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Il Codice di giustizia contabile e il giusto processo

toga sdraiata

Il Codice di giustizia contabile e il giusto processo

di Pelino Santoro, Presidente on. della Corte dei conti

1 – Gli obiettivi del testo normativo

Tra i criteri di delega dell’art. 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124, per il riordino della procedura dei giudizi innanzi la Corte dei conti erano indicati quelli di:

– disciplinare lo svolgimento dei giudizi tenendo conto della peculiarità degli interessi pubblici oggetto di tutela e dei diritti soggettivi coinvolti, in base ai principi della concentrazione e dell’effettività della tutela e nel rispetto del principio della ragionevole durata del processo anche mediante il ricorso a procedure informatiche e telematiche (lett. b);

– disciplinare le azioni del pubblico ministero, nonché le funzioni e le attività del giudice e delle parti, attraverso disposizioni di semplificazione e razionalizzazione dei principi vigenti in materia di giurisdizione del giudice contabile e di riparto delle competenze rispetto alle altre giurisdizioni; (lett. c);

– riordinare le disposizioni processuali vigenti integrandole e coordinandole con le norme e i principi del Codice di procedura civile relativamente ai seguenti aspetti: 1) i termini processuali, il regime delle notificazioni, delle domande ed eccezioni, delle preclusioni e decadenze, dell’ammissione ed esperimento di prove, dell’integrazione del contraddittorio e dell’intervento di terzi, delle riassunzioni anche a seguito di translatio, in conformità ai principi della speditezza procedurale, della concentrazione, della ragionevole durata del processo, della salvaguardia del contraddittorio tra le parti, dell’imparzialità e terzietà del giudice (lett. l);

– la disciplina dei termini per la revocazione in conformità a quella prevista dal Codice di procedura civile in ossequio ai principi del giusto processo e della durata ragionevole dello stesso (lett. m).

Nessun richiamo esplicito era fatto all’attuazione degli altri principi fondanti del giusto processo contabile (garanzia del contraddittorio, parità delle parti, terzietà e imparzialità del giudice) enunciati dall’art. 111 Cost.).

Ciononostante il legislatore delegato ha indicato tra gli obiettivi del testo normativo proposto:

– il rafforzamento delle garanzie della difesa, assicurando una partecipazione piena dei presunti responsabili, anche nella fase istruttoria e preprocessuale, e introduzione nel giudizio di responsabilità dei principi del c.d. “giusto processo”;

– termini certi per la prescrizione;

– garanzie di trasparenza e tempestività nella procedura di archiviazione.

Il tal modo, secondo la relazione della PCM, si è inteso introdurre nel processo contabile, e nelle sue diverse declinazioni, i necessari adeguamenti di ordine formale e sostanziale per adeguare le norme vigenti alle esigenze di certezza, alla tutela della difesa e alle altre garanzie processuali proprie dell’ordinamento costituzionale italiano; si è quindi voluto realizzare l’estensione dei principi del giusto processo e della parità di trattamento delle parti ai procedimenti di tipo contabile. Il conseguente rafforzamento dei diritti della difesa e l’attuazione del principio di garanzia che vuole l’accertamento della verità storica quale valore assoluto anche nella tutela delle ragioni dell’erario, costituiscono benefici collettivi assicurati dall’attuazione della riforma.

 

2- L’impatto dell’art. 111 Cost. sulla disciplina processuale vigente

All’indomani della introduzione in costituzione del principio del giusto processo con l’integrazione dell’art. 111 ad opera della legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, al fine di conformare l’ordinamento nazionale ai principi universali della Convenzione di diritti universali firmata a Roma nel 1950 e ratificata con legge 4 agosto 1965 n. 848 relativi al giusto processo[1], avevamo azzardato, per la prima volta, una verifica dell’applicabilità dei nuovi principi ai giudizi intestati alla Corte dei conti[2].

Non avendo alcun dubbio che i nuovi canoni costituzionali. si applicasse anche al processo contabile, avevamo auspicato che prima o poi alcuni vecchi postulati di comune accettazione fossero destinati ad essere rivisitati, con riguardo al processo in senso stretto e soprattutto, per quel segmento del procedimento che, ai fini della giusta collocazione dei nuovi istituti di garanzia (invito, audizione) si catalogava come pre-processuale.

Avevamo anche evidenziato come portata generale del principio costituzionale del giusto processo si ponesse, in posizione più avanzata rispetto al principio delle Convenzione europea dei diritti umani, dal momento che, secondo l’interpretazione restrittiva data della Corte di Strasburgo, l’arta 6 della Convenzione non si applicava nelle liti in cui fossero parte agenti pubblici che occupassero impieghi implicanti una partecipazione all’esercizio di pubblici poteri incaricati della salvaguardia di interessi generali[3] Tale linea riduttiva, infatti, avrebbe potuto escludere dalla garanzia sopranazionale gran parte dei processi amministrativi in cui la posizione dedotta fosse di interesse legittimo, in quanto non sarebbe in gioco né un “diritto civile” né un’accusa penale, ma la stessa Corte si è mostrata aperta a dare ingresso anche alle posizioni di interesse legittimo, ritenendo che allorché la controversia riguardi diritti aventi natura patrimoniale rientra nella nozione di diritto civile[4].

In una recente pronuncia della CEDU si riconosce che la controversia in materia di responsabilità non è assimilabile né riguarda il profilo dell’accusa in materia penale bensì attiene a una procedura litigiosa avente oggetto una contestazione su diritti e obbligazioni di carattere civile, comportando così l’applicazione dell’articolo 6 della Convenzione con riguardo agli aspetti civili[5].

Avevamo anche ricordato, ai fini della dimensione del principio, che nel dibattito parlamentare era stato affermato, in risposta chi proponeva di fare riferimento al procedimento anziché al processo, che il termine adottato, senza vincolare la Costituzione alla terminologia ordinaria, non stava necessariamente a indicare quella fase del procedimento che scatta in un determinato momento non intendeva[6].

 

3- Le criticità rilevate

In prima analisi avevamo rilevato come punti nodali da sciogliere: l’obbligatorietà dell’azione, il potere sindacatorio, l’integrazione del contraddittorio iussu iudicis, l’istruzione delegata, L’assenza dell’amministrazione, il rimborso delle spese, la parità dei mezzi istruttori e nella discussione. l’accesso al procedimento ed il contraddittorio preprocessuale.

Come linee guida di un percorso ottimale erano state riportate alcune precedenti indicazioni per sottolineare come un giusto processo, per risultare sostanzialmente equo, non potesse essere declinato senza una giusta azione[7].

Quanto all’assenza del soggetto danneggiato, ci eravamo spinti a formulare la metafora della partita a tressette giocata con il morto[8], favorevolmente apprezzata[9]. In sostanza dal momento che il processo si svolge generalmente in absentia domini, inteso questi come il destinatario de iure della pretesa risarcitoria, senza che questi, qualunque sia il profilo in cui considerarlo (parte lesa, parte offesa e/o corresponsabile (ex art. 28, cost.), fosse messo in grado di intervenire.

 

4 – L’apporto della dottrina

Numerosi sono i contributi dottrinari che si sono succeduti sulle problematiche del giusto processo contabile, segnalandone le smagliature esistenti e gli obiettivi da perseguire.

1 – La riserva di legge.

Innanzitutto è stato da più parti evidenziata l’esigenza di dare uno spessore normativo alla riserva di legge contenuta nello stesso art. 111 Cost. (il giusto processo regolato dalla legge), ovvero del principio di legalità, che rappresenta il principio cardine (due process of law) nel testo originario dell’art. 6 della Convenzione EDU. Il principio, infatti, sta a significare che spetta al legislatore e non al giudice determinare le modalità dei partecipazione delle parti al procedimento di formazione della decisione del giudice a cui sarebbe inibito ogni potere discrezionale in materia[10].

2 – La terzietà del giudice, sotto il profilo organizzativo e della contiguità tra magistrati giudicanti e magistrati requirenti e giudicanti che hanno potuto conoscere i fatti in sede di controllo, tenuto conto che il precetto esige anche l’imparzialità del giudice[11].

