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La resilienza della legge rinforzata sugli equilibri di bilancio: moniti e correttivi della Consulta.

La resilienza della legge rinforzata sugli equilibri di bilancio: moniti e correttivi della Consulta.

Nota del Prof. Pelino Santoro, Presidente on. della Corte dei conti

a Corte costituzionale 29 novembre 2017 n. 247: Pres. Grossi, Est. Carosi; Regioni Veneto, Friuli e Province autonome Bolzano e Trento (avv. Zanon, Falcon e Von Guggenberg) c. Governo della Repubblica (avv. Stato, De Bellis).

 

1- Il carattere funzionale del bilancio, inteso come bene pubblico, presuppone quali caratteri inscindibili la chiarezza, la significatività, la specificazione degli interventi attuativi delle politiche pubbliche e pertanto l’accentuarsi della complessità tecnica della legislazione in materia finanziaria richiede adozione di idonei strumenti di trasparenza divulgativa, non potendo ritenersi consentito un abuso della “tecnicità contabile” finalizzato a creare indiretti effetti novativi sulla disciplina specificativa dei principi costituzionali di natura finanziaria e di quelli ad essi legati da un rapporto di interdipendenza.

  1. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettera b), primo periodo, della legge 12 agosto 2016, n. 164, che, secondo la prospettazione della Regione ricorrente, avrebbe l’effetto indiretto di “espropriare” l’avanzo di amministrazione all’ente territoriale che lo ha realizzato per acquisirlo a obiettivi di finanza pubblica in ambito regionale, essendo opponibile, pur nell’oscura formulazione della nuova norma, una interpretazione adeguatrice, che consente di riconoscere che l’avanzo di amministrazione rimane nella disponibilità dell’ente che lo realizza, dovendosi preferire una lettura conforme a Costituzione delle norme contestate, secondo cui gli enti territoriali in avanzo di amministrazione hanno la mera facoltà – e non l’obbligo – di mettere a disposizione delle politiche regionali di investimento una parte o l’intero avanzo.
  2. Una corretta interpretazione secundum costituzionem, con riferimento all’art. 97 Cost, consente di ritenere che, corrispondendo l’equilibrio di bilancio ex post all’assenza di un saldo negativo al termine dell’esercizio finanziario, l’avanzo di amministrazione, una volta accertato nelle forme di legge, è nella disponibilità dell’ente che lo realizza, poiché il principio del buon andamento presuppone anche che al positivo risultato finanziario faccia riscontro una corretta e ottimale erogazione dei servizi e delle prestazioni sociali rese alla collettività.
  3. Sotto il profilo della conformità all’art. 81 Cost. la ventilata possibilità che il vincolo autorizzatorio all’esecuzione di tali spese. riassunte nel fondo pluriennale vincolato, possa essere rimosso ex lege, costringerebbe l’ente territoriale a trovare nuove coperture o a rendersi inadempiente, e neppure la legge rinforzata potrebbe introdurre una statuizione collidente con il principio di previa e costante copertura della spese, dal momento dell’autorizzazione fino a quello dell’erogazione, tenuto conto che la disciplina degli equilibri economico-finanziari del bilancio di competenza non può prescindere dai profili giuridici inerenti alla gestione dei cespiti attivi e passivi e, di conseguenza, al risultato di amministrazione, nella cui determinazione non possono confluire partite contabili aleatorie o di incerta realizzazione, essendo evidente che per tutelare l’affidabilità di soggetto pagatore dell’amministrazione occorre assicurare che la previa copertura della relativa spesa sia “giuridicamente valida”, cioè sorretta da tutte le garanzie a favore dei crediti, ivi compresa l’intangibilità della provvista a suo tempo accantonata per onorarli, senza pregiudicare il rispetto delle direttive comunitarie contro il ritardo nei pagamenti.
  4. L’art. 1, comma 1, lettera b), secondo e terzo periodo, della legge n. 164 del 2016, deve essere inteso nel senso che il fondo pluriennale vincolato continua a essere strutturato in modo tale che accertamenti, impegni, obbligazioni attive e passive sono rappresentate e gestite in bilancio secondo i previsti canoni basilari dell’istituto. L’iscrizione o meno nei titoli 1, 2, 3, 4 e 5 dell’entrata e nei titoli 1, 2 e 3 della spesa deve essere intesa in senso tecnico-contabile, come criterio matematico armonizzato ai fini del consolidamento dei conti nazionali, mentre devono ritenersi inalterate e intangibili le risorse legittimamente accantonate per la copertura di programmi, impegni e obbligazioni passive concordate negli esercizi anteriori alla scadenza.

 

La resilienza della legge rinforzata sugli equilibri di bilancio: moniti e correttivi della Consulta.

del Prof. Pelino Santoro, Presidente on. della Corte dei conti

  1. Premessa

Una pronuncia ricca di indicazioni ed enunciati che va letta in controluce, poiché, sebbene apparentemente di rigetto delle molteplici questioni proposte, in realtà ne accoglie i contenuti, con una elaborata e diffusa interpretazione adeguatrice, non priva di cenni all’oscura formulazione della norma censurate[1], che si conclude con un severo richiamo all’obbligo di trasparenza del legislatore nella materia finanziaria di bilancio che, per sua natura, esige chiarezza e accessibilità informativa.

La norma scrutinata è l’art. 1, comma 1, lettera b), della legge 12 agosto 2016, n. 164 (Modifiche alla legge 24 dicembre 2012, n. 243 in materia di equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali), che introduce nell’art. 9 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione), il comma 1-bis[2].

La pronuncia, per quanto interessa, procede a uno scrutinio separato del primo periodo e del secondo e terzo periodo, riguardanti, rispettivamente le voci rientranti tra le entrate finali e le spese finali, ai fini del calcolo del saldo di equilibrio non negativo e l’introduzione del fondo pluriennale vincolato, di entrata e di spesa.

La complessiva declaratoria di non fondatezza (e di inammissibilità), con conseguente salvezza nel novellato testo della legge rinforzata (art. 9, comma 1 bis), tuttavia, non costituisce un viatico alla solidità della struttura normativa, a carattere rinforzato e di rango sub costituzionale, poiché, quasi in contemporanea, altre pronunce hanno “bucato” l’unitaria disciplina attuativa del principio di equilibrio dei bilanci pubblici, con il riconoscimento della incostituzionalità di altri non meno importanti articoli della stressa legge rinforzata. con particolare riferimento all’art. 10, comma 5, sulle modalità del potere sostitutivo dello Stato in materia di indebitamento[3] e dell’art. 11, comma primo (rimasto unico) sul concorso dello Stato al finanziamento dei livelli essenziali[4]

 

  1. Il significato della interpretazione adeguatrice

E’ noto che nella teoria generale del sindacato sulle leggi, con le sentenze interpretative adeguatrici, la Corte trae dalla disposizione legislativa, combinandola con le norme costituzionali, un senso compatibile con la Costituzione, dando luogo, prevalentemente ad una sentenza interpretativa di rigetto; per tali effetti avrebbero un carattere correttivo e, sebbene di rigetto, si configurerebbero come sentenze di accoglimento della questione di diritto  prospettata di diritto[5]; L’interpretazione adeguatrice è ascrivibile al più ampio genus delle interpretazioni conformi[6], attraverso cui il giudice investito di eccezione di costituzionalità la respinge invenendo nell’ordinamento un significato ermeneutico della disposizione contestata conforme alla Costituzione (secundun costituzionem) e perciò, nel gergo ormai accettato, costituzionalmente orientato[7].

