, un lieve superamento per il 2013 dell’obiettivo fissato dalla Regione (circa del 2%).
Anche per la spesa farmaceutica ospedaliera, i dati trasmessi dai Collegi sindacali evidenziano il superamento del limite pari al 3,5% del FSN.
L’attenzione della Sezione nei confronti delle strutture ricettive per la popolazione anziana, indotta da episodi, certo isolati, ma preoccupanti di disattenzione per le condizioni degli ospiti, anziani e spesso malati e quindi deboli, ha rilevato che i controlli e le ispezioni disposti dalla Regione sulle strutture beneficiarie di finanziamento/sovvenzione da parte della stessa e oggetto di rilievi da parte del Comando del Nucleo Antisofisticazioni e Sanità dell’Arma dei Carabinieri (N.A.S.), sono stati effettuati solamente dopo la segnalazione del predetto Nucleo.
Pertanto può ragionevolmente dedursi che la Regione non provveda autonomamente ad eseguire i dovuti controlli o che questi non siano adeguati.
Inoltre, dagli atti prodotti non risulta effettuato, a seguito delle rilevate irregolarità, alcun recupero in termini monetari dei contributi erogati.
Il conto consolidato della sanità evidenzia una spesa sanitaria in aumento rispetto al 2013 dello 0,9%, con un’inversione di tendenza rispetto ai due precedenti esercizi.
Relativamente ai costi e ai ricavi, dal Rapporto 2015 sul coordinamento della finanza pubblica, i dati per la Regione Umbria mostrano una crescita sia dei costi complessivi (al lordo degli ammortamenti, delle rivalutazioni e svalutazioni, del saldo delle minusvalenze e plusvalenze e della gestione intramoenia), pari allo 0,6% rispetto al 2013, sia dei ricavi complessivi che si incrementano dell’1,4%.
Il risultato di esercizio 2014 è pari a 23,4 milioni di euro, in crescita rispetto a quello definitivo del 2013 (pari a 7,1 milioni di euro) per effetto del maggior incremento dei ricavi rispetto a quello dei costi, nonché della positiva incidenza del saldo mobilità extra-regionale.
L’analisi della gestione del patrimonio nelle aziende del Sistema sanitario regionale ha evidenziato costi elevati per locazioni passive ed esigui proventi dalle locazioni attive, beni immobili non utilizzati per le attività aziendali, alcuni dei quali inseriti nel Piano triennale del patrimonio da alienare. S’impone, dunque, un’attenta ricognizione del patrimonio immobiliare al fine di individuare spazi utilizzabili in luogo di altri acquisiti in locazione passiva, sia l’adozione delle misure necessarie a rendere concrete, nei tempi adeguati, le previsioni di alienazione formulate.
Il conto economico della Regione evidenzia un risultato negativo di € 218.944.935,00, in netto peggioramento rispetto all’esercizio precedente, chiuso in positivo per € 148.999.679,00. Il risultato è influenzato sia dalla contrazione dei proventi da contributi e trasferimenti dallo Stato e dall’Unione Europea, sia dall’aumento di costi per maggiori trasferimenti a favore degli Enti locali e degli Enti dipendenti dalla Regione;
Il netto patrimoniale, per effetto della gestione, espone un decremento di € 218.944.935,00 (pari al risultato d’esercizio).
La Corte invita l’Amministrazione a conformarsi alle indicazioni formulate dal Collegio dei revisori nella propria Relazione al Rendiconto generale 2014 per rimuovere le criticità che non consentono un’adeguata rappresentazione della consistenza patrimoniale.
Tra i crediti si segnalano in particolare i Crediti v/Società partecipate per € 13.233.187,18, riferiti al residuo dell’anticipazione erogata alla società Umbria TPL e Mobilità S.p.A. nel corso del 2013 per € 17.000.000,00. Riguardo alla restituzione della stessa risultano, nell’esercizio 2014, incassi pari ad € 3.766.812,82, a fronte dell’importo di € 4.919.430,00 che doveva invece essere rimborsato.
Nella Relazione della Giunta al Rendiconto 2014 (come peraltro in quella riferita al precedente esercizio) non è fatta alcuna menzione di tale anticipazione e della connessa restituzione, con conseguente mancanza di chiarezza e trasparenza nei confronti dei destinatari del Rendiconto, in particolare dell’Assemblea legislativa-Consiglio regionale.
Relativamente alla gestione del patrimonio immobiliare le locazioni passive costano € 863.756,57, in netta riduzione rispetto ai precedenti esercizi per effetto, in particolare, della cessazione della locazione del fabbricato “Palazzo Fioroni”.