3 – L’anomalia di un invito a dedurre di carattere collaborativo e poco garantista[12].

4 – L’estraneità al processo contabile del principio della formazione in ambito processuale[13].

5) Il potere di intervento istruttorio del giudice senza confini[14].

Non erano peraltro mancate alcune voci interne che ritenevano il problema inesistente non essendo ipotizzabile un processo più giusto di quello contabile, guardando al profilo sostanziale piuttosto che a quello processuale[15].

 

5 – La linea conservatrice della Consulta

Nelle poche pronunce sull’incidenza del nuovo principio sulla vigente disciplina processuale nell’applicazione vivente, la Consulta ha esitato a prendere posizione rimettendo al giudice il diritto dovere di trovare una interpretazione secundum costitutionem.

Una prima volta la Corte si è interessata[16] dello speciale procedimento di proroga per l’emissione dell’atto di citazione che, secondo la specifica disciplina vigente nella interpretazione data in sede di risoluzione di questione di massima[17], poteva svolgersi in Camera di consiglio, su semplice richiesta dalla parte pubblica, senza nemmeno/198. 6, 198 comunicarlo alla parte privata; la Corte, in maniera sbrigativa, liquidò la questione basandosi su una petizione di principio[18], tratta da una sua precedente pronuncia[19] riguardante la qualificazione dell’invito a dedurre in chiave preprocessuale[20], senza prendere in considerazione l’assunto del giudice remittente secondo cui quando vi è pronuncia giudiziale questa, qualunque sia la fase, non può prescindere dal contraddittorio tra le parti; gli atti di contestazione di responsabilità e invito a dedurre della Procura regionale sono volti all’acquisizione di ulteriori elementi, se del caso anche di carattere esimente, in vista delle conclusive determinazioni che non necessariamente dovranno essere nel senso dell’inizio dell’azione di responsabilità, con la conseguenza che nella mera contestazione non è ravvisabile alcun carattere di lesività[21].

A questa stessa impostazione si è richiamata altra decisione, in esito a una questione con cui era stata sollecitata una pronuncia interpretativa della disposizione che consente l’archiviazione dell’azione del pubblico ministero contabile senza il controllo del giudice[22], in quanto l’archiviazione che consegue all’attività istruttoria, diretta a verificare la sussistenza delle condizioni per iniziare utilmente il giudizio di responsabilità, non ha carattere decisorio né costituisce giudicato o pone vincoli per lo stesso ufficio del Pubblico Ministero[23].

Una sola volta è stata dichiarata l’incostituzionalità delle disposizioni processuali che consentono l’instaurazione del giudizio a istanza di parte senza prevedere la notifica all’amministrazione opposta, in violazione del principio del contraddittorio e della parità delle parti[24].

Non è stata, invece, ritenuta fondata la questione di costituzionalità delle disposizioni processuali, in materia di giudizio di conti che non prevedevano la comunicazione della relazione del Magistrato relatore in uno con il decreto di fissazione d’udienza all’amministrazione, in quanto il pubblico ministero contabile interviene a tutela dell’ordinamento e degli interessi della collettività e al contempo agisce a tutela degli interessi concreti e particolari dei singoli e delle amministrazioni pubbliche[25].

L’unica apertura si è avuta con una sentenza, che si potrebbe definire interpretativa di rigetto, quando la Consulta, prendendo atto degli orientamenti non univoci[26] della magistratura contabile sui limiti del potere sindacatorio, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione in quanto il giudice non aveva preso in considerazione la possibilità di pervenire, in via interpretativa alla soluzione ritenuta conforme alla Costituzione[27].

 

6 – I passi avanti del nuovo Codice di giustizia contabile

Quanto sinteticamente esposto rappresenta un passaggio necessario per intendere come la nuova disciplina, che sostituisce in toto il vecchio regolamento di procedura, si sia calato nel diritto vivente e fino a che punto abbia realizzato il declamato obiettivo di normare di giusto processo[28].

Non v’è dubbio che alcuni delle principali criticità che costituivano i punti deboli del giusto processo applicato ai giudizi contabili, sono stati rimossi.

 

6.1 – Il crepuscolo del potere sindacatorio

Innanzitutto si è fatto rientrare, quasi del tutto, il c.d. potere sindacatorio ordinatorio; recependo infatti l’orientamento giurisprudenziale prevalente, non solo è stato disposto il divieto di chiamata in giudizio su ordine del giudice (art. 83) ma è stato previsto anche che ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale, qualora non tutte le parti siano state convenute, il giudice tiene conto di tale circostanza ai fini della determinazione della minor somma da porre a carico dei condebitori nei confronti dei quali pronuncia sentenza (comma 2).

Resiste invece il potere sindacatorio istruttorio che tuttavia non costituisce, di per sé un vulnus al principio dispositivo, essendo il potere di acquisire d’ufficio mezzi di prova[29] del tutto analogo a quello previsto dal c.p.c. (art. 210, 211 e 213), fermo restando che il potere sia esercitato imparzialmente, nel rispetto dell’antico ordo processuale, iudex non potest supplere in facto[30].

A mitigare tale potere acquisitivo il Codice stabilisce (art. 95 comma 1), quale criterio base di “disponibilità e valutazione” della prova, che nel decidere sulla causa il giudice pronuncia secondo diritto e, quando la legge lo consente, secondo equità e pone a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificatamente contestati dalle parti costituite[31].

All’udienza di discussione, il collegio provvede sulle richieste istruttorie, disponendo l’immediata assunzione dei mezzi di prova ritenuti ammissibili e rilevanti[32]; i modi di assunzione sono regolati secondo il Codice di procedura civile (art. 96).

La prova testimoniale è assunta ai sensi del Codice di procedura civile (art. 98), con pienezza di contraddittorio, essendo consentito alle parti , di formula, per il tramite del presidente, domande per ulteriormente chiarire gli articoli di prova (comma 2).

Quale sa sia il nuovo punto di equilbrio tra metodo acquisitivo e principio della domanda sarà la corretta applicazione della nuova disciplina a definirlo[33], alla luce del codificato principio del giusto processo che dovrebbe illuminare e guidare l’interpretazione conforme del giudice.

 

6.2 – I nuovi spazi del contraddittorio

Il Codice ha rivisitato la procedura di concessione della proroga dei termini di emissione della citazione, recependo evidentemente le critiche mosse al precedente regime, – inopinatamente avallato dalla stessa Corte costituzionale – che consentiva l’emanazione di un atto del giudice (la proroga) senza che in alcun modo fosse sentita la parte interessata.

Viene quindi introdotto un contraddittorio posticipato, alla stregua della procedura cautelare, prevedendo (art. 68) che il giudice, quando accoglie l’istanza di proroga, fissa il termine finale della proroga e quello di comunicazione dell’ordinanza ai destinatari di invito a dedurre e che avverso l’ordinanza che consente o nega la proroga è ammesso reclamo alla sezione, nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione dell’ordinanza.

La sezione decide in camera di consiglio con ordinanza non impugnabile. Alla seduta può ovviamente partecipare l’interessato, con implicita assistenza di un difensore che ha sottoscritto il reclamo.

 

6.3 – la nuova prescrizione

Il Codice ha confermato l’idoneità interruttiva dell’invito a dedurre o di altro specifico atto di messa in mora, con il doppio limite, però. che in tali casi il termine quinquennale di prescrizione può essere interrotto per una sola volta e che al tempo residuo per raggiungere l’ordinario termine di prescrizione quinquennale si aggiunge un periodo massimo di due anni; il termine complessivo di prescrizione non può comunque eccedere i sette anni dall’esordio dello stesso (art. 66).

Viene ufficializzata la regola che il termine di prescrizione, in ogni caso, rimane sospeso per il periodo di durata del processo (comma 3).

Rimane indeterminato, però, il tempo della prescrizione in caso di occultamento doloso poichè la scoperta del danno potrebbe realizzarsi, sine die, a notevole distanza dal fatto dannoso che potrebbe protrarsi ben oltre i termini della prescrizione ordinaria.