L’interpretazione conforme, per effetto della crescente integrazione degli ordinamenti può svolgersi su tre livelli, Costituzionale, comunitario e Principi universali CEDU.

A livello nazionale il preventivo tentativo di ricerca di un’interpretazione conforme a costituzione è oramai considerata come condizione di ammissibilità del giudizio incidentale di costituzionalità e, in ogni caso, di una disposizione legislativa si pronuncia l’illegittimità costituzionale solo quando non se ne può dare un’interpretazione conforme a Costituzione[8]; in altri termini, la Corte costituzionale, tra la dichiarazione di incostituzionalità di una norma di legge “ricavata” o “proposta” in virtù dei tradizionali canoni ermeneutici, ritiene prevalente l’argomento della interpretazione conforme a Costituzione, elevandolo ad espressione di principio costituzionale[9].

In sostanza, nelle pronunce interpretative di rigetto (sentenza o ordinanza) il giudice delle leggi decide di non procedere alla dichiarazione d’illegittimità costituzionale, ma compie un’interpretazione alternativa traendo dalla disposizione una norma diversa, giudicata conforme, o la sola conforme, ai principi della Carta fondamentale; in altri termini, la contrarietà della legge alla Costituzione è affermata non in assoluto ma in quanto alla disposizione si dia un certo significato, ossia nei sensi e nei modi chiariti nella motivazione[10].

Va tenuto presente che, pur convenendosi che l’interpretazione adeguatrice non costituisca semplicemente motivo della decisione, ma acquisti rilevanza esterna entrando a far parte del deciso, come suo elemento costitutivo, si esclude il valore vincolante delle decisioni interpretative di rigetto, in quanto sprovviste dell’efficacia erga omnes attribuita dall’articolo 136, comma 1, della Costituzione alle sentenze che dichiarano l’illegittimità costituzionale di una norma di legge, permanendo tuttavia il vincolo di carattere negativo che impedisce di applicare la norma nel significato giudicato incostituzionale[11].

Per i principi contabili, in particolare, vale la regola dell’interpretazione conforme a Costituzione, secondo la quale, in presenza di ambiguità o anfibologie del relativo contenuto, occorre dar loro il significato compatibile con i parametri costituzionali[12].

La pronuncia ha la peculiarità che, in assenza di un giudice a quo, trattandosi di ricorso in via principale[13], che avrebbe potuto farsi carico del tentativo di interpretazione conforme, vede la Corte impegnata direttamente a reperire una interpretazione che adegui la lettura proposta in senso compatibile con il quadro ordinamentale e costituzionale; la Corte, infatti, ha dichiaratamente inteso adeguare l’interpretazione prospettata dalle Regioni ricorrenti, in modo da rassicurarle dell’assenza di qualsiasi potenziale discrezionalità dello Stato e salvaguardare, in parte qua, il tessuto normativo appena rimodulato[14]; la dottrina ha rilevato, che siffatto genere di sentenze adeguatrici sono divenute piuttosto frequenti nei giudizi principali promosse dalle regioni, in via cautelativa, allo scopo di vincolare il Governo nel dare attuazione alle previsioni legislative e precostituire il terreno per sollevare eventuali conflitti di attribuzione[15]

La giudice delle leggi ha ritenuto che la modalità di proposizione di ricorsi cautelativi non incide sulla loro ammissibilità, atteso che, per costante giurisprudenza costituzionale, possono trovare ingresso, nel giudizio in via principale, questioni promosse in via cautelativa[16] ed ipotetica, sulla base di interpretazioni prospettate soltanto come possibili, purché non implausibili e comunque ragionevolmente collegabili alle disposizioni impugnate[17].

La Consulta è poi tornata sulla complessità tecnica delle regole di redazione dei bilanci degli enti territoriali, caratterizzati da un alto grado di analiticità e, talvolta, da un rilevante deficit di chiarezza, riaffermando che, perciò, tali regole devono essere assoggettate a interpretazione adeguatrice quando un loro potenziale significato possa entrare in collisione con i fondamentali principi di copertura della spesa e di equilibrio del bilancio contenuti nell’art. 81 Cost. e con gli altri precetti finanziari di rango costituzionale[18]; in particolare l’elevata tecnicità degli allegati di bilancio e il conseguente deficit in termini di chiarezza, devono essere necessariamente compensati, in sede di approvazione del rendiconto, da una trasparente, corretta, univoca, sintetica e inequivocabile indicazione del risultato di amministrazione e delle relative componenti di legge.

 

  1. La querelle del fondo pluriennale.

La pronuncia in rassegna non manca di sottolineare che il fondo pluriennale vincolato è una posta di bilancio introdotta dalla nuova disciplina in materia di armonizzazione dei sistemi contabili di cui al d.lg. n. 118 del 2011[19].

La Consulta ricorda che l’istituto del fondo pluriennale vincolato, è finalizzato a gestire in modo coerente e funzionale l’introduzione, nella gestione finanziaria degli enti territoriali, della cosiddetta “competenza rinforzata”; detto principio trova disciplina nel d.lg. n. 118 del 2011, allegato 1, punto 16, il quale prescrive che tutte le obbligazioni giuridicamente perfezionate attive e passive, che danno luogo a entrate e spese per l’ente, devono essere registrate nelle scritture contabili quando l’obbligazione è perfezionata, con imputazione all’esercizio in cui l’obbligazione viene a scadenza. È, in ogni caso, fatta salva la piena copertura finanziaria degli impegni di spesa giuridicamente assunti a prescindere dall’esercizio finanziario in cui gli stessi sono imputati.

Il medesimo testo normativo già prevedeva che, al fine di dare attuazione al predetto principio gli enti territoriali, a decorrere dall’anno 2015, avrebbero iscritto negli schemi di bilancio il fondo per la copertura degli impegni pluriennali derivanti da obbligazioni sorte negli esercizi precedenti, di seguito denominato fondo pluriennale vincolato, e ne specificava la composizione. Il fondo pluriennale vincolato è cumulato, in quanto l’importo iscritto in entrata in ciascun esercizio riporta tutte le risorse rinviate dagli esercizi precedenti, sia quelle relative agli impegni imputati all’esercizio cui si riferisce il bilancio, sia quelle relative agli esercizi successivi e perciò dovrebbe consentire di rappresentare contabilmente, con trasparenza e attendibilità, la distanza temporale intercorrente tra l’acquisizione delle risorse ed il loro effettivo impiego e quindi il grado di realizzazione della programmazione di spesa.

