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La giurisdizione della Corte dei conti nelle materie di contabilità pubblica

revisione-dei-prezzi-appalti-300x214La giurisdizione della Corte dei conti nelle materie di contabilità pubblica

di Stefano Imperiali, Presidente di sezione della Corte dei conti

 

  1. L’art. 103, comma 2, della Costituzione

L’art. 1 del d.lgs. n. 174/2016, che ha approvato il “nuovo codice della giustizia contabile”, dispone che “la Corte dei conti ha giurisdizione nei giudizi di conto, di responsabilità amministrativa per danno all’erario e negli altri giudizi in materia di contabilità pubblica”. Non solo i giudizi di conto, ma anche quelli di responsabilità per danno erariale rientrano quindi nelle materie di “contabilità pubblica”: una precisazione che va ben evidenziata e spiegata.

L’art. 103, comma 2, della Costituzione stabilisce che “la Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge”.

Orbene, in un primo tempo le Sezioni Unite della Cassazione avevano riconosciuto che “la Corte dei conti ha acquisito, in forza dell’art. 103 della Costituzione, la cui efficacia precettiva immediata non è discutibile, una competenza generale nelle materie di contabilità pubblica”: materie la cui estensione era poi “sufficientemente individuata con il concorso di due elementi: l’uno soggettivo che attiene alla natura pubblica dell’ente, sia esso lo Stato siano le regioni, gli enti locali, gli enti ed amministrazioni pubbliche in genere; l’altro oggettivo, che riflette la qualificazione pubblica del denaro e del bene oggetto della gestione[1]. E anche la Corte costituzionale aveva affermato, con sentenza n. 68/1971: “Deve ritenersi, infatti, che il secondo comma dell’art. 103 della Costituzione, nel riservare alla giurisdizione della Corte dei conti <le materie di contabilità pubblica>, da un lato e sotto l’aspetto oggettivo, ne abbia assunto la nozione tradizionalmente accolta nella legislazione vigente e nella giurisprudenza, comprensiva dei giudizi di conto e di quelli di responsabilità; mentre, d’altro lato e sotto l’aspetto soggettivo, ne abbia allargato l’ambito oltre quello, cui aveva originario riferimento, dell’amministrazione diretta dello Stato: tale essendo il proprio significato dell’aggettivo <pubblico>, com’è confermato dallo stesso uso fattone in altre disposizioni della Costituzione …”.[2]

Sennonché, la Cassazione ha poi da tempo mutato orientamento, affermando invece che “il carattere della tendenziale e non assoluta generalità della giurisdizione della Corte dei conti sulla materia della contabilità pubblica” comporta la necessità, ai fini della “sua concreta attribuzione”, dell’“interpositio del legislatore, all’esito di valutazioni che non toccano soltanto gli aspetti procedimentali del giudizio, ma investono scelte in ordine a diversi regimi sostanziali della responsabilità e del giudizio tali da comportare effetti diversi nei riguardi tanto dei responsabili che dei soggetti danneggiati, sicché soltanto al legislatore può spettare di valutare se e quali siano le soluzioni più idonee alla salvaguardia dei pubblici interessi insiti nella materia”.[3] E anche la Corte costituzionale ha affermato che la “puntuale attribuzione della giurisdizione in relazione alle diverse fattispecie di responsabilità amministrativa, non operando automaticamente, in base al disposto costituzionale, è rimessa alla discrezionalità del legislatore ordinario”.[4]

Sono stati anzi a tal fine distinti due tipi di “interpositio legis”: un’“interpositio in <positivo>, propria della responsabilità amministrativa, nella quale l’intervento del legislatore ordinario rileva per la determinazione dell’ambito e degli elementi della responsabilità stessa”; un’“interpositio in <negativo>, propria della responsabilità contabile in senso stretto, per la quale occorre, per escludere la giurisdizione della Corte dei conti per tale forma di responsabilità, un’espressa deroga alla generale attribuzione ed estensione, fondata esclusivamente sull’art. 103 Cost., nella quale è ricompresa totalmente ratione materiae[5].

Si tratta di un’interpretazione chiaramente restrittiva del dettato costituzionale, che in concreto attribuisce all’espressione “ha giurisdizione” il mero ben diverso significato di “può avere giurisdizione”. E in tal modo svanisce, di fatto, la differenza con le “altre materie” cui fa riferimento l’art. 103, comma 2, della Costituzione, che pure sono “specificate dalla legge”.

