di Jacopo Severo Bartolomei, Avvocato Amministrativista – Collaboratore cattedra diritto costituzionale Roma III
Riesumazione e commento di scritto minore.
Nella vastissima, articolata e sempre all’avanguardia produzione scientifica di Massimo Severo Giannini (Roma 1915-2000), figura uno scritto cd. minore, per consistenza non per lucidità d’analisi, confluito come contributo al volume collettaneo intitolato “IL MOTORE IMMOBILE. Crisi e riforma della pubblica amministrazione” Edizioni Lavoro, dicembre 1980.
Il libro raccoglie i testi pubblicati in occasione di un seminario allora organizzato dall’IRSI sui temi della riforma della p.A., da insigni cattedratici di materie giuspubblicistche (Franco G. Scoca, Giorgio Pastori, Enzo Cardi, etc.), docenti giuslavoristi e Sindacalista del calibro di Franco Marini. Le relazioni avevano arrecato spunti di novità ed interesse riconducibili ad un quadro organico di possibili misure di riforma, nel solco del dibattito innescato proprio dal noto Rapporto Giannini, esattamente un anno prima, quando l’Insigne Giurista era stato chiamato a ricoprire il Ministero della Funzione Pubblica – dicastero senza portafoglio – nel secondo esecutivo presieduto da Francesco Cossiga.
Giannini il 16 novembre 1979 trasmise alle Camere l’indimenticato “Rapporto sui principali problemi della Amministrazione dello Stato“. La forza e l’importanza di quel rapporto risiedeva nell’originalità dei concetti ivi elaborati: innesto nella pubblica amministrazione di modelli di gestione di tipo privato, concetto di pianificazione e controllo, indicatori di produttività, unificazione delle metodologie di misurazione, uffici di organizzazione. Da lì si dipana il filo di una serie di tentativi riformatori, poi ripresi in molte occasioni in epoca successivi, sino ad approdare ai nostri giorni. Nel progetto Giannini c’era molto di più con la proposta di costituzione di 12 commissioni di studio, ciascuna delle quali avrebbe avuto il compito di seguire le prospettive strategiche individuate nel rapporto e di portarle a concreta attuazione. Tuttavia solo un anno dopo, in occasione della crisi del secondo Governo Cossiga, Bettino Craxi, pur essendo stato sempre di fede socialista Giannini (Capo di gabinetto con Nenni al Ministero per la Costituente 1946.47) e precedentemente compreso fra i ministri di area socialista, non lo indicò come candidato ministeriale nel successivo Governo Forlani (18 ottobre 1980), né tantomeno lo nominò nei successivi Governi da lui presieduti (1983- 1987). Le carte e i progetti della “riforma Giannini” rimasero un insuperabile documento di analisi ma non ebbero un concreto effetto riformatore, tanto che la disillusione del Maestro nei confronti della classe politico-amministrativa inizio a crescere a dismisura, sino ad approdare nell’area radicale.
Nell’apporto specifico Giannini scrive che “E’ vero che nel Rapporto questi temi sono accennati, non sono posti come oggetto di una programmazione a tempo breve da parte del governo o del parlamento, e sono invece presentati come oggetto di una programmazione successiva. Tuttavia, quello che desidererei fosse chiaro è che i problemi di struttura hanno priorità logica e cronologica rispetto a qualsiasi altro problema. Voglio dire priorità sia rispetto ai problemi del personale addetto alle strutture, sia ai problemi delle attività che le strutture sono chiamate a svolgere”
All’uopo balza alla mente l’esempio del regionalismo, l’attuazione del disegno costituzionale delle Regioni a statuto ordinario, che demarrò nel 1970, con l’elezione dei primi consigli regionali. Ebbene negli anni immediatamente successivi, quando ancora si discuteva della fisionomia che dovesse assumere l’Ente macroterritoriale (solo a fini politici, di programmazione socioeconomica o anche con funzioni amministrative) e se ne differenziavano i contorni con le esperienze di autonomia o federazione di Stati europei (Francia, Germania), il problema prioritario affrontato dalla classe politica fù la dotazione di personale, perlopiù non reclutato attraverso lo strumento del concorso pubblico, bensì con trasferimenti o mobilità da enti locali o dal settore del cd. parastato; infatti solo con il dpr n. 616/1977 venne completata, col metodo del riparto secondo settori organici, l’attribuzione e delega delle funzioni amministrative regionali iniziata col dpr n.02/1972. E Giannini ha legato indissolubilmente la propria figura a tale essenziale snodo ordinamentale
Nel volume de IL MOTORE IMMOBILE si evidenzia come la Pubblica Amministrazione sia una macchina complicata, un labirinto, che deve funzionare a pieno ritmo, pena la paralisi e l’impotenza dello Stato. Come ogni cittadino utente è costretto purtroppo a sperimentare detto apparato amministrativo in Italia presenta tutte le caratteristiche dell’improduttività e dell’inefficienza. Dopo aver constatato che da qualche parte il motore si è inceppato occorre intervenire, per cambiare strutture, funzioni e procedure; un compito che la politica dovrebbe ripromettersi come irrinunciabile e non più prorogabile, che comporta nel complessivo quadro riformatore l’adozione di criteri uniformi e razionali. Allora, ad inizio anni ’80, le linee di intervento del disegno riformatore si indicavano nel ruolo dei dirigenti, nelle forme di controllo, nel miglioramento dell’organizzazione del lavoro, nella fissazione di nuovi limiti e nuove forme di responsabilità dell’azione amministrativa.
Passati svariati decenni ed intervenute plurime riforme a partire dalla legge Bassanini sino alla legge Madia non si può non convenire con la chiusura tranchant della recensione del libretto, sulla quarta di copertina: “alla base degli interventi pubblicati sta il desiderio di un contributo alla riforma di apparati la cui obsolescenza è ormai il più grosso ostacolo per un’efficiente prestazione del servizio amministrativo pubblico”.
Dopo oltre 40 anni niente di maggior attualità, alla vigilia del PNRR, a testimonianza della fecondità dell’insegnamento di Massimo Severo Giannini, Maestro del diritto pubblico di fama internazionale.