Per la Corte, la qualificazione normativa del fondo pluriennale vincolato costituisce una definizione identitaria univoca dell’istituto, la cui disciplina è assolutamente astretta dalla finalità di conservare la copertura delle spese pluriennali. Ciò comporta che nessuna disposizione – ancorché contenuta nella legge rinforzata – ne possa implicare un’eterogenesi semantica e funzionale senza violare l’art. 81 della Costituzione.

Pertanto, dall’analitica definizione normativa del fondo pluriennale vincolato, si ricava che la norma censurata non può essere interpretata come modificativa della copertura delle obbligazioni e degli impegni legittimamente assunti dall’ente territoriale, cui corrisponde il vincolo del fondo pluriennale, “naturalmente” finalizzato a conservare le risorse necessarie per onorare le relative scadenze finanziarie.

La Corte chiarisce anche che la mancata previsione dell’avanzo di amministrazione tra le entrate disponibili deriva dal fatto che la norma contestata è riferita al momento di redazione del bilancio di previsione, mentre l’accertamento del risultato di amministrazione[20] dell’anno precedente avviene, a esercizio inoltrato, con l’approvazione del rendiconto; solo dopo l’eventuale accertamento del risultato positivo, la risorsa può essere iscritta in bilancio con apposita variazione in entrata e in uscita[21].

Le conclusioni della Consulta sono ineccepibili poiché è indubbio che si tratta di un fondo finanziario che garantisce la copertura di spese imputate agli esercizi successivi a quello in corso, costituito da risorse già accertate nell’esercizio in corso, destinate al finanziamento di obbligazioni passive dell’ente esigibili in esercizi successivi a quello in cui è accertata l’entrata[22].

Il Fondo è finalizzato, infatti, al sostenimento di determinate tipologie di spesa specificamente individuate ed è pluriennale, in quanto destinato a garantire il raccordo tra più esercizi e a essere gestito in un arco temporale più esteso dell’esercizio annuale e trova appostamento contabile tanto in entrata quanto in spesa[23].

Dal principio della competenza finanziaria potenziata deriva la necessità di istituire il fondo pluriennale vincolato, il quale serve a garantire gli equilibri del bilancio nei periodi intercorrenti tra l’acquisizione delle risorse ed il loro impiego, dando evidenza contabile e rilevanza giuridica ad alcune diacronie intercorrenti tra la realizzazione delle entrate e l’erogazione delle spese[24]; il nuovo impianto della contabilità finanziaria delle Regioni e degli Enti locali, imperniato, sostanzialmente, sulla competenza finanziaria potenziata e sulla correlata introduzione del fondo pluriennale vincolato, avrebbe- dovuto sortire l’effetto, in prospettiva, di un tendenziale ridimensionamento delle poste in conto residui che dovranno corrispondere a veri crediti e veri debiti della pubblica amministrazione[25]

Va tenuto presente che il fondo pluriennale, per quanto iscritto tra le entrate, costituisce componente negativa del risultato di amministrazione iscritto come prima posta delle entrate o spese del bilancio e ciò significa che è finanziato con parte dell’avanzo o che incrementa il disavanzo da finanziare con le entrate dell’esercizio; la copertura che il fondo vincolato assicura su scala pluriennale non impedisce, tuttavia, che, una volta imputati ai singoli esercizi i residui riaccertati, possa verificarsi, sul singolo esercizio, una eccedenza di residui passivi determinando il c.d. disavanzo tecnico previsto dall’art. 3, comma 13 d.lg. n. 118/2011[26].

Per quanto riguarda i vantaggi della nuova tecnica di rilevazione del saldo di equilibrio, anche la Corte dei conti ha di recente osservato che la previsione normativa, sfruttando la connaturale funzione del fondo, si traduce in una crescita delle entrate di competenza, in quanto il saldo fra gli stanziamenti del fondo in entrata ed i corrispondenti stanziamenti in uscita risulta, quantomeno nella fase della sua prima introduzione, generalmente positivo[27]; allo stesso tempo, occorre considerare che il maggior volume complessivo delle risorse, accresciuto dal computo del “fondo pluriennale vincolato” in entrata, pur compensandosi specificamente nel fondo pluriennale vincolato “in uscita”, potrebbe generare un’illusoria capacità di spesa per gli anni successivi[28].

Nella parte descrittiva del principio applicato della contabilità finanziaria, peraltro, si mette in evidenza che il principio della competenza potenziata prevede che il fondo pluriennale vincolato sia uno strumento di rappresentazione della programmazione e previsione delle spese pubbliche territoriali, sia correnti sia di investimento, che evidenzi con trasparenza e attendibilità il procedimento di impiego delle risorse acquisite dall’ente, che richiedono un periodo di tempo ultrannuale per il loro effettivo impiego ed utilizzo per le finalità programmate e previste; è anche precisato che l’importo del fondo pluriennale vincolato rileva anche per il tesoriere in quanto, su tale quota dello stanziamento, l’ente non può impegnare e pagare.

Ad evitare equivoci va tenuto presente che, in via di principio, le poste del fondo, in quanto vincolate, non possono alimentare il risultato di amministrazione(art. 186 TUEL e art. 42, principi contabili) che, ai sensi dell’art. 186, comma 1, (e art. 42 cit), non comprende il fondo pluriennale vincolato.

Poiché il Fondo pluriennale (a regime) assume le caratteristiche di strumento di programmazione e controllo delle modalità e dei tempi di impiego delle risorse, prevalentemente vincolate, è necessario rappresentare contabilmente in modo rigoroso la destinazione delle risorse stesse che, qualora relative alla copertura di spese “impegnate”, sono contabilmente descritte nel Fondo pluriennale vincolato, mentre, se destinate a finanziare spese di cui non sia stata perfezionata la relativa obbligazione giuridica, sono rappresentate contabilmente nel risultato di amministrazione tra le quote vincolate[29].

Lo sforzo della Consulta nel dare sostegno a una lettura conforme alla Costituzione, non fuga tuttavia le perplessità autorevolmente prospettate[30], sul rinvio alla legge di bilancio per l’inclusione del fondo pluriennale in bilancio per gli anni 2017-2019, posto che l’inclusione a regime opera solo dal 2020[31].