Peraltro, la Cassazione è anche giunta ad affermare espressamente che “al di fuori delle materie di contabilità pubblica, e quindi anche in tema di responsabilità, occorre dunque che la giurisdizione della Corte dei conti abbia il suo fondamento in una specifica disposizione di legge”[6].

Come si diceva, l’art. 1 del d.lgs. n. 174/2016 precisa, invece, che tra le materie di “contabilità pubblica” demandate alla giurisdizione della Corte dei conti rientrano non solo i giudizi di conto, ma anche quelli di responsabilità amministrativa per danno erariale. E richiama anzi anche gli “altri giudizi in materia di contabilità pubblica” che lo stesso d.lgs. elenca poi all’art. 11, comma 6 (e disciplina agli artt. 123 e segg.): “Le sezioni riunite in speciale composizione, nell’esercizio della propria giurisdizione esclusiva in materia di contabilità pubblica, decidono in unico grado sui giudizi: a) in materia di piani di riequilibrio degli enti territoriali e ammissione al Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali; b) in materia di ricognizione delle amministrazioni pubbliche operata dall’ISTAT; c) in materia di certificazione dei costi dell’accordo di lavoro presso le fondazioni lirico-sinfoniche; d) in materia di rendiconti dei gruppi consiliari dei consigli regionali; e) nelle materie di contabilità pubblica, nel caso di impugnazioni conseguenti alle deliberazioni delle sezioni regionali di controllo”.

Va rilevato che l’art. 11 del d.lgs. n. 174/2016 fa riferimento a una “giurisdizione esclusiva in materia di contabilità pubblica” che in effetti è stata recentemente riconosciuta anche dalla Cassazione. La recente sentenza delle Sezioni Unite n. 22645/2016 ha infatti preso atto, confermandolo, di “un orientamento giurisprudenziale che, riconoscendo l’esistenza di una giurisdizione piena ed esclusiva delle Sezioni riunite in speciale composizione della Corte dei conti, ancorata alle materie di contabilità pubblica di cui all’art. 103 Cost., comma 2, ha inteso ampliare la competenza della stessa Corte, nelle forme del giudizio ad istanza di parte, innanzi alle Sezioni riunite in speciale composizione, a fattispecie ulteriori rispetto a quelle individuate espressamente dall’ordinamento[7].

 

  1. L’esclusività della giurisdizione contabile

Come appena evidenziato, l’art. 11 del d.lgs. n. 174/2016 chiarisce che sui giudizi demandati alle sezioni riunite in speciale composizione la Corte dei conti esercita la sua giurisdizione “esclusiva in materia di contabilità pubblica. La recente sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 22645/2016 ha poi anch’essa riconosciuto “l’esistenza di una giurisdizione piena ed esclusiva delle Sezioni riunite in speciale composizione della Corte dei conti, ancorata alle materie di contabilità pubblica di cui all’art. 103 Cost., comma 2”.

Orbene, se anche i giudizi di responsabilità amministrativa per danno erariale rientrano nelle materie di “contabilità pubblica” previste dall’art. 103, comma 2, della Costituzione, come chiaramente affermato dall’art. 1 del d.lgs. n. 174/2016, dovrebbe allora ritenersi che anche questi giudizi rientrino nella giurisdizione “esclusiva” della Corte dei conti.

Sennonché, si è già detto (v. supra) che la giurisprudenza della Cassazione e della stessa Corte costituzionale invece non riconoscono che la Corte dei conti abbia necessariamente giurisdizione sui giudizi di responsabilità amministrativa e di conto. E comunque, anche quando ammettono la giurisdizione contabile, non la ritengono affatto “esclusiva”.

In effetti, riconoscendo la giurisdizione della Corte dei conti, alcune decisioni della Cassazione avevano in passato espressamente escluso la concorrenza della giurisdizione civile[8].

Ma in seguito, è stata ripetutamente affermata la “coesistenza” delle due azioni – “l’azione di responsabilità amministrativa davanti al giudice contabile e l’ordinaria azione civilistica di responsabilità” – poiché “la giurisdizione civile e quella contabile sono reciprocamente indipendenti nei loro profili istituzionali, sicché il rapporto tra le due azioni si pone in termini di alternatività anziché di esclusività, dando luogo a questioni non di giurisdizione, ma di proponibilità della domanda[9]. Per conseguenza, “il coesistere delle due diverse azioni, aventi presupposti e finalità diversi, non determina un conflitto di giurisdizioni, ma soltanto un’eventuale preclusione all’esercizio di un’azione quando con l’altra si sia ottenuto il medesimo bene della vita[10].