 

6.4 – La parità delle parti in udienza

Viene meno il privilegio del P.M. di concludere per ultimo, prevedendo come principio di portata generale, che in relazione al grado del giudizio, l’attore ha la parola per primo (art. 8, comma 4) e che dopo la relazione della causa, i rappresentanti delle parti presenti e il pubblico ministero, enunciano le rispettive conclusioni svolgendone i motivi.

 

7 – L’imparzialità del giudice

Il Codice conferma il rinvio al c.p.c. per i casi di astensione e ricusazione del giudice (art. 21 e 22) e o pone l’obbligo (all. 2. Disp. attuazione) di predeterminare il calendario d’udienza e i relativi collegi[34].

Un passo avanti è stato fatto in materia di sequestro cautelare (ante e in corso di causa), sotto il profilo della terzietà del giudice, prevedendo che del collegio che decide sul reclamo contro l’ordinanza del giudice di conferma o revoca del decreto di sequestro del presidente non fa parte il giudice designato (art. 76).

La disposizione disattende il diverso orientamento, avallato dalla Corte costituzionale, che aveva ritenuto che non sussistesse l’obbligo di astensione del giudice designato sia perché non sussiste identità di res iudicanda tra il giudizio cautelare e quello di merito, sia perché il giudizio cautelare non porta a esprimere una valutazione contenutistica ma lascia irrisolto l’esito finale del giudizio in quanto non anticipa affatto la decisione di merito mirando solo a tutelare temporaneamente un preteso diritto[35].

In alternativa al sequestro, per alleggerire il pregiudizio economico, viene ammessa la possibilità di presentare una cauzione o fideiussione (art. 81).

Per la revocazione della sentenza, invece, viene previsto che la decisione sulla domanda di revocazione è pronunciata dal giudice adito che, in caso di composizione collegiale, può essere costituito dagli stessi giudici che hanno partecipato alla deliberazione della sentenza impugnata. Viene quindi ignorato il criterio di delega di ricondurre il giudizio ai principi del giusto processo, probabilmente in considerazione del dubbi sollevati a riguardo dalla dottrina[36], preservando in tal modo la vecchia linea secondo cui la peculiare natura del giudizio revocatorio per errore di fatto e di calcolo, quale mezzo di impugnazione a motivi limitati, non si traduce in un ulteriore grado di giudizio[37].

 

8 – La giusta azione

8.1 – La disponibilità dell’azione

Sotto il profilo della giusta azione, per quanto riguarda le caratteristiche dell’azione pubblica di danno è caduto il mito della sua obbligatorietà e irretrattabilità[38].

Va ricordato che la stesa Corte costituzionale[39], aveva affermato che lo stesso principio di obbligatorietà (dell’azione penale), sebbene esiga che nulla sia sottratto al controllo di legalità del giudice (c.d. favor actionis), non significa anche consequenzialità automatica tra notizia di reato e processo, né dovere del P.M. di iniziare il processo per qualsiasi notitia criminis, poiché limite implicito alla stessa obbligatorietà, razionalmente intesa, è che il processo non deve essere iniziato quando si appalesi oggettivamente superfluo e che quindi l’obbligo di esercitare l’azione penale sorge, nel nuovo processo, solo se si sia verificata la mancanza dei presupposti che rendono doverosa l’archiviazione, che è appunto il non-esercizio dell’azione.

Il Codice introduce due novità.

Con la prima delinea le ipotesi in cui il pubblico ministero ha il dovere di non iniziare l’azione, prevedendo (art. 69) che quando, anche a seguito di invito a dedurre, la notizia di danno risulta infondata o non vi siano elementi sufficienti a sostenere in giudizio la contestazione di responsabilità, il P. M. dispone l’archiviazione del fascicolo istruttorio; l’archiviazione è altresì disposta, per assenza di colpa grave, quando l’azione amministrativa si è conformata al parere reso dalla Corte dei conti in via consultiva, in sede di controllo e in favore degli enti locali nel rispetto dei presupposti generali per il rilascio dei medesimi[40]; viene quindi introdotto una regola prudenziale di previa valutazione della fondatezza della pretesa e di ponderazione del risarcimento perseguibile rispetto ai prevedibili costi[41].

La seconda riconduce a sistema la pretesa indisponibilità dell’azione disponendo espressamente che il pubblico ministero può, anche mediante dichiarazione in udienza, rinunziare motivatamente agli atti del processo (art. 110, comma 2), con accettazione delle parti; il giudice, se la rinuncia e l’accettazione sono regolari, dichiara l’estinzione del processo (comma 6); la declaratoria di estinzione del processo non dà luogo a pronuncia sulle spese.

 

8.2 – la definizione dei poteri istruttori

Prima della introduzione dei principi del giusto processo, era pacifico che il giudizio di responsabilità mutuasse le sue forme dal processo civile per quanto applicabili (art. 26 Reg. n. 1038 del 1933), con la vigenza, però, relativamente all’aspetto istruttorio, sia del principio dispositivo che di quello inquisitorio, con ampia possibilità di produzione di prove consentita a tutte le parti del giudizio e con la possibilità del giudice di integrare il materiale probatorio anche al di là delle allegazioni delle parti; la commistione era da porsi in relazione all’interesse che si persegue e alla finalità che il giudizio è diretto a realizzare, cioè la reintegrazione del pubblico patrimonio che era quella stessa che fondava il potere del Procuratore Generale di agire d’ufficio al di fuori ed anche contro le determinazioni dell’amministrazione ed anche dopo l’acquisizione dei visti e pareri degli organi amministrativi di controllo ed era possibile che la stessa Corte demandasse, se del caso, specifica attività istruttoria al Procuratore[42].

Il Codice di giustizia contabile riordina e individua tutte attività istruttorie esperibili dal P.M. (art. 55): richieste di documenti e informazioni; esibizione di documenti; audizioni personali; ispezioni e accertamenti; sequestro documentale; consulenze tecniche; procedimenti d’istruzione preventiva.

Per quanto riguarda la posizione dell’inquisito, va sottolineato che il potenziamento dei poteri istruttori del P.M (esteso alle audizioni di terzi informato) corrispondono maggiori garanzie nella fase preprocessuale, essendo previsto che l’omessa o apparente motivazione dei provvedimenti istruttori del P.M., ovvero l’audizione assunta in violazione del diritto di difesa costituiscono causa di nullità dell’atto istruttorio e delle operazioni conseguenti (art. 65).

Viene inoltre esaltata la posizione di imparzialità del titolare dell’azione di danno, prevedendo che il pubblico ministero compie ogni attività utile per l’acquisizione degli elementi necessari e svolge, altresi, accertamenti su fatti e circostanze (anche) a favore della persona individuata quale presunto responsabile (art. 55).

A garanzia dell’invitato viene previsto che, successivamente all’invito a dedurre, il pubblico ministero non può svolgere attività istruttorie, salva la necessità di compiere accertamenti sugli ulteriori elementi di fatto emersi a seguito delle controdeduzioni (art. 67, comma 7) e, quale massima tutela difensiva, che la citazione è nulla, qualora non sussista corrispondenza tra i fatti indicati in citazione e gli elementi essenziali del fatto esplicitati nell’invito a dedurre, tenuto conto degli ulteriori elementi di conoscenza acquisiti a seguito delle controdeduzioni (art. 87).

Ulteriore garanzia del presunto responsabile è la comunicazione del decreto di archiviazione, vistato del Procuratore regionale, debitamente motivato (art. 69. comma 3), che preclude la riapertura delle indagini se non per fatti nuovi e diversi (art. 70).

Resta però incombente e predominante la posizione il P.M. che nella fase preprocessuale, resta il signore della prova[43], salvo la verifica o ampliamento in dibattimento ma generalmente verificata con metodo acquisitivo.

Infine è introdotto, a tutela della privacy, il principio di riservatezza delle attività d’indagine del pubblico ministero, anche se delegate, fino alla notificazione dell’invito a dedurre (art. 57, comma 1); probabilmente sarebbe stato preferibile andare oltre, ma il permanere della riservatezza si sarebbe difficilmente potuta conciliare i con il riconosciuto diritto di accesso preprocessuale.