Il testo definitivo, approvato dal Parlamento a seguito di numerosi emendamenti, in concreto ha previsto una fase transitoria, per gli anni 2017-2019, durante la quale il fondo pluriennale vincolato è introdotto con legge di bilancio, e la definitiva inclusione dello stesso, a decorrere dal 2020, tra le entrate e le spese finali[32].

La legge di bilancio per il 2018 si è conformata all’interpretazione della Corte costituzionale[33]

Va tenuto presente, peraltro, che per lo Stato non è previsto il meccanismo del fondo pluriennale vincolato, ma “appositi fondi per ciascuna amministrazione per la reiscrizione dei residui perenti su base pluriennale (art. 34, comma 5, l.c.), permanendo (art. 27 l.c.)., peraltro, il fondo speciale (unico) per la riassegnazione delle spese correnti e l’altro per i residui perenti di parte capitale, istituiti presso il MEF[34]

La norma di cui si discute, pertanto, non ha carattere generale, ma ha una valenza settoriale limitata al comparto degli enti territoriali, sicché più che espressione di un principio di ordine generale, ha una finalità in parte ricognitiva di una disciplina già operante, con l’unica finalità di confermarla in una fonte di rango rinforzato, fissandone, al contempo, la tempistica[35]; le leggi rinforzate, o meglio con procedimento rinforzato, infatti, si distinguono sia per forza attiva (possono abrogare solo le leggi che hanno quello specifico contenuto), che per forza passiva , potendo essere abrogate solo dalle leggi formate con quello specifico procedimento[36].

In via più generale, tuttavia, ci preme segnalare che, a prescindere dalla non uniformità (per lo Stato e per le autonomie) nella nuova tecnica di rilevazione dinamica della dei movimenti di entrata e spesa, avevamo già osservato che il nuovo scenario avrebbe richiesto una verificare in concreto dell’effettività dei benefici in termini di chiarezza e trasparenza[37].

 

  1. Il ritardo nei pagamenti

La Consulta assume tra gli elementi ermeneutici “a contrario”, anche la disciplina sul ritardo dei pagamenti adottata in adesione alla direttiva comunitaria 16 febbraio 2011, n. 2011/7/UE, ritenendo (punto 9.4) che la non corretta interpretazione delle disposizioni impugnate costituirebbe un grave passo indietro nel tempestivo adempimento delle obbligazioni passive; se l’art. 1, comma 1, lettera b) della legge n. 164 del 2016 fosse interpretato nel senso proposto dalle ricorrenti, il conseguente pregiudizio all’adempimento delle obbligazioni passive verrebbe a riprodurre i lamentati inconvenienti e a pregiudicare il piano di contrasto al richiamato fenomeno disfunzionale[38].

Al contrario, la già esposta interpretazione adeguatrice comporta l’assoluta neutralità delle disposizioni impugnate e la conseguente possibilità di utilizzare il fondo pluriennale vincolato alle scadenze e per gli importi programmati[39].

Ovviamente la salvaguardia deve intendersi riferita ai debiti derivanti da obbligazioni regolarmente assunte, transitate in bilancio e già impegnate, mentre restano fuori della copertura dei residui passivi confluiti del fondo pluriennale, i debiti c.d. fuori bilancio, i quali, pur potendo corrispondere a debiti latenti, non sono considerati liquidi ed esigibili fino a quando non siano formalmente riconosciti[40].

 

  1. Le ulteriori criticità costituzionalmente rilevanti

Si è fatto già cenno alle altre pronunce che hanno inciso su alcune disposizioni della legge rinforzata, caducandole o conformandole additivamente.

La legge rinforzata, dopo le modifiche, infatti, sembra essere divenuta il bersaglio preferito delle regioni a statuto ordinario e speciale, quasi che volessero recuperare, ora per allora, contestazioni rimaste nel cassetto riferite al testo originario; anche a voler dare atto della non sopita litigiosità strategica[41] delle autonomie territoriali con poteri legislativi, spesso politicamente strumentale o ostentatamente preconcetta, occorre riconoscere che la rilevata poca chiarezza del testo ne offre lo spunto.

La prima pronuncia[42] ha cancellato (di fatto) il novellato art. 11 della legge rinforzata n. 243/2011, sul concorso dello Stato al finanziamento dei livelli essenziali. nell’unico comma rimasto in vigore dopo la riforma della legge n. 164/2016.

La sentenza ne ha dichiarato l’incostituzionalità per violazione della riserva di legge rinforzata, disposta dall’art. 81, sesto comma, Cost., poiché, a differenza del previgente testo, non individua esso stesso alcuna modalità attraverso cui lo Stato concorre al finanziamento, limitandosi a demandare a una futura legge ordinaria ciò che essa stessa avrebbe dovuto disciplinare, degradando così la fonte normativa della disciplina – relativa alle modalità del concorso statale al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali – dal rango della legge rinforzata a quello della legge ordinaria; la nuova disciplina non solo non detta alcuna modalità attraverso cui debba esplicarsi il concorso statale, ma è altresì priva di qualunque indicazione normativa sostanziale o procedurale capace di orientare e vincolare la futura «legge dello Stato», così contravvenendo palesemente al dettato costituzionale.

La seconda pronuncia[43] è più elaborata ma meno traumatica poiché la declaratoria di incostituzionalità ha per un verso effetti additivi e per l’altro effetti limitati alle province autonome.

Il primo punto, peraltro, ripropone una censura già rilevata con riferimento al precedente testo[44], poiché dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera c), della legge 12 agosto 2016, n. 164, nella parte in cui, nel sostituire l’art. 10, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, non prevede la parola «tecnica», dopo le parole criteri e modalità di attuazione» e prima delle parole «del presente articolo[45].

La Corte ha osservato che la formulazione complessiva della norma, con riferimento sia alle intese sia ai patti di solidarietà richiede una disciplina di dettaglio, che potrebbe costituire esercizio di un potere tanto di natura meramente tecnica, quanto di natura discrezionale e perciò impone di riservare al decreto un compito attuativo meramente tecnico per ricondurre a legittimità costituzionale la norma impugnata[46].

L’altro punto riguardante la parte in cui demanda al medesimo DPCM le modalità attuative del potere sostitutivo dello Stato, è stato  dichiarato fondato per violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost. che introduce, all’evidenza, una riserva di legge in materia di disciplina del potere sostitutivo, disciplina che in effetti è stata già adottata con l’art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131. 

E’ stata invece ritenuta infondata la modifica del comma 5 dell’art. 10 L. n. 243/2012, che vincola ad intese l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione per spese di investimento, in quanto nel nuovo contesto normativo le intese in esso previste costituiscono lo strumento per garantire un equilibrio di bilancio non limitato al singolo ente ma riferito all’intero comparto regionale , in relazione alla disponibilità di spazi v finanziari; la corte chiarisce che se è vero che nella previsione è presente un obbligo procedimentale che condiziona l’immediata utilizzabilità degli avanzi di amministrazione, è anche vero che la concreta realizzazione del risultato finanziario rimane affidata al dialogo fra gli enti interessati ed all’avvio dell’intesa che resta nella piena disponibilità delle parti.