Similmente, ove la responsabilità amministrativa derivi da un fatto illecito con rilevanza penale, una consolidata giurisprudenza afferma che “giurisdizione penale e giurisdizione civile per risarcimento dei danni derivanti da reato, da un lato, e giurisdizione contabile, dall’altro, sono reciprocamente indipendenti nei loro profili istituzionali, anche quando investono un medesimo fatto materiale, e l’eventuale interferenza che può determinarsi tra tali giudizi pone esclusivamente un problema di proponibilità dell’azione di responsabilità e di preclusione da giudicato e non una questione di giurisdizione[11].

 

  1. La giurisdizione sulle società a partecipazione pubblica

Sembra indubbio che il legislatore e la Cassazione escludano dall’ambito delle “materie di contabilità pubblica” i giudizi per il risarcimento dei danni al patrimonio delle società a partecipazione pubblica.

In effetti, dopo che la nota ordinanza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 19667/2003 aveva riconosciuto la giurisdizione della Corte dei conti anche sulle responsabilità per i danni patrimoniali subiti dagli enti pubblici economici,[12] un riconoscimento della giurisdizione contabile anche per i danni patrimoniali subiti dalle società a partecipazione pubblica fu da alcuni ravvisato nella sentenza n. 3899/2004, con la quale le Sezioni Unite della Cassazione riconobbero la giurisdizione contabile sul danno subito dall’amministrazione comunale di Milano a causa del “presunto grave nocumento patito dalla società da essa partecipata (la S.G.M.) in misura pressoché totalitaria (il 99,97%)[13].

Successivamente, l’art. 16 bis del d.l. n. 248/2007, convertito nella legge n. 31/2008, stabilì che “per le società con azioni quotate in mercati regolamentati, con partecipazione anche indiretta dello Stato o di altre amministrazioni o di enti pubblici inferiore al 50 per cento, nonché per le loro controllate, le responsabilità degli amministratori e dei dipendenti è regolata dalle norme del diritto civile e le relative controversie sono devolute esclusivamente alla giurisdizione del giudice ordinario”. Sarebbe stato possibile leggere in questa disposizione una sorta di riconoscimento normativo a contrariis della giurisdizione contabile sulle responsabilità per i danni subiti dalle società a partecipazione pubblica non quotate in mercati regolamentati e per quelle quotate con una partecipazione azionaria pubblica superiore al 50%.

La nota sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 26806/2009 affermò invece che “al di fuori delle materie di contabilità pubblica, e quindi anche in tema di responsabilità, occorre dunque che la giurisdizione della Corte dei conti abbia il suo fondamento in una specifica disposizione di legge”; che “nulla consente di riferire” agli amministratori di una società partecipata, “sic et simpliciter, il rapporto di servizio di cui la società medesima sia parte”; che per l’art. 2449 c.c. i componenti degli organi amministrativi e di controllo di nomina pubblica delle società a partecipazione pubblica “hanno i diritti e gli obblighi dei membri nominati dall’assemblea”;[14] che “la scelta della pubblica amministrazione di acquisire partecipazioni in società private implica il suo assoggettamento alle regole della forma giuridica prescelta”; che “la responsabilità di detti organi nei confronti della società, dei soci, dei creditori e dei terzi in genere” va riconosciuta “nei medesimi termini – contemplati dagli artt. 2392 e segg. del codice – in cui tali diverse possibili proiezioni della responsabilità sono configurabili per gli amministratori e per gli organi di controllo di qualsivoglia altra società privata”; che solamente per i danni prodotti “direttamente nei confronti di singoli soci o terzi” (art. 2395 c.c.; art. 2476, comma 6, c.c.)[15] sussiste la giurisdizione della Corte dei conti, peraltro nei limiti previsti dall’art. 16 del d.l. n. 248/2007 e insieme con la giurisdizione contabile nei confronti “di chi, quale rappresentante dell’ente partecipante o comunque titolare del potere di decidere per esso, abbia colpevolmente trascurato di esercitare i propri diritti di socio ed abbia perciò pregiudicato il valore della partecipazione”; che “l’esattezza di tale conclusione trova conferma anche nell’impossibilità di realizzare, altrimenti, un soddisfacente coordinamento sistematico tra l’ipotizzata azione di responsabilità dinanzi al giudice contabile e l’esercizio delle surriferite azioni di responsabilità (sociale e dei creditori sociali)”.