 

8.3 – L’accesso agli atti preprocessuali

Infine, recependo un orientamento giurisprudenziale[44] e in, in conformità al criterio di delega, il C.G.C. riconosce il diritto del presunto responsabile, dopo l’invito a dedurre, di visionare ed estrarre copia d tutti i documenti inseriti nel fascicolo istruttorio depositato presso la segreteria della Procura regionale (art. 71, comma 1); nell’ambito del c.d. accesso difensivo, inoltre è riconosciuto il diritto di accedere ai documenti ritenuti rilevanti per difendersi e detenuti dalle pubbliche amministrazioni, dagli enti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti e dai terzi contraenti o beneficiari di provvidenze finanziarie (a comma 3) e, in caso di diniego o ritardo, può chiedere al pubblico ministero di acquisirli direttamente per renderli disponibili presso la segreteria (comma 5).

 

8.4 – La salvaguardia da istruttorie a cascata

Come già accennato, è vietata la chiamata in giudizio su ordine del giudice, che è ammesso solo alla presenza di nuovi elementi e di motivate ragioni previa trasmissione gli atti al PM per le valutazioni di competenza.

Resta preclusa, inoltre, la chiamata in giudizio dei soggetti già destinatari di archiviazione e dei soggetti per i quali nel corso dell’attività istruttoria precedente l’adozione dell’invito a dedurre sia già stata valutata l’estraneità al fatto dannoso.

 

8.5 – L’istruzione preventiva

Il Codice , recependo un’indicazione giurisprudenziale[45], dà base normativa ai procedimenti d’istruzione preventiva (art. 64) Qualora vi sia fondato motivo di temere che venga meno la possibilità di fare assumere in giudizio uno dei mezzi di prova, o in caso di eccezionale urgenza, il giudice, su istanza di parte, provvede all’assunzione preventiva del mezzo richiesto.

L’assunzione preventiva dei mezzi di prova non pregiudica le questioni relative alla loro ammissibilità e rilevanza, né impedisce la loro rinnovazione nel giudizio di merito.

 

9 – Gli obiettivi mancati

9.1 Il controllo del giudice sull’attività requirente

Relativamente al controllo del giudice sull’attività del P.M., la Corte di Cassazione (S.U. 17 dicembre 2010 n. 19700, in Riv. C. conti 2010, 5, 153) ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso proposto dal P, M. avverso un’ordinanza resa da una Sezione regionale[46], che aveva valutato ed escluso la compatibilità con principi costituzionali di talune acquisizioni probatorie, e ha espresso interessanti principi di diritto sul potere del giudice contabile di sindacare le attività istruttorie del P.M. È stata, infatti, riconosciuta l’esistenza del potere del giudice della Corte dei Conti di verificare, in sede dibattimentale, l’ammissibilità delle prove fornite dal P.M. contabile o la legittimità di un atto istruttorio; pur senza pronunciarsi per esplicito sul carattere preprocessuale dell’istruttoria contabile e sulla sua natura giuridica; la Cassazione, per la prima volta, mette in risalto l’esistenza di un potere di controllo del giudice sull’attività istruttoria del P.M. e di forme di tutela (nella specie ricondotte all’istituto della c.d. istruzione preventiva ex art. 692 e s. c.p.c.) che l’ordinamento processuale civile è in grado di assicurare anche in questa fase.

Il Codice si disinteressa di questo profilo e mantiene assolutamente separate l’attività pre-processale del P.M., che poi viene versata nel processo, da quella processuale tipica che trova ingresso con l’atto di citazione.

Le uniche forme di controllo giudiziale di atti istruttori sono l’istruzione preventiva e il reclamo conto la proroga dei termini per la citazione.

Il potere di controllo del giudice nella fase preprocessuale delle indagini della Procura contabile, infatti, può ritenersi consentito solo ove sia volto, non a verificare la regolarità della acquisizione della prova, oggetto questa della valutazione da effettuarsi esclusivamente in sede di dibattimento, ma ad evitare che l’attività di acquisizione probatoria esuli dai limiti di ammissibilità nel processo contabile ovvero venga a ledere in sé i suddetti diritti dell’indagato e, quindi, ad impedire che l’eventuale esercizio dell’azione di responsabilità si fondi, totalmente o parzialmente, su elementi che non possono essere assunti a fondamento di un giudizio di responsabilità amministrativa perché immediatamente lesivi di diritti garantiti dalla Costituzione[47].

Sarebbe stato utile e doveroso, invece, un filtro preventivo per evitare azioni incaute che potrebbero avere effetti negativi a catena[48].

 

9.2 – L’assenza dell’amministrazione danneggiata

E’ rimasto insoluto il ruolo amministrazione danneggiata nel giudizio di responsabilità, che rimane il nodo cruciale intorno a cui ruotano una serie di problemi che vanno dalla stessa posizione del P.M (garante della legalità o sostituto processuale) alla natura della responsabilità (risarcitoria o sanzionatoria) e dalla esclusività dell’azione di danno fino ai rapporti con la giurisdizione penale e civile[49].

Il Codice , si limita a prevedere, infatti, in via astratta e generale (art. 85) che chiunque intenda sostenere le ragioni del pubblico ministero può intervenire in causa, quando vi ha un interesse meritevole di tutela, con atto notificato alle parti e depositato nella segreteria della sezione

L’amministrazione danneggiata non è presa in considerazione né è messa in grado di conoscere l’avvio del giudizio ai fini di valutare l’opportunità di un intervento.

Eppure l’amministrazione danneggiata ha un interesse diretto, oltre che a conseguire l’azionato risarcimento nella misura massima, e quindi a dicharare o negare eventuali vantaggi, a non subire una soccombenza virtuale ai fini del rimborso delle spese di giudizio.

La natura pubblica dell’azione e lo stesso ruolo del P.M. dovrebbero consigliare, invece, l’adozione di un modello processuale vicino a quello penalistico in cui la persona offesa e danneggiata dal reato è notificataria necessaria dell’avvio del procedimento e degli atti di prosieguo, anche ai fini della costituzione di parte civile.

Unica innovazione riguarda il giudizio di conto, essendo previsto che il decreto di fissazione dell’udienza, a cura della segreteria, è comunicato all’agente contabile per il tramite dell’amministrazione da cui dipende, e al pubblico ministero. della notifica del decreto di fissazione d’udienza (art. 147, comma 4); viene superato in tal modo la posizione negativa della Corte costituzionale (sent. n. 291/2008) di cu si è fatto cenno, mettendo in grado l’amministrazione interessata (che ha parificato il conto) di avere coscienza della fase conclusiva del giudizio[50].

Nei giudizi di responsabilità non è prevista alcuna la notifica all’amministrazione, tale notifica è invece richiesta (art. 174) nei giudizi a istanza di parte (cfr. C. cost, n,. 1/ 2007), ivi compresi i ricorsi alle sezioni riunite in speciale composizione, in cui è prevista (art. 127) la notifica della fissazione d’udienza a tutti i controinteressati[51].

Nel giudizio d’interpretazione della sentenza esecutiva l’amministrazione ha legittimazione attiva, (art. 211) il che lascerebbe supporre che il medesimo interesse sussiste rispetto all’esito del processo di responsabilità[52].

 

9.3 – La legittimazione del P.M. nel processo di esecuzione

La delega per il riordino del processo contabile (art. 20 L. n. 124/2015) prevedeva di attribuire al pubblico ministero contabile la titolarità di agire e di resistere innanzi al giudice civile dell’esecuzione mobiliare o immobiliare, nonché di prevedere l’inclusione del credito erariale tra crediti assistiti da privilegio.

La delega però non è stata realizzata, poiché (secondo la relazione al testo) l’opzione ha dovuto confrontarsi con due diversi limiti di carattere ordinamentale generale: da un lato, la competenza giurisdizionale in tema di esecuzione forzata che si radica innanzi al giudice ordinario, sicché è inattuabile una intestazione diretta dell’azione per espropriazione forzata al pubblico ministero contabile; dall’altro, appariva di difficile attuazione la previsione di un’interferenza cogente nell’esercizio di attività spiccatamente amministrative – e, dunque, assistite da riserva di amministrazione – quali le opzioni tra le varie assentite modalità di recupero del credito erariale.