Per le stesse ragioni è stata ritenuta infondata l’ulteriore censura secondo cui la norma introdurrebbe il vincolo di utilizzare i risultati di amministrazione per i soli investimenti, violando, così, la sua autonomia finanziaria.

Con altra pronuncia[47] è stato salvaguardato l’art. 12, come modificato dall’art. 4 della legge n. 164/2016, sul concorso degli enti territoriali alla sostenibilità del debito pubblico[48].

Il nuovo testo è stato impugnato nella parte in cui rinvia a una legge ordinaria la definizione delle modalità del concorso degli enti territoriali alla sostenibilità del debito pubblico complessivo e alla riduzione del debito; la Corte costituzionale[49], ha ritenuto la censura non fondata in quanto, da un lato, la riserva di legge rinforzata non è assoluta ma deve essere considerata relativa e, dall’altro lato, l’art. 12 della legge n. 243 del 2012, come modificato dalla disposizione impugnata, presenta un contenuto sufficiente a soddisfare la riserva relativa, considerato che la materia finanziaria si colloca in un contesto per sua natura mutevole ed è per definizione soggetta ai corrispondenti cambiamenti, i quali richiedono capacità di rapido adattamento; l’art. 12 è idoneo a soddisfare la riserva relativa di legge rinforzata, dato che l’art. 5, comma 2, lettera c), della legge costituzionale n. 1 del 2012 prescrive proprio l’indicazione delle «modalità» del concorso alla sostenibilità del debito pubblico.

La disposizione è stata contestata anche per non avere previsto un coinvolgimento regionale nella definizione delle modalità della riduzione del debito, cioè nell’adozione dell’atto legislativo a cui tale definizione è affidata; pur condividendo la prospettata esigenza di un loro coinvolgimento nella scelta relativa alle modalità del concorso degli enti territoriali alla riduzione del debito pubblico, per il forte impatto sulla loro autonomia finanziaria, la Consulta ha respinto l’eccezione di costituzionalità ricordando che non è stato mai ritenuto necessario un coinvolgimento delle regioni nel procedimento di formazione delle leggi, mentre è stato costantemente escluso che nel principio di leale collaborazione possa essere rinvenuto un fondamento costituzionale all’applicazione dei meccanismi collaborativi nel procedimento legislativo[50].

 

  1. Riflessi della legge rinforzata

Sulla natura della legge rinforzata era stata prospettata, come motivo di ricorso, la tesi che essa sarebbe una fonte atipica, in quanto a «competenza riservata e dotata di una maggiore forza passiva» rispetto alle leggi ordinarie, poiché, l’abrogazione, la modifica o la deroga alle disposizioni da essa introdotte è possibile solo in modo espresso, attraverso una legge successiva, da approvare sempre a maggioranza assoluta dei componenti delle Camere; essa, quindi, conterrebbe norme interposte e, pertanto, sarebbe dotata di «prevalenza gerarchica di tipo contenutistico-sostanziale» sulla legge ordinaria.

In conseguenza la materia regolata rientrerebbe nella competenza esclusiva dello Stato; la Consulta, tuttavia, ha ritenuto ammissibile l’impugnazione della legge n. 243 del 2012, dal momento che, pur trattandosi di una legge “rinforzata”, in ragione della maggioranza parlamentare richiesta per la sua approvazione, essa ha comunque il rango di legge ordinaria[51] e in quanto tale trova la sua fonte di legittimazione – ed insieme i suoi limiti – nella legge cost. n. 1 del 2012, di cui detta la disciplina attuativa[52]; ciò tutta non preclude che le disposizioni della legge rinforzata siano considerate norme interposte utilizzabili come parametri di raffronto, come di fatto accade in tutti i casi la legislazione regionale diventa oggetto di scrutinio di costituzionalità;  le disposizioni della legge rinforzata, infatti, enunciano vincoli di coordinamento, e in quanto tali, costituiscono norme interposte[53].

E’ stato anche ritenuto ammissibile che la legge rinforzata rinvii, a sua volta, per aspetti di dettagli a una successiva legge ordinaria[54].

La legge rinforzata, rimane legge di attuazione del principio di equilibrio, essendo ad essa demandati i criteri per assicurare l’equilibrio e quindi, in certo qual modo, la misura stessa (obiettivo) del saldo si equilibrio[55].

Le disposizioni della legge rinforzata, peraltro, nei rapporti con le regioni a statuto speciale,  restano di rango sottordinato, rispetto alla disciplina statutaria[56].

E’ opportuno ricordare, in proposito, che la dottrina costituzionale[57] distingue le riserve di legge rinforzata per procedimento approvativo (maggioranza qualificata), com’è il caso della legge n. 243/2012, da quelle rinforzate per il procedimento formativo del progetto di legge, quando è richiesto, l’acquisizione di una previa intesa o consultazione degli enti di autonomia interessati[58].

In conclusione la legge n. 243 ha (solo) una procedura di approvazione c.d. rinforzata, in quanto secondo quanto stabilito dal sesto comma dell’articolo 81 della Costituzione è stata approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera e, conseguentemente, tale requisito risulta necessario anche per l’introduzione delle modifiche, benché legge rinforzata, può essere oggetto e, nel contempo, parametro nel giudizio di costituzionalità, perché essa è idonea ad imporre alle autonomie speciali i limiti all’indebitamento, la cui disciplina è espressamente riservata al suo ambito di competenza.

[1] La Consulta (al punto 9), in linea generale, ha riconosciuto che la complessa formulazione delle disposizioni impugnate e le difese svolte dal PCM sono idonee a ingenerare il dubbio che esse si configurino effettivamente come prescrittive di contribuzioni vincolate alla realizzazione di obiettivi generali della finanza pubblica allargata.

[2] L’introdotto comma 1-bis. è il seguente: Ai fini dell’applicazione del comma 1, le entrate finali sono quelle ascrivibili ai titoli 1, 2, 3, 4  e  5  dello schema di bilancio previsto dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n.  118,  e le spese finali sono quelle ascrivibili  ai  titoli  1,  2  e  3  del medesimo schema di bilancio (primo periodo). Per gli anni 2017-2019, con la legge di bilancio, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica e su base triennale, è prevista l’introduzione del fondo pluriennale vincolato, di entrata e di spesa (secondo periodo). A decorrere  dall’esercizio  2020, tra le entrate e le spese finali è incluso il fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa, finanziato dalle entrate finali (terzo periodo);

[3] Corte cost. 6 dicembre 2017, n. 252.

[4] Corte cost.,10 novembre 2017, n. 235, che ne dichiara l’incostituzionalità per violazione della riserva di legge rinforzata.