Quest’orientamento è stato poi molte volte confermato[16].

Peraltro, una “natura sostanziale di ente assimilabile a un’amministrazione pubblica”, ai fini della sussistenza della giurisdizione contabile, era stata invece riconosciuta per la RAI,[17] per l’Ente Nazionale di Assistenza al Volo (ENAV),[18] per la società consortile per azioni Expo Challenge 2008 costituita tra la Provincia, Comune e la Camera di Commercio di Trieste,[19] per l’ANAS,[20] per la S.C.R. Piemonte s.p.a.[21].

Inoltre e soprattutto, era stato più volte riconosciuta la giurisdizione contabile sui danni “al patrimonio di una società in house, per tale dovendosi intendere quella costituita da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi, di cui esclusivamente tali enti possano essere soci, che statutariamente esplichi la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti e la cui gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici[22].

La materia è ora disciplinata dal d.lgs. n. 175/2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica),[23] che all’art. 1, comma 3, ha ribadito la collocazione sistematica delle società a partecipazione pubblica nell’ambito della disciplina privatistica: “per tutto quanto non derogato dalle disposizioni del presente decreto, si applicano alle società a partecipazione pubblica le norme sulle società contenute nel codice civile e in leggi speciali[24].

L’art. 12 dello stesso d.lgs. poi dispone:

“1. I componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate sono soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali, salva la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società in house. E’ devoluta alla Corte dei conti, nei limiti della quota di partecipazione pubblica, la giurisdizione sulle controversie in materia di danno erariale di cui al comma 2 [25].

  1. Costituisce danno erariale il danno, patrimoniale o non patrimoniale, subito dagli enti partecipanti, ivi compreso il danno conseguente alla condotta dei rappresentanti degli enti pubblici partecipanti o comunque dei titolari del potere di decidere per essi, che, nell’esercizio dei propri diritti di socio, abbiano con dolo o colpa grave pregiudicato il valore della partecipazione”.

 

  1. Conclusioni

Ricapitolando e in sintesi, l’interpretazione normativo-giurisprudenziale dell’art. 103, comma 2, della Costituzione non sembra esente da qualche incertezza o contraddizione.

I giudizi di responsabilità amministrativa per danno erariale rientrano nelle “materie di contabilità pubblica”, com’era stato per decenni ritenuto dalla Cassazione e dalla stessa Corte costituzionale e viene ora precisato dall’art. 1 del d.lgs. n. 174/2016? Oppure i giudizi di responsabilità vanno situati “al di fuori delle materie di contabilità pubblica”, com’è stato ritenuto dalla sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 26806/2009, peraltro richiamata da molte altre decisioni della stessa Cassazione?

La giurisdizione della Corte dei conti è “esclusiva” per tutte le “materie di contabilità pubblica”? Oppure lo è solamente per i giudizi “in unico grado” davanti alle “sezioni riunite in speciale composizione” richiamati dall’art. 11 del d.lgs. n. 174/2016 e anche dalla recente sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 22645/2016? E in questa seconda ipotesi, indubbiamente confermata da una consolidatissima giurisprudenza della Cassazione (v. supra al capitolo 2), qual è la ragione di questa diversità tra “materie” ugualmente di “contabilità pubblica”?

L’unica certezza sembrerebbe l’esclusione del risarcimento del danno al patrimonio delle società a partecipazione pubblica dalle “materie di contabilità pubblica”: una materia peraltro chiaramente demandata alla giurisdizione ordinaria dal codice civile e da altre successive disposizioni di legge (d.l. n. 95/2012, d.lgs. n. 175/2016)[26].

[1] Cass. SS.UU. n. 2616/1968. Era stato anche affermato che “l’art. 103, 2° comma, rappresenta la fonte primaria, diretta ed insieme sufficiente della giurisdizione della corte nelle materie di contabilità pubblica” (Cass. SS.UU. n. 363/1969).

[2] Corte cost. n. 68/1971.

[3] Così, ex aliis, Cass. SS.UU. n. 12539/2011.

[4] Così, in particolare, Corte cost. n. 355/2010.

[5] Cass. SS.UU. n. 12539/2011 cit..

[6] Cass. SS.UU. n. 26086/2009. In termini identici, v. Cass. SS.UU. n. 20075/2013.