Secondo il Codice di giustizia contabile, l’amministrazione o l’ente titolare del credito erariale, a seguito della comunicazione del titolo giudiziale esecutivo, ha l’obbligo di avviare immediatamente l’azione di recupero del credito, secondo le modalità previste effettuando la scelta attuativa ritenuta più proficua in ragione dell’entità del credito, della situazione patrimoniale del debitore e di ogni altro elemento o circostanza a tale fine rilevante (art. 214, comma 3).

Resta ferma ogni ipotesi di responsabilità per danno erariale, disciplinare, dirigenziale e penale configurabile in ragione della mancata attuazione del recupero (comma 4)

E’ mutato in senso più favorevole, invece, l’ordine di privilegio riconosciuto al credito ai sensi dell’articolo 2750 c.c.(art. 216, comma 3). .

 

9.4 – Rimborso delle spese legali e soccombenza

Sebbene il Codice abbia specificato le fattispecie assolutorie che danno titolo al rimborso delle spese di giudizio e difensiva (art. 31 comma 2); la disposizione non è ancora del tutto rispettosa del principio di parità della armi poiché nei casi non previsti, a parte la compensazione discrezionalmente decisa dal giudice, l’onere rimane a carico del presunto responsabile ingiustamente o erroneamente citato a giudizio.

In luogo della condizione del “proscioglimento”, nel merito (secondo l’interpretazione dell’art. 10-bis D.L. n. 243 conv. L. n. 248/2005, sono stati indicati, quali condizioni per il rimborso: l’accertata insussistenza del danno, ovvero, della violazione di obblighi di servizio, del nesso di causalità, del dolo o della colpa grave; poichè è richiesto che i detti presupposti siano “accertati” restano fuori i casi di sentenze in rito (incompetenza, difetto di giurisdizione, prescrizione).

Per gli altri processi (a istanza di parte) è ripreso il principio processualcivilistico (art. 91 C.P.C.), secondo cui il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa (art. 31, comma 1).

Il principio di soccombenza, invece, continua a non applicarsi al p. m. contabile[53].

 

10 – I nuovi giudizi

10.1 – Il rito dei giudizi sanzionatori

Un’assoluta novità del Codice e l’autonoma regolazione processuale dei giudizi sanzionatori con superamento della forzata assimilazione alla disciplina sostanziale e processuale dei giudizi di responsabilità affermata in via pretoria in sede di questione di massima[54].

Il Codice ha dettato una disciplina unitaria di principi per tutte le ipotesi di applicazione di sanzioni (art. 133 c.g.c.) optando per il rito monocratico e abbandonando ogni riferimento all’elemento psicologico[55].

Viene istituzionalizzata la titolarità dell’impulso processuale, prevedendo che per tutti i casi in cui la legge prevede per violazione di specifiche disposizioni normative[56], una sanzione pecuniaria, stabilita tra un minimo ed un massimo edittale, che il giudizio per l’applicazione della sanzione pecuniaria. è promosso dal P.M. d’ufficio, o su segnalazione della Corte nell’esercizio delle sue attribuzioni contenziose o di controllo (art. 133).

Il giudizio è promosso con ricorso al giudice monocratico previamente designato ed è notificato alla parte a cura del P.M. (commi 2 e 3).

Quando accoglie il ricorso, il giudice emette decreto di condanna al pagamento della sanzione. Avendo riguardo alla gravità della violazione e all’opera svolta dall’agente per l’eliminazione, o l’attenuazione, delle conseguenze della violazione.

Viene introdotta la possibilità di oblazione della sanzione, prevedendo che, contestualmente alla determinazione della sanzione, il giudice fissa altresì una sanzione in misura ridotta, pari al trenta per cento, per il caso di pagamento immediato della stessa, e assegna al responsabile un termine non inferiore a trenta giorni, per procedere al versamento della somma, indicando l’amministrazione destinataria dei proventi (art. 134, comma 2).

Le parti (non l’amministrazione che parte non è) possono fare opposizione al collegio (art. 135).

Come si vede, anche qui rimane assente nel giudizio l’amministrazione che tuttavia è destinataria dei proventi della sanzione[57].

 

10.2 – I ricorsi alle Sezioni riunite in composizione speciale

Il giudizio è compiutamente disciplinato seguendo a grandi linee le indicazioni delle stesse Sezioni riunite[58].

Il Codice (art. 11), oltre ad un’elencazione ricognitiva delle tipologie di ricorso già attribuir te per legge, introduce una clausola aperta ed una clausola residuale.

La formula aperta (comma 6, lett. e), riferita alle materie di contabilità pubblica, nel caso di impugnazioni conseguenti alle deliberazioni delle sezioni regionali di controllo, tende evidentemente a mantenere aperta la porta ad eventuali ulteriori ricorsi, non espressamente attribuiti ma riconducibili alla materia in via interpretativi[59].

La clausola residuale (del tutto inutile) si limita a prevedere (lett. f) la competenza nelle materie ulteriori, attribuite dalla legge.

Per quanto riguarda più da vicino gli aspetti del giusto processo, sotto il profilo del contraddittorio, il Codice , tenendo conto della diversità strutturale dei sinoli ricorsi, tutti ad istanza di parte, ma ciascuno particolare, per oggetto, soggetti, contenuti e finalità, detta (art. 124) regole analitiche e diversificate per le notificazioni degli atti alle singole parte amministrazioni, non senza mancare di prevedere la notifica “in ogni caso, agli eventuali ulteriori controinteressati” (lett. c.).

Viene inoltre introdotta una forma di notificazione collaborativa, prevedendo che il ricorso è notificato ai fini conoscitivi, alla sezione del controllo che ha emesso la delibera, avvallando indirettamente l’orientamento che nega la legittimazione della Sezione ad intervenire in giudizio Sezione del controllo non è parte né può intervenire nel giudizio[60].

Resta fermo il potere del P.M. di intervenire, come in tutti i giudizi a istanza di parte, nell’interesse oggettivo dell’ordinamento ma non come parte[61].

Sotto il profilo della parità delle armi è previsto che la sentenza che definisce il giudizio, regola le spese di giustizia e se del caso quelle di difesa sostenute dalle parti (art. 128. Comma 4).

Le decisioni sinora adottate dalle Sezioni riunite hanno, già, affrontato taluni problemi di diritto processuale, primo tra i quali l’assenza di violazioni del principio del giusto processo, sotto il profilo della carenza di un secondo grado di merito c secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale che nega che il doppio grado di giudizio sia una garanzia generalizzata a livello costituzionale o per effetto dell’adesione a convenzioni internazionali, restando impregiudicata la possibilità di impugnare le sentenze del giudice contabile con ricorso per motivi di giurisdizione dinanzi alla Corte di cassazione.[62] .

 

11 – Il rapporto tra giurisdizioni

A chiusura dell’analisi è opportuno fare cenno a due importanti problemi che sono un riflesso del modo di intendere il processo contabile e della sua stessa struttura cui si è fatto cenno.

Il principio guida che, ora, regola i rapporti tra giurisdizioni e relative azioni è nel senso che la giurisdizione civile e quella penale, da un lato, e la giurisdizione contabile, dall’altro, sono reciprocamente indipendenti nei loro profili istituzionali, anche quando investono un medesimo fatto materiale, e l’eventuale interferenza che può determinarsi tra i relativi giudizi pone esclusivamente un problema di proponibilità dell’azione di responsabilità; ne consegue che l’azione di responsabilità erariale prescinde dalle azioni civili o amministrative esercitabili (dalla stessa amministrazione danneggiata), e l’eventuale interferenza che può determinarsi tra tali giudizi, pone un problema di proponibilità dell’azione di responsabilità davanti alla Corte dei conti, nonché di eventuale osservanza del principio “ne bis in idem”, e non una questione di giurisdizione[63].