[5] LOMBARDI, Sentenze correttive di rigetto della Corte costituzionale come sentenze di accoglimento in rapporto al punto di diritto, in Giur. it. 1961. I, 1153; PIERANDREI, Corte costituzionale, in Enc. dir., vol. X, Milano 1962,, 983.

[6] Il Giudice delle leggi ha precisato, a più riprese, che in linea di principio, le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perché è possibile dame interpretazioni incostituzionali, ma perché è impossibile darne interpretazioni costituzionali, specificando che i giudici non possono abdicare all’interpretazione adeguatrice e che, nell’adempimento del compito di interpretare le norme di cui devono fare applicazione, di fronte a più possibili interpretazioni di un sistema normativo, essi sono tenuti a scegliere quella che risulti conforme a Costituzione (sent. n. 121/1994).

[7] D’ATENA, Interpretazioni adeguatrici, diritto vivente e sentenze interpretative della Corte costituzionale, Relazione, Relazione conclusiva al Seminario “Corte Costituzionale, giudici comuni, interpretazioni adeguatrici”, Corte costituzionale, Roma, 6.11.2009; M. LUCIANI, Interpretazione conforme a costituzione, in Enc. dir., (Annali), IX, Milano, 2016, 462: R. BIN. l’interpretazione conforme. due o tre cose che so di lei, in Aic n. 1/2015

[8] Corte cost. 13 febbraio 2014, n. 23, in Giur. cost. 2014, 341 e  20 marzo 2013, n. 46, ivi 2013, 2397.

[9] F. MODUGNO; In difesa dell’interpretazione conforme a costituzione, in AIC. 2/2014. Nella relazione del Presidente Grossi del 9 marzo 2017 si dà atto che la Corte ha ormai superato l’idea monopolistica del sindacato di costituzionalità ed ha anche superato il criterio del cosiddetto “diritto vivente”, secondo cui l’ipotesi di un’interpretazione costituzionalmente conforme regrediva di fronte a un diverso indirizzo consolidato in giurisprudenza, soprattutto delle giurisdizioni superiori. La regola attuale è quella che attribuisce, in primo luogo, al giudice comune il cómpito di verificare, all’interno del suo giudizio, la praticabilità di interpretazioni rispettose del dettato costituzionale, salvo l’estremo rimedio della rimessione quando l’esperimento delle adeguate opzioni ermeneutiche sia risultato vano. Ed è la stessa Corte che si fa garante dell’assolvimento di questo obbligo, vigilando sui casi di omissione anche del semplice tentativo di questa attività.

[10] V. MARINELLI, Le decisioni c.d. «interpretative» della Corte costituzionale, in Giust. civ. 2009, 365, ritiene che le decisioni interpretative corrispondono a due modi generali di un sillogismo disgiuntivo; le decisioni interpretative di rigetto si conformano al modo con premessa assertoria affermativa (modus ponendo tollens), quelle di accoglimento si conformano al modo con premessa assertoria affermativa.

[11] Cass. pen, S. U., 17 maggio 2004, n. 23016, in Giur. it. 2005, 579; Cass., S.U., 16 dicembre 2013, n. 27986, in Foro amm. C.d.S. 2013, 378.

[12] Corte cost., 16 dicembre 2016, n. 279, in Giur. cost. 2016, 2397 e 12 ottobre 2016, n. 219, ivi 2018, 1769.

[13] Il ricorso è stato ritenuto ammissibile perché le regioni con riferimento a vari parametri lamentavano un effetto lesivo degli equilibri di bilancio dei singoli enti territoriali e della propria autonomia costituzionalmente garantita.

[14] MORELLI, Doverosità della previa verifica di una possibile «interpretazione adeguatrice» ai fini dell’ammissibilità dell’incidente di costituzionalità e diverso regime del giudizio in via principale, in Giust. civ., 1997, 2354. D. PARIS, Le sentenze interpretative di rigetto (e di inammissibilità) nel giudizio in via principale, in Consultaonline, 2012.

[15] R. BIN e G. PITRUZZELLA, Diritto costituzionale, Torino 2014, 486.

[16] Tale approccio, però, è visto come disfunzione quando l’impugnazione finisce per configurarsi come una sorta di rimedio cautelativo, esperito in vista di una più ponderata valutazione dell’effettiva portata della lesione lamentata (Relazione Presidente Grossi aprile 2016)

[17] Corte cost., 4 luglio 2017, n. 154, in www.cortecostituzionale.it. e 14 gennaio 2016, n. 3, ivi.

[18] Corte cost., 20 dicembre 2017 n. 274, in www.cortecostituzionale.it., che, tra l’altro. ricorda che la copertura economica delle spese ed equilibrio del bilancio sono due facce della stessa medaglia, dal momento che l’equilibrio presuppone che ogni intervento programmato sia sorretto dalla previa individuazione delle pertinenti risorse.

[19] Già la legge n. 208 del 2015 aveva previsto il fondo pluriennale vincolato limitatamente all’anno 2016 (art. 1, comma 711, secondo periodo), con conseguente esclusione per gli anni successivi: tale esclusione è stata impugnata dalla Provincia autonoma di Trento con il ricorso iscritto al n. 20 del 2016.

[20] Il risultato di amministrazione rappresenta il saldo complessivo costituito dal fondo di cassa esistente al 31 dicembre, maggiorato dei residui attivi e diminuito dei residui passivi, al netto del fondo pluriennale vincolato.

[21] In una successiva pronuncia (sent. 20 dicembre 2017 n. 274, cit.) è stato ribadito che la modalità di utilizzazione del risultato di amministrazione non sono viene scalfita ma semmai raffinata dall’introduzione di alcuni istituti come il Fondo pluriennale vincolato e il Fondo dei crediti di dubbia esigibilità

[22] Circ. RGS 3 aprile 2017, n. 17.

[23] Il FPV opera in due direzioni: la prima riguarda il momento della programmazione e della correlata previsione di bilancio; la seconda  riguarda la gestione, occorrendo che sia finanziato da entrate regolarmente accertate e imputate in applicazione del principio di competenza finanziaria potenziata (Linee guida Sez. auton. del. n. 9/2016). Risultando rilevante il “fondo pluriennale vincolato” ai fini del nuovo saldo di finanza pubblica, la correttezza della determinazione del fondo al termine dell’esercizio 2015 evita la possibilità di azioni elusive in ordine al rispetto di detto saldo.