[7] In precedenza, la sentenza delle Sezioni Riunite della Corte dei conti n. 2/2013/EL aveva affermato che l’art. 3, comma 1, lettera r), del d.l. n. 174/2012, che aveva introdotto un’ipotesi di “giurisdizione esclusiva della Corte dei conti” poteva essere letta come “meramente esemplificativa di una giurisdizione esclusiva della Corte per tutte le delibere del controllo”.

La sentenza n. 6/2013/EL aveva poi ripreso l’affermazione, con riferimento alle deliberazioni con le quali “la Sezione regionale di controllo, nel decidere sulla correttezza o meno dei documenti contabili dell’ente locale, assuma una determinazione che comporta dirette e concrete misure negative a carico dell’interessato”.

La sentenza n. 27/2014/EL aveva riconosciuto la giurisdizione della Corte sui ricorsi avverso le deliberazioni delle Sezioni regionali di controllo con oggetto la parificazione del rendiconto generale delle Regioni a statuto ordinario, in applicazione dell’art. 1, comma 5, del d.l. n. 174/2012.

La sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 5805/2014, richiamata anche dalla sentenza n. 22645/2016,  dopo aver rilevato che dalle nuove disposizioni sull’impugnazione delle deliberazioni in materia di piani di riequilibrio e ammissione al fondo di rotazione previste dal d.l. n. 174/2012 “chiaramente si evince l’intento del legislatore di collegare strettamente, in questa materia, la funzione di controllo della Corte dei conti a quella giurisdizionale ad essa attribuita dal citato art. 103 Cost., comma 3”, si era posto il quesito non ritenendo peraltro che fosse necessario darvi già una risposta se “questo stretto collegamento” costituisse in realtà “espressione di un più generale ampliamento della funzione giurisdizionale della Corte dei conti: da intendersi ormai estesa all’intera area del controllo successivo che la medesima Corte dei conti esercita sulla gestione finanziaria degli enti locali, ricompresi nella nozione di <finanza pubblica allargata>, se ed in quanto gli atti in cui tale controllo si esplica siano assoggettabili” a un “sindacato giurisdizionale”.

[8] Cass. SS.UU. n. 310/1999, SS.UU. n. 933/1999, SS.UU. n. 1329/2000, SS.UU. n. 15288/2001.

[9] Cass. SS.UU. n. 22114/2014, n. 64/2014, n. 63/2014, n. 11/2012, n. 27092/2009.

[10] Cass. SS.UU. n. 8927/2014.

[11] Ex multis, Cass. SS.UU. n. 11/2012, n. 5848/2015.

[12] V. anche Cass. SS.UU. n. 3351/2004, n. 10973/2005, n. 14101/2006, n. 3367/2007.

[13] In realtà, mentre nell’ordinanza n. 19667/2003 l’ente pubblico economico era l’“amministrazione pubblica” danneggiata, nell’ordinanza n. 3899/2004 la società partecipata e i suoi amministratori erano invece i soggetti danneggianti, in “rapporto di servizio” con l’“amministrazione pubblica” danneggiata che restava il Comune di Milano.

[14] In effetti, secondo la Relazione al codice civile (n. 998), nelle società a partecipazione pubblica “è lo Stato medesimo che si assoggetta alla legge della società per azioni per assicurare alla propria gestione maggiore snellezza di forme e nuove possibilità realizzatrici; la disciplina comune della società per azioni deve, pertanto, applicarsi anche alle società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici, senza eccezioni, in quanto norme speciali non dispongano diversamente”.

[15] Un “tipico esempio” viene ravvisato nel “danno all’immagine dell’ente pubblico”.

[16] Ex aliis, Cass. SS.UU nn. 519/2010, n. 520/2012, n. 674/2010, n. 4309/2010, n. 8429/2010, n. 16286/2010, n. 10063/2011, n. 14655/2011, n. 14957/2011, n. 20940/2011, n. 20941/2011, n. 23829/2011, n. 1419/2012, n. 1420/2012, n. 3692/2012, n. 5038/2013, n. 7374/2013, n. 8352/2013, n. 10299/2013, n. 20075/2013, n. 71/2014, n. 3201/2014, n. 5491/2014, 15942/2014, 15943/2014, 1159/2015.