I canoni attivi (per affitti e concessioni) sono pari a € 770.658,76, in riduzione rispetto ai precedenti esercizi (2012 € 931.276,60 – 2013 € 927.782,65). Resta comunque non valutabile la congruità dei canoni indicati con le caratteristiche dei relativi immobili. Per gli immobili oggetto di concessione a titolo gratuito, i dati tramessi non evidenziano né i concessionari, né, nella maggior parte dei casi, la motivazione.
Riguardo agli immobili non utilizzati di cui agli allegati D, E, F, G, I al Programma di Politica Patrimoniale 2014-2016, non è stata fornita nessuna informazione sullo stato di attuazione degli interventi previsti per gli stessi.
Immobili occupati senza titolo od oggetto di occupazione abusiva alimentano un contenzioso del quale sono state fornite insufficienti informazioni.
Relativamente alle partecipazioni si osserva che non stono stati trasmessi i bilanci al 31 dicembre 2014 e che pertanto le valutazioni sono riferite ai bilanci 2013. Si rileva comunque la presenza di società che chiudono in perdita, nella quali la Regione detiene partecipazioni di rilevante entità (Umbraflor S.r.l, Sviluppumbria S.p.A. e Umbria T.P.L. e MOBILITA’ S.p.A.).
Con riferimento, in particolare, alla partecipazione nella società UMBRIA T.P.L. e MOBILITA’ S.p.A., l’assenza dei documenti di bilancio riferiti a tale esercizio, non consente di esprimere alcuna valutazione sullo stato attuale della situazione finanziaria della società.
Si osserva comunque, come già segnalato, che dagli atti in possesso della Sezione risulta che la società non ha corrisposto alla Regione tutte le rate di rimborso dell’anticipazione concessa, previste per il 2014.
Le risorse erogate dalla Regione nell’esercizio 2013 ammontano a complessivi € 59.054.000,00, in aumento rispetto al precedente esercizio (circa € 48.274.192,93). Anche in considerazione di tali risorse e, dell’andamento delle società, si riafferma la necessità che la Regione si attivi per garantire il funzionamento, in concreto, dei sistemi di governance e di monitoraggio che la stessa riferisce di aver attuato. Invero, né dalla richiamata Relazione del Presidente della Giunta, né dai documenti presentati in fase istruttoria, emergono notizie specifiche in ordine all’effettiva implementazione delle descritte procedure e all’esito delle stesse. Anche le informazioni sugli organismi partecipati contenute nella Relazione della Giunta allegata al Rendiconto non sono idonee ad offrire un’adeguata prospettazione degli effetti che la gestione degli stessi produce sulle finanze regionali, facendo supporre che la stessa Amministrazione non abbia piena cognizione degli stessi.
Relativamente agli enti dipendenti si osserva che anche per l’esercizio 2014 risultano sostanzialmente disattese le disposizioni contenute nell’art. 52, comma 4, della legge regionale n. 13/2000, poiché sono stati allegati i rendiconti al 31 dicembre 2013 e non quelli al 31 dicembre 2014, che avrebbero dovuto essere approvati entro il 30 aprile 2015 e comunque antecedentemente alla presentazione del Rendiconto da parte della Giunta, anche al fine di consentire la valutazione dell’impatto della gestione di tali Enti sul rendiconto stesso. Inoltre per l’Agenzia ATER, non risulta allegato neanche il rendiconto al 31 dicembre 2013.
In via generale, come già segnalato per i precedenti esercizi, si osserva che sarebbe opportuno completare il Conto Economico, il Prospetto di conciliazione ed il Conto del Patrimonio, con la redazione di una specifica “nota integrativa”, nella quale dare conto in maniera chiara e analitica di quanto esposto nei richiamati documenti, atteso che le informazioni contenute nella richiamata Relazione della Giunta non sono comunque sufficienti a fornire una completa e chiara rappresentazione dei fenomeni rappresentati.
Infine, relativamente alla verifica dei rendiconti dei Gruppi consiliari (art. 1, commi 9 e ss, del decreto legge n. 174/2012) sono state accertate modeste irregolarità riguardanti la provvista di personale che comunque i Gruppi hanno provveduto a sanare mediante la rifusione delle relative somme. Con l’occasione si raccomanda all’Ufficio di Presidenza dell’Assemblea legislativa di sollecitare i Gruppi consiliari a verificare la coerenza dei disciplinari interni concernenti le modalità per la gestione delle risorse e per la tenuta della contabilità rispetto alle prescrizioni normative vigenti.
Salvatore Sfrecola
La requisitoria del Procuratore regionale Antonio Giuseppone
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