[24] Corte cost., 11 gennaio 2017, n. 6, in Giur. cost. 2017, 20, secondo cui l’appropriata definizione del fondo pluriennale, interpretata in modo costituzionalmente orientata è condizione essenziale per la determinazione del disavanzo tecnico di amministrazione e del corretto utilizzo del risultato di amministrazione poiché l’istituto del disavanzo tecnico costituisce una tassativa eccezione alla regola del pareggio di bilancio ed, in quanto tale, risulta di strettissima interpretazione ed applicazione; nella stessa pronuncia i caratteri fondamentali della competenza finanziaria potenziata sono stati così sintetizzati: a) rilevanza contabile e giuridica della dimensione temporale delle obbligazioni attive e passive inerenti ai singoli esercizi finanziari; b) natura autorizzatoria, non solo del bilancio annuale ma anche di quello triennale, i quali sono stati riuniti in un unico documento; c) obbligo della copertura finanziaria a prescindere dall’esercizio di imputazione della spesa; d) imputazione dell’accertamento e dell’impegno alle scritture di un esercizio sulla base della scadenza della relativa obbligazione e della sua esigibilità; e) residui attivi e passivi costituiti solo da obbligazioni giuridicamente perfezionate ed esigibili.

[25] Corte conti, Sez. Auton. Audizione parlamentare 27 novembre 2014.

[26] BRANCASI, Bilanci di regioni ed ee.ll: una occasione persa per fare chiarezza sui vincoli di equilibrio e sul relativo rapporto con l’obbligo della copertura finanziaria (nota a C. cost. n. 6/2017), in Giur. cost. 2017, 29.

[27] Corte conti, Sez. auton, 12 luglio 2017, n. 17, ha rilevato che dal 2016, il passaggio all’equilibrio“ agevolato dall’inclusione del fondo pluriennale e dalla non considerazione del fondo crediti di dubbia esigibilità offre agli enti locali un’occasione favorevole di maggiore disponibilità. Nella relazione del Senato si dà atto che la considerazione del Fondo pluriennale vincolato ai fini della determinazione dell’equilibrio complessivo fra entrate finali e spese finali in termini di competenza determina una politica espansiva per gli enti.

[28] Corte conti, Sez. auton.. 23 marzo 2016, n. 9, in www.corteconti.it.

[29] Corte conti, Sez. auton., 24 febbraio 2014 n. 4 (linee indirizzo), secondo cui la sostanziale differenza tra le risorse affluite al Fondo pluriennale vincolato e quelle affluite al risultato di amministrazione non deve consentire una contabilizzazione carente del presupposto giuridico voluto dal principio contabile.

[30] In sede di indagine conoscitiva sul nuovo testo, l’Ufficio parlamentare di bilancio (audizione 26 maggio 2016) ha osservato che il rinvio a una legge ordinaria che stabilisca di volta in volta la quota del FPV da includere nel pareggio, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, rischia di compromettere la capacità di programmazione degli enti riguardo la spesa per investimenti. L’intero dossier è consultabile In Rivista webb Corte conti n. 10/2016,

[31] La posposizione al 2020 è stata giustificata per il fatto l’introduzione dl FPV è stata prevista su base triennale, mentre per il 2016 era stato introdotto in via transitoria dalla legge di stabilità n. 208/2015 (comma 711) e poi stabilizzato con la l. n. 232/2016, (art. 1, comma 466).

[32] Nella relazione della Commissione bilancio del Senato è spiegato che la soppressione del precedente vincolo di destinazione di eventuali saldi positivi all’estinzione del debito maturato dell’ente e al finanziamento di spese di investimento, è giustificata dal fatto che, restando fermo l’obbligo di garantire, a preventivo e a consuntivo, l’equilibrio tra entrate finali e spese finali, gli enti territoriali possano comunque destinare i propri avanzi solo a copertura del proprio debito, ovvero a spese di investimento

[33] La legge di bilancio 27 dicembre 2017 n. 2015 (art. 1, comma 880), ha previsto: Le risorse accantonate nel fondo  pluriennale vincolato di spesa dell’esercizio 2016 in applicazione del punto 5.4 del principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria di cui all’allegato n. 4/2 annesso al d.lg. 23 giugno 2011, n. 118, per finanziare le spese contenute nei quadri economici relative a investimenti per lavori pubblici e quelle per procedure di affidamento già attivate, se non utilizzate, possono essere conservate nel fondo pluriennale vincolato di spesa dell’esercizio 2017 purché’ riguardanti opere per le quali l’ente abbia già avviato le procedure per la scelta del contraente fatte salve dal codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, o disponga del progetto esecutivo degli investimenti  redatto e validato in  conformità alla vigente normativa,  completo del cronoprogramma di spesa. Tali risorse confluiscono nel  risultato di amministrazione se entro l’esercizio 2018 non sono assunti i relativi impegni di spesa.

[34] Per lo Stato è stata avviata  una sperimentazione e con D. MeF del 16 settembre 2016 e con la successiva circolare esplicativa della Ragioneria generale dello Stato n. 23 del 7 ottobre 2016 sono stati stabiliti i termini, le modalità di attuazione e le tipologie di spesa interessate.

[35] L BARTOLUCCI, La legge “rinforzata” n. 243 del 2012 (e le sue prime modifiche) nel sistema delle fonti , in www.osservatoriosullefonti..it, osserva che il procedimento di approvazione della legge n. 243, frettoloso e senza un’istruttoria parlamentare solida, è probabilmente una delle ragioni che hanno portato alle recenti modifiche.

[36] R DICKMANN, Brevi considerazioni sulla natura rinforzata della legge 24 dicembre 243, di attuazione del principio costituzionale del pareggio di bilancio, in Federalismi.it.  n. 6/2013; N. LUPO, La revisione costituzionale della disciplina di bilancio e il sistema delle fonti, in Il Filangieri. Quaderno 2011, Jovene, Napoli, 2012, spec. 108; L. CASO, Il nuovo articolo 81 della Costituzione e la legge rinforzata, in Riv. C. conti 2013, 1, 476. SANTORO, Manuale di contabilità e finanza pubblica 2015, 137

[37] SANTORO; Manuale di contabilità e finanza pubblica. cit. 180, in cui si sottolinea che parlare di competenza finanziaria rafforzata potrebbe quindi apparire un pleonasmo, dal momento che la fase centrale della contabilità finanziaria viene svuotata di contenuto, relegandola a mera scritturazione contabile con effetti precari, limitati all’anno finanziario alla stregua di una prenotazione di impegno, fatti salvi i riflessi sul fondo pluriennale flessibile e coacervato, con il rischio di rinviare oneri al futuro, con la motivazione che le obbligazioni non sono ancora venute a scadenza, nascondendo, di fatto, situazioni di difficoltà finanziaria.

[38] Il d.l. 8 aprile 2013, n. 35, ha introdotto il meccanismo delle anticipazioni di liquidità, da intendersi come anticipazioni di cassa di più lunga durata temporale rispetto a quelle ordinarie (Corte cost. n. 181/2015 e 89/2017). L’anticipazione di liquidità, per il suo carattere neutrale rispetto alla capacità di spesa dell’ente, dev’essere finalizzata esclusivamente al pagamento dei debiti scaduti relativi a partite già presenti nelle scritture contabili di precedenti esercizi (Corte cost., 20 dicembre 2017, n. 274)..