Non può realizzarsi, pertanto, una violazione del principio nec bis in idem, stante la diversità di oggetto e funzione tra giudizio civile e giudizio contabile, nemmeno nella ipotesi in cui sia intervenuta una sentenza civile risarcitoria, poiché la prima causa è finalizzata al pieno ristoro del danno, con funzione riparatoria ed integralmente compensativa, a protezione dell’interesse particolare della singola Amministrazione attrice, mentre l’altra è volta alla tutela dell’interesse pubblico generale, al buon andamento della P.A. e al corretto impiego delle risorse, con funzione essenzialmente o prevalentemente sanzionatoria[64].

Non si esclude, quindi, che, in base al criterio di indipendenza reciproca, che anche dopo l’avvio dell’azione di responsabilità, l’amministrazione possa promuovere l’ordinaria azione civilistica di responsabilità, per violazione della disciplina contrattuale del rapporto di lavoro privatistico coesistere con altre azioni inerenti al medesimo fatto illecito[65].

Tutto ciò, nell’attuale sistema basato su una pluralità di giurisdizioni, da un lato, rende recessiva la tesi della esclusività dell’azione del P.M. e dall’altro, determina un enorme disagio in chi deve subire in contemporanea o in contiguità più processi ad oggetto risarcitorio, ancorché teoricamente giustificabili, anche perché l’eventuale incoerenza tra avvenuto proscioglimento in sede penale e sussistenza della responsabilità erariale con riferimento alla medesima condotta è sottratta al sindacato della Corte di Cassazione, ricadendo pienamente nei limiti interni della giurisdizione contabile[66].

Nel vigente sistema di pluralità di giurisdizioni, infatti, è possibile che si realizzi un cumulo di illecito (o cumulo di antigiuridicità) nel senso che una medesima condotta può essere antigiuridica rispetto alla legge penale, civile ed amministrativa come, del resto ipotizza l’art. 28 Cost., e il concorso di antigiuridicità può essere omologo o eterologo, a seconda che gli illeciti plurimi di una medesima condotta appartengano al medesimo ramo o ai diversi settori del diritto, senza che tra i diversi tipi di responsabilità viga il divieto del né bis in idem[67].

Il Codice si è limitato a porre la regola minimale (art. 106) che il giudice ordina la sospensione del processo quando la previa definizione di altra controversia civile, penale o amministrativa, pendente davanti a sé o ad altro giudice, costituisca, per il suo carattere pregiudiziale, il necessario antecedente dal quale dipenda.

Rimane pertanto irrisolto il problema del rapporto tra azione di danno e costituzione di parte civile della p.a. in sede penale, non trovando applicazione, nel processo contabile, l’art. 75 c.p.p., secondo l’interpretazione della stessa Corte costituzionale[68], che pure aveva suggerito, quale rimedio di coordinamento, di applicare l’art. 538, in base a cui il giudice penale anche se pronuncia sentenza di condanna risarcitoria dovrebbe astenersi dalla liquidazione se di spettanza di altro giudice; nella stessa linea la Corte regolatrice ha riconosciuto che l’azione di responsabilità amministrativa per danno erariale, esperibile dal procuratore generale della Corte dei conti, non è preclusa dalla condanna generica al risarcimento del danno riportata dal soggetto passivo di essa in sede penale per lo stesso fatto[69]; la giurisprudenza penale, però, partendo dal principio di separatezza dei due giudizi. è ferma nel ritenere che il giudice penale non è tenuto ad applicare i criteri di calcolo (doppio dell’utilità o denaro illecitamente percepiti) propri del danno erariale all’immagine[70].

Resta quindi, aperta, anche con l’avallo della CEDU (sentenza Rigolio cit.), la problematica del doppio processo a finalità risarcitoria e del disagio e insofferenza di chi li subisce percependoli come ingiusti.

Sullo sfondo resta il paradosso del conflitto di interesse in cui può venire a trovarsi la p. a. quando, in alcuni processi, può assumere la duplice posizione di parte civile, contro il proprio dipendente, e di responsabile civile per i danni verso terzi. in base al principio di solidarietà espresso dall’art. 28 Cost.

 

12 – La tutela delle regole del giusto processo

In via di principio le violazioni dei principi costituzionali del giusto processo, quali quelli che riguardano il contraddittorio tra le parti, la loro parità di fronte al giudice, il ne bis in idem, l’esercizio del diritto di difesa o le regole sul procedimento istruttorio condotto dal pubblico ministero contabile o sull’acquisizione delle prove nel processo, al pari di tutti gli altri errores in procedendo, non sono inerenti all’essenza della giurisdizione (an) o allo sconfinamento dei limiti esterni di essa ma solo al quomodo in cui è stata esercitata[71].

Il rispetto dei principi del giusto processo, rimane quindi un fatto interno alla stessa giustizia contabile, non essendo previsto un controllo sul corretto esercizio della giurisdizione.

L’interpretazione delle regole appena introdotte e il loro adattamento al caso concreto resta affidata al giudice che molto spesso gode di ampia discrezionalità valutativa.

Rimane aperta la possibilità di sottoporre al giudizio di costituzionalità le disposizioni non ritenute coerenti con i principi costituzionale, e, come estrema via l’accesso pregiudiziale alla CEDU per una interpretazione conforme delle regole nazionali[72].

[1] Si riporta il testo dell’art. 6 che enuncia il Diritto a un processo equo: 1. Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l’accesso alla sala d’udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o parte del processo nell’interesse della morale, dell’ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la protezione della vita privata delle parti in causa, o, nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale, quando in circostanze speciali la pubblicità possa portare pregiudizio agli interessi della giustizia. 2. Ogni persona accusata di un reato si presume innocente sino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata.

  1. Ogni accusato ha diritto soprattutto a: a) essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico; b) disporre del tempo e dei mezzi necessari per preparare la sua difesa; c) difendersi personalmente o con l’assistenza di un difensore di propria scelta e, se non ha i mezzi per pagare un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d’ufficio, quando lo esigono gli interessi della giustizia; d) interrogare o far interrogare i testimoni a carico ed ottenere la citazione e l’interrogatorio dei testimoni a discarico a pari condizioni dei testimoni a carico; e) farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata nell’udienza.

[2] SANTORO, Il giusto processo contabile, in Foro amm. C.d.S. 2002, 554.

[3] CEDU 8 dicembre 1999 n. 698, in Giorn. dir. amm., 2000, 975, con commento di Solveig Cogliani.

[4] CEDU 5 ottobre 2000 n. 33804, in Giur. it., 2001, 1335, con commento di TEGA, Interessi legittimi e diritto ad un equo processo; la Corte europea dei diritti si addentra nei meandri della giustizia amministrativa italiana.

[5] CEDU 13 maggio 2014 n. 20148/09 (Rigolio /Italia) in www.rivistacorteconti 2014 /2

[6] Vedi anche SANTORO, L’illecito contabile e la responsabilità amministrativa, cit. seg.733.

[7] SANTORO, Dal giusto processo alla giusta azione, Intervento alla conferenza nazionale di Caserta del marzo 2000 su Le garanzie oggettive delle gestioni pubbliche, atti in Nuova Rass. 2001, n. 19, 2904; Id Terzietà del giudice e poteri sindacatori nel processo contabile, in Riv. C. Conti 2001, 4, 235. ODDI, Il “giusto processo” innanzi alla Corte dei conti, Napoli 2010, p. 131, sostiene che un giusto processo non può non esser tale nella sua interezza e quindi presuppone che sia altrettanto giusto il procedimento che lo precede.

[8] In siffatta partita il “morto” (amministrazione assente) gioca passivamente) l’attore (P.M.) può vincere ma non perde mai (dal punto di vista patrimoniale), il convenuto può non perdere ma non vince mai (se non per le spese), e l’amministrazione (il quarto giocatore virtuale) che vince o perde in ogni caso.

[9] SAITTA, Giusto processo e giudizio di responsabilità (nota 143), in Riv. C. conti, 2013, 5, 745.

[10] COSTANTINO, L’azione processuale contabile nell’assetto del giusto processo, in Amm cont. 2002, 10; RAIMONDO. Il giusto processo contabile, ivi 2002, 1, 29; OCCHIENA, il procedimento preliminare al giudizio dinanzi alla Corte dei conti, Napoli 2008, 117, GALEOTA A., Sul nuovo art. 111 Cost. e sul vecchio processo di responsabilità in www.corteconti.it.; VICECONTE, Il giusto processo contabile preso sul serio: giudizio contabile e fase pre-processuale, in C. cost. 2008, 2713.