[17] Cass. SS.UU. n. 27092/2009. Questo riconoscimento della giurisdizione contabile è stato poi “superato” dall’art. 3 della legge n. 220/2015, che ha aggiunto al d.lgs. n. 177/2005 (T.U. della Radiotelevisione) l’art. 49 bis, che al primo comma dispone: “L’amministratore delegato e i componenti degli organi di amministrazione e controllo della RAI-Radiotelevisione italiana Spa sono soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali”.

[18] Cass. SS.UU. n. 5032/ 2010.

[19] Cass. SS.UU. n. 10063/2011.

[20] Cass. SS.UU. n. 15944/2014.

[21] Cass. SS.UU. n. 24737/2016. Si tratta di una “centrale di committenza regionale

[22] Cass. SS.UU. n. 26283/2013; conf. Cass. SS.UU. n. 5491/2014, n. 7177/2014, n. 16622/2014, n. 22608/2014, n. 22609/2014, n. 3677/2015, n. 7293/2016.

La ricorrenza delle caratteristiche della società “in house” va effettuata “con riguardo alle previsioni contenute nello statuto della società al momento in cui risale la condotta ipotizzata come illecita e non a quelle, eventualmente differenti, esistenti al momento in cui risulti proposta la domanda di responsabilità del P.G. presso la Corte dei conti”. Così Cass. SS.UU. n. 7177/2014, n. 3677/2015, n. 5848/2015, n. 7293/2016.

[23] La sentenza della Corte costituzionale n. 251/2016 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge delega n. 124/2015 che prevedono, in materie di competenza anche regionale, l’emanazione di decreti delegati solo “previo parere” delle Regioni, anziché con la “previa intesa” da raggiungere in sede di conferenza Stato-Regioni. E tra queste disposizioni della legge n. 124/2015, vi è anche la delega per una nuova disciplina della “partecipazione azionaria delle amministrazioni pubbliche”.

Peraltro, la stessa sentenza n. 251/2016 ha precisato: “Le pronunce di illegittimità costituzionale, contenute in questa decisione, sono circoscritte alle disposizioni di delegazione della legge n. 124 del 2015, oggetto del ricorso, e non si estendono alle relative disposizioni attuative. Nel caso di impugnazione di tali disposizioni, si dovrà accertare l’effettiva lesione delle competenze regionali, anche alla luce delle soluzioni correttive che il Governo riterrà di apprestare al fine di assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione”.

[24] In realtà, già l’art. 4, comma 13, del d.l. n. 95/2012 convertito dalla legge n. 135/2012 aveva stabilito: “Le disposizioni del presente articolo e le altre disposizioni, anche di carattere speciale, in materia di società a totale o parziale partecipazione pubblica si interpretano nel senso che, per quanto non diversamente stabilito e salvo deroghe espresse, si applica comunque la disciplina del codice civile in materia di società di capitali”.

[25] Per la qualificazione di “società in house”, occorre verosimilmente riferirsi all’art. 5 del d.lgs. n. 50/2016 (Nuovo Codice dei contratti pubblici), che recepisce anche la disciplina dell’”in house providing” posta dalle Direttive UE n. 232014, n. 24/2014 e n. 25/2014. E’ previsto che le disposizioni sulle concessioni e sugli appalti pubblici del Codice non si applichino “quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; b) oltre l’80 per cento delle attività della persona giuridica controllata è effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore di cui trattasi; c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati previste dalla legislazione nazionale, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata”.

Va rilevato che per il d.lgs. n. 50/2016 il “controllo analogo” può anche essere “indiretto”, da parte di una persona giuridica diversa dall’amministrazione aggiudicatrice e a sua volta controllata da quest’ultima, o “congiunto”, da parte delle amministrazioni o degli enti che aggiudicano il contratto.

[26] Peraltro, anche su questo punto non manca forse qualche residua incertezza. Dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 175/2016 vanno riservati alla giurisdizione contabile i soli giudizi per il risarcimento dei danni al patrimonio delle società in house, oppure anche quelli alle società partecipate non provviste di tutti i requisiti per poter essere considerate in house ma aventi ugualmente, per usare l’espressione della stessa Cassazione, “natura sostanziale di ente assimilabile a un’amministrazione pubblica”? Ma in realtà, sulla base dell’art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 175/2016 dovrebbero essere probabilmente riservati alla giurisdizione della Corte dei conti esclusivamente i giudizi sui danni alle società in house. E comunque, potrebbero non essere moltissime le società che non possono essere considerate in house e ciò nonostante sono assimilabili di fatto a un’amministrazione pubblica.

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