[39] L’art. 42, D.lg. n. 118/2011, consente di utilizzare (solo) la quota libera dell’avanzo di amministrazione dell’esercizio precedente per la copertura dei debiti fuori bilancio.

[40] Cass., 19 dicembre 2003, n. 19562, in Foro amm. C.d.S. 2003, 3582. E. e P. SANTORO, I debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni tra inefficienza e patto di stabilità. in Riv. trim. q app. 2013, n 2 418. La disciplina del riconoscimento dei debiti fuori bilancio attiene certamente a finalità connesse all’armonizzazione, al coordinamento della finanza pubblica e all’ordinamento civile e, per quel che riguarda l’armonizzazione dei bilanci pubblici, non può essere consentito che l’eccezionale immissione in bilancio di spese irritualmente ordinate sia disciplinata in modo differenziato dagli altri enti locali (Corte cost. 13 aprile 2017, n. 80, in www.cortecostituzionale.it.

[41] Recenti indagini, hanno accertato nel 2016 i ricorsi presentati alla Consulta sono stati 77, il 30% in meno rispetto all’anno precedente. La  Consulta ha dovuto decidere, negli ultimi tre lustri, una media di 112 ricorsi l’anno. per un totale  di 1.706 ricorsi. Nei ricorsi avviati dallo Stato  le pronunce sono state favorevoli n 535 casi su 925 con una percentuale che sfiora il 58 per cento; i ricorsi proposti dalle regioni, invece, sono stati 713, tradotti in 1.083 sentenze (per un ricorso possono aversi più verdetti), di cui 514 accertative di illegittimità di disposizioni statali (con una percentuale del 47 per cento), R. BIN, L’importanza di perdere la causa, in Regioni, 1995, 1012, ha osservato che n sede di giudizio di legittimità si attaccano le leggi statali che, anche solo potenzialmente, minaccino le attribuzioni regionali, al fine di provocare una sentenza che di queste leggi circoscriva la portata normativa o precisi le condizioni di applicazione; in un secondo tempo, forti del precedente, si attaccano, in sede di conflitto, gli atti applicativi di quella legge che fuoriescano dai limiti o dalle condizioni fissati nella decisione-

[42] Corte cost.,10 novembre 2017, n. 235, che ne dichiara l’incostituzionalità per violazione della riserva di legge rinforzata.

[43] 6 dicembre 2017, n. 252.

[44] Corte cost. 10 aprile 2014, n. 88, in Giur. cost. 2014, 1633, con commento di BRANCASI, La Corte costituzionale al bivio tra il tradizionale paradigma del coordinamento finanziario e la riforma costituzionale “introduttiva del pareggio di bilancio” (nota a C. cost. 10 aprile 2014 n. 88). La stessa pronuncia aveva respinto tutte le altre questioni, riconoscendo incostituzionale solo l’art. 12, comma 3, della l. n. 243/2012, nella parte in cui ai fini della ripartizione del contributo delle regioni al fondo di ammortamento dei titoli di Stato che fosse sentita la Conferenza permanente anziché l’intesa con la Conferenza unificata.

[45] Il testo censurato del comma quinto è il seguente: Con decreto del Presidente del Consigli dei ministri, da adottare d’intesa con la Conferenza  unificata, sono disciplinati criteri e modalità di attuazione del presente articolo, ivi  incluse le modalità attuative del potere sostitutivo dello Stato, in caso di inerzia o ritardo da parte delle regioni e delle province autonome.

[46] La Corte si preoccupa di ribadire che il discrimine fra i due profili e il relativo vaglio di legittimità costituzionale hanno modo di spiegarsi adeguatamente nelle sedi competenti, poiché, qualora il decreto dovesse esorbitare dai limiti tracciati, incidendo così sulle prerogative delle autonomie speciali, resta ferma la possibilità «di esperire i rimedi consentiti dall’ordinamento, ivi compreso, se del caso, il conflitto di attribuzione

[47] Corte cost. 10 novembre 2017, n. 237.

[48] Secondo il nuovo testo le regioni, i comuni, le province, le città metropolitane e le province autonome di Trento e di Bolzano concorrono ad assicurare la sostenibilità del debito del complesso delle amministrazioni pubbliche, secondo modalità definite con legge dello Stato, nel rispetto dei princìpi stabiliti dalla presente legge. L’art. 4 ha anche abrogato l’art. 12, comma 3, della legge n. 243 del 2012, già censurato con la sentenza n. 88/2014, cit.

[49] Corte cost. 10 novembre 2017, n. 237, cit.

[50] Corte cost., 14 luglio 2017, n. 192, in www.cortecostituzionale.it, 3 marzo 2016, n. 43, in Giur. cost. 2016, 2, 509 e 3 dicembre 2015, n. 250, ivi 2015, 2239.

[51] La dottrina, invece aveva delineato in un sistema di recezione misto, fatto di norme costituzionali e sub-costituzionali, quest’ultime peraltro di forza superiore alla legge ordinaria, cfr. TOSATO, La riforma costituzionale sull’equilibrio di bilancio alla luce della normativa dell’unione: l’interazione fra i livelli europeo e interno, in Riv. dir. int. 2014, 5.

[52] Corte cost., 10 aprile 2014, n. 88, cit. (punto 3).

[53] Corte cost., 13 aprile 2017, n. 80, in Giur. cost. 2017, 744 11 gennaio 2017, n. 6, ivi, 2017, 20 e 20 luglio 2016, n. 184. ivi. 2016, 1368.

[54] Corte cost., 10 novembre 2017, n. 137. La Consulta dà atto che i criteri di concorso al debito pubblico del Trentino Alto Adige a sono stati regolati già dall’art. 1, comma 407, L. n. 190 del 2014, in epoca successiva alla legge cost. n. 1 del 2012, modificando direttamente lo Statuto unificato approvato con D.P.R. n. 670/1972.

[55] G. PESCE, La sostenibilità del debito pubblico della pubblica amministrazione nella nuova costituzione finanziaria dello stato, in Riv. it. dir. pubb. com. 2015, 2, 531.

[56] Corte cost., 10 novembre 2017, n. 137. Va tenuto presente che sino all’adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della l. n. 243/2012 si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite(art. 10 L. cost. n. 3/2001).

[57] R. BIN e G. PITRUZZELLA, Diritto costituzionale, cit., 348; R. LUGARÀ, Sentenze additive di procedura legislativa?  Il problematico seguito della sent. n. 251 del 2016, in AIC n. 1/2017.

[58] Corte cost. 10 novembre 2017, n. 237 e 10 aprile 2014, n. 88, cit.

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