[11] SAITTA, op. cit.

[12] VERDE, Il giudizio di responsabilità, amministrativa. Lineamenti di una riforma alla luce dei principi del giusto processo, Relazione al Convegno di Varenna del 2005 su Responsabilità amministrativa e giurisdizione contabile (a dieci anni dalle riforme), in atti Milano 2006, 283

[13] RISTUCCIA, Applicabilità dei principi del giusto processo al giudizio contabile, in Riv. C. conti, 2000, 3, 200.

[14] SAITTA, L’istruttoria del processo contabile nello spirito del novellato art. 111 della Costituzione, in Riv. C. conti, 2005, 6, 345.

[15] MADDALENA, Il principio del giusto processo e la graduazione della colpa nella responsabilità amministrativa, in Amm. cont. 2012, 1, 44, secondo cui spetta al giudice determinare quanta parte del danno economico dovrà ritenersi risarcibile costituendo la graduazione della colpa l’essenza del giudizio di responsabilità amministrativa, in coerenza con la sua nuova conformazione in cui i profili sanzionatori sarebbero accentuati rispetto a quelli risarcitori (cfr. C. cost. 17 luglio 1998 n. 272, in Riv. C. conti 1998, 4, 232 e 30 dicembre 1998 n. 453, ivi, 6, 196

[16] C. Cost., 4 luglio 2006 n. 261 e C. conti, sez. Puglia, 4 marzo 2002 n. 42/o., in Giust. amm., 2002, 680, con commento di PERIN, Alcune osservazioni in materia del giusto processo e differimento del termine per il deposito dell’atto di citazione nel processo contabile.

[17] C. conti, S.R., 7 dicembre 1999 n. 27/QM, in Riv. C. conti, 1999, 6, 61.

[18] CAPUTI JAMBRENGHI, I diritti della difesa nel processo contabile, in Amm. cont., 2004, 5, 557.

[19] C. cost., 4 giugno 1997 n. 163, in Riv. C. conti, 1997, 3, 223 e 28 luglio 1995 n. 415, ivi, 1995, 3, 165.

[20] C. cost., 4 giugno 1997 n. 163, in Riv. C. conti, 1997, 3, 223 e 28 luglio 1995 n. 415, ivi, 1995, 3, 165.

[21] C. cost. 19 novembre 2015, n. 235, in DeG 19 novembre 2015, in sede di conflitto di attribuzione.

[22] C. cost., 4 luglio 2006 n. 261, in Riv. C. Conti 2008, 5, 175, la questione era stata sollevata da C. conti, sez. Abruzzo, 28 giugno 2004 n. 56/o., in Foro amm. C.d.S. , 2004, 2704, con commento di ASTEGIANO, Pubblico ministero contabile e archiviazione dell’azione, ivi, 2706.

[23] C. cost., 27 luglio 1995 n. 115, in Riv. C. conti 1995, 4, 465, che ha negato la legittimazione del P.M. a sollevare questioni di costituzionalità

[24] C. cost., 19 gennaio 2007 n. 1, con riferimento agli art. 52, 53 e 54, del reg. proc. 13 agosto 1934 n. 1038.

[25] C. cost., 18 luglio 2008 n. 291, in Foro amm. C.d.S, 2008, 2001, con commento di SANTORO, L’assenza dell’amministrazione dei giudizi contabili

[26] Amplius, SANTORO, L’illecito contabile e la responsabilità amministrativa, Santarcangelo di Romagna 2011, 744.

[27] C. cost., 9 marzo 2007 n. 68,in Foro amm. C.d.S. 008, 797, con commento di SANTORO, La Corte Costituzionale ed il giusto processo contabile, che sottolinea come la Corte sembrasse aver parlato tacendo; SANTORO, Il potere sindacatorio del giudice contabile molisano scrutinato dalla Corte costituzionale, in Riv. giur. Molise Sannio 2007, 1, 18. Analogo esito ha avuto la questione della partecipazione delle parti e del P.M. nella camera di consiglio per la definizione agevolata in appello, spettando al giudice la verifica (C. cost 12 giugno 2007 183, in Riv. C. conti, 2007, 6, 275).

[28] Della esigenza di una ricostruzione unitaria del processo contabile si è incominciato a parlare all’indomani della riforma del 1994; si venano gli atti dl convegno di studi sul nuovo regolamento di procedura nei giudici davanti alla Corte dei conti del 27 marzo 1995, in Amm cont. n. 1/1996.

[29] L’art. 94 dispone: 1. Fermo restando a carico delle parti l’onere di fornire le prove che siano nella loro disponibilità concernenti i fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni, il giudice anche d’ufficio può disporre consulenze tecniche, nonché ordinare alle parti di produrre gli atti e i documenti che ritiene necessari alla decisione. 2. Il giudice può richiedere d’ufficio alla pubblica amministrazione le informazioni scritte relative ad atti e documenti che siano nella disponibilità dell’amministrazione stessa, che ritiene necessario acquisire al processo. 3. Il giudice può procedere in qualunque stato e grado del processo all’interrogatorio non formale del convenuto, assistito dal difensore se costituito. 4. Il giudice può ammettere i mezzi di prova previsti dal c.p.c., esclusi l’interrogatorio formale e il giuramento.

[30] SANTORO, L’iIlecito contabile, cit., 749; id. I nodi caldi della responsabilità amministrativa, in Amm. Cont,. 1999/1, 96.

[31] Nella precedente disciplina si riteneva che nel giudizio contabile operasse il criterio del libero convincimento del giudice che tuttavia enunciava sempre un giudizio di diritto utilizzando il giudizio di equità come fonte integrativa, cfr. STIPO, Profili costituzionali e presupposti sostanziali, Relazione al convegno sul nuovo regolamento di procedura, atti cit. 33.

[32] Se non può assumerli nella stessa udienza, il collegio fissa il termine entro il quale essi devono essere assunti e delega per la loro esecuzione uno dei componenti il collegio il quale procede con l’assistenza del segretario che redige i relativi verbali (art. 95, comma 2). Fuori dal territorio della regione, il collegio delega il presidente della sezione competente per territorio, con facoltà di subdelega ad altro giudice della sezione medesima.

[33] Già in precedenza (dopo la modifica dell’art. 111 Cost.) si riteneva che il principio del libero convincimento del giudice, proprio dell’ordinamento civile di cognizione, trovasse la sua massima estensione nel metodo acquisitivo volto alla ricerca della verità ma anche o il suo limite invalicabile nel principio della domanda e nella conseguente configurazione dei fatti risultanti dall’attività delle parti, cfr. TODARO MARESCOTTI L., Struttura del processo contabile e speciale sistema probatorio, in Riv. C. conti 2005, 6, 370.

[34] Era pacifico (C. Cost. 9 marzo 1989 n. 104, in Foro it. 1989, I, 1346) che il giudizio di responsabilità mutuasse le sue forme dal processo civile per quanto applicabili (art. 26 Reg. n. 1038 del 1933), con la vigenza, però, relativamente all’aspetto istruttorio, sia del principio dispositivo che di quello inquisitorio, con ampia possibilità di produzione di prove consentita a tutte le parti del giudizio e con la possibilità del giudice di integrare il materiale probatorio anche al di là delle allegazioni delle parti; la commistione era da porsi in relazione all’interesse che si persegue e alla finalità che il giudizio è diretto a realizzare, cioè la reintegrazione del pubblico patrimonio che era quella stessa che fondava il potere del Procuratore Generale di agire d’ufficio al di fuori ed anche contro le determinazioni dell’amministrazione ed anche dopo l’acquisizione dei visti e pareri degli organi amministrativi di controllo ed era possibile che la stessa Corte demandasse, se del caso, specifica attività istruttoria al Procuratore Il fondamento dell’ dell’imparzialità è stato a volte inquadrato nel sistema delle norme costituzionali relative al potere giudiziario ed ai diritti della difesa (C. cost. n. 92/1961), altre considerato connaturale alla stessa giurisdizione (sent. n. 198/1962, 432/1995 131/1995 e 177/1996) e infine è stato visto come un corollario del principio del giudice naturale (C. cost. n. 72/1976).

