del Prof. Avv. Pietrangelo Jaricci
Dopo Il colore del vetro (Robin Edizioni, 2012) e Non sono un assassino (Newton Compton Editori, 2014), Francesco Caringella torna in libreria con un nuovo avvincente romanzo Dieci minuti per uccidere (Newton Compton Editori, 2015).
Francesco Caringella, magistrato ordinario e oggi Presidente di Sezione del Consiglio di Stato, dalla personalità poliedrica, è autore di numerose ed apprezzate pubblicazioni giuridiche di larga diffusione tra gli operatori del diritto.
Dieci minuti per uccidere è lavoro che va ben oltre un thriller, ricco com’è di meditate suggestioni, di raffinati momenti narrativi e di coinvolgenti tensioni.
Molte pagine risultano esemplari, sotto il profilo stilistico e concettuale; in particolare, quelle dedicate allo scontro generazionale tra il padre e il figlio primogenito.
E’ la storia di Antonio De Santis, un affermato imprenditore che, dopo aver trascorso, nella propria villa, una serata a cena con i suoi famigliari, di lì a poco viene colpito a tradimento da un colpo d’arma da fuoco.
Ma chi ha potuto compiere un delitto così efferato, che condurrà De Santis alla morte entro pochi minuti?
In questo brevissimo lasso di tempo, potrà l’imprenditore scoprire chi è il suo assassino e le motivazioni che hanno armato la sua mano?
L’assassino, protetto dal buio della notte, ha atteso che l’ultimo alito di vita abbandonasse la sua vittima. Gli occhi di Antonio sono spalancati dallo stupore. È la sorpresa di chi, all’ultimo istante, ha scoperto il mistero della vita e il significato della morte.
Sulle labbra del defunto c’è il nome dell’omicida. Ha l’espressione soddisfatta di chi è arrivato a capo di un dilemma. Una sola persona ha potuto togliergli quel poco che rimaneva della sua esistenza. Solo l’assassino aveva la disperazione necessaria per uccidere.
Una storia appassionante che attrae ed emoziona il lettore, condividendo con la vittima seicento secondi ad alta tensione.
Nei ringraziamenti finali dell’autore ho avuto il piacere di incontrare anche il nome di “Licia Grassucci, grande dirigente del Consiglio di Stato che si è concessa con tutta la sua ricca umanità in una serie interminabile di riletture e di revisioni” (pag. 246), del cui valore posso essere buon testimone avendola avuta come preziosa collaboratrice, per oltre un decennio, nella mia vita accademica.
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