[35] C. cost., 7 novembre 1997 n. 326, in Riv. C. conti 1997, 6, 280 e 22 luglio 1998 n. 325, ivi 1998, 4, 236

[36] FERRO G., Imparzialità del giudice contabile ed interpretazione costituzionalmente conforme delle norme processuali: il caso della revocazione di sentenza per errore di fatto e di calcolo, in Amb. diritto, 2 luglio 2014.

[37] C. Conti, Sez. II, 26 agosto 2008 n. 262, in Riv. C. Conti 2008, 4, 112; nel processo amministrativo la regola della incompatibilità è stato ritenuta applicabile anche al giudizio di revocazione (Cons. St., A.P., 25 maro 2009 n. 2, in Foro amm. C.d.S. 2009, 642.

[38] SANTORO, L’illecito, cit. , 509; e 737 e dottrina ivi richiamata.

[39] C. cost., 15 febbraio 1991 n. 88, in Giur. cost. 1991, 586.

[40] La previsione dovrebbe ritenersi estensibile anche all’ipotesi di intervenuto controllo positivo sull’atto pregiudizievole (art. 17 comma 30 quater, D.L. n. 78/2009 conv. L. 10/ 2009).

[41] CORPACI, Il principio cardine del giudizio di responsabilità amministrativa, in atti Convegno di Varenna del 2005, cit. 293; SANTORO, Il giusto processo contabile, cit.

[42] C. Cost., 9 marzo 1989 n. 104, in Foro it. 1989, I, 1346. .

[43] PILATO, La formazione delle prove nei giudizi dinanzi la Corte dei conti, in Riv. C. conti, 2002, 1, 322; SCIASCIA, Manuale di diritto processuale contabile, Milano 2012, 178.

[44] C. Conti, S.R. 18 giugno 2015 n. 28/QM, in Riv. C. conti, 2015, 5. 237, aveva riconosciuto al destinatario dell’invito la facoltà di chiedere l’accesso agli atti istruttori richiamati.

[45] La disposizione recepisce l’orientamento giurisprudenziale condiviso dalla dottrina: Sez. Lazio 5 maggio 2008 n. 242, in Giur. cost. 2008, 2703, con nota di: VICECONTE, Il giusto processo «preso sul serio»: giudizio contabile e fase pre-processuale.

[46] C. Conti, Sez. Lazio, 5 maggio 2008 n. 242, cit.

[47] Sez. Lazio 5 maggio 2008 n. 242. cit.

[48] VERDE, op. cit. SANTORO, Il giusto processo contabile, cit.

[49] SANTORO, L’assenza dell’amministrazione nei giudizi contabili, cit.; APOLLONIO, La Pubblica Amministrazione nel processo di responsabilità amministrativa dinanzi alla Corte dei Conti: la “terza incomoda”, in Altalex giugno 2007; CORPACI, op. cit. VERDE, op. cit.; SAITTA, op. cit.; SALA, op. cit.

[50] Altra novità finalizzata a una maggiore aderenza ai principi del giusto processo è che il deposito (e non la presentazione) del conto costituisce l’agente dell’amministrazione in giudizio (art. 140, comma 3); il deposito, a sua volta, avviene dopo l’attestazione di parifica, a cura del responsabile del procedimento.

[51] Tra i giudizi a istanza di parte non è previsto quello di accertamento negativo di responsabilità, (di creazione pretoria), in cui la giurisprudenza più recente (Sez. Lombardia 11 febbraio2016 n. 13, in Riv. C. conti 2016, 1, 313) ha ritenuto ammissibile anche l’azione riconvenzionale del P.M. nella prospettiva di concentrazione e speditezza del giusto processo.

[52] CORPACI, op. cit.

[53] SANTORO, La soccombenza del pubblico ministero contabile nel ricorso per Cassazione per motivi di giurisdizione, commento a Cass. S.U. 13 dicembre 2007 n. 26111 – unico caso di dichiarata soccombenza del Proc. gen. C. conti), in Foro Amm. 2008, 728; AURIEMMA, Il pubblico ministero contabile nei giudizi innanzi la corte di cassazione, in Lex Italia, n. 1/2009; secondo cui la presenza del Pubblico Ministero contabile, in tutti indistintamente i giudizi per responsabilità amministrativa, è una presenza necessaria ed indefettibile, in quanto riferita ad un Organo intestatario e portatore, per volontà espressa nel diritto positivo, del cd. interesse all’attuazione della legge (che neppure coincide o si confonde con l’interesse sostanziale intestato all’Amministrazione danneggiata). E’ pacifico che non sia configurabile una soccombenza in senso tecnico processuale a carico della parte pubblica in funzione di p.m. in quanto ha la funzione di garantire la corretta applicazione della legge con poteri meramente processuali diversi da quelli svolti dalle parti (C. cost. 12 giugno 1967 n. 112, in Giur. cost. 1967, 1235 e 9 marzo 1989 n. 104, cit.)

[54] C. conti, S.R., 27 dicembre 2007 n. 12/QM, in Foro amm. C.d.S., 2007, 3556, con commento di SANTORO, La responsabilità amministrativa tra clausola generale e tipizzazione dell’illecito, ivi, 3565.

[55] Nel parere delle Sezioni Riunite (24 luglio 2016 n. 4) si sottolinea che la linea tracciata nel testo proposto è diretta a conseguire un punto di equilibrio tra esigenze di tutela dell’erario e rispetto delle garanzie difensive in ogni momento del procedimento giurisdizionale

[56] I casi attualmente previsti riguardano:

1) – sanzione pecuniaria in caso di grave e ingiustificato omesso deposito;

del conto giudiziale entro il termine fissato (art. 141, comma 3, c.g.c. e art. 45 T.U., n. 1234/1934);

2) – sanzione pecuniaria, parametrata a un multiplo (cinque volte) dell’indennità di carica a carico degli amministratori che hanno deliberato l’assunzione di mutui per spese diverse da quelle di investimento in violazione dell’art. 119 Cost. (art. 30, comma 15, l. n. 289/2002 ed art. 31, comma, 31, l. n. 183/2011);

3) – sanzione pecuniaria, in caso di elusione del patto di stabilità, fino ad un massimo di dieci volte l’indennità di carica per gli amministratori e fino a 3 mensilità del trattamento retributivo, per responsabile del servizio economico-finanziario (art. 20, comma 12, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv. l. n. 111/2011;

4) – sanzione pecuniaria pari a un minimo di cinque e fino ad un massimo di venti volte la retribuzione mensile lorda, a carico degli amministratori responsabili, in caso di rilevata assenza o inadeguatezza degli strumenti e delle metodologie di controllo interno da parte degli enti locali (art. 148 TUEL nel testo sostituito dall’art. 3 d.l. n. 174/2012);

5) – sanzione pecuniaria pari ad un minimo di cinque e fino ad un massimo di venti volte la retribuzione mensile lorda a carico degli amministratori responsabili di aver contribuito con condotte, dolose o gravemente colpose, sia omissive che commissive, al verificarsi del dissesto finanziario (art. 248, comma 5, TUEL);

6) – sanzione pecuniaria pari ad un minimo di cinque e fino ad un massimo di venti volte la retribuzione mensile lorda per i componenti del collegio di revisione degli e. l. riconosciuti (cor)responsabili del disseto finanziario (art. 148, comma 5-bis, TUEL);

7) – sanzione pecuniaria pari a due mensilità del trattamento retributivo a carico dei responsabili dei servizi degli enti locali che, senza giustificato motivo, non abbiano richiesto gli spazi finanziari necessari per il pagamento dei debiti di parte capitale, certi, liquidi ed esigibili, ovvero non abbiano proceduto, nei termini prescritti (art. 1, comma 4, d.l. 8 aprile 2013 n. 35, conv. l. n. 64/2013);

8) – sanzione pecuniaria di 100 euro al giorno di ritardo nella certificazione dei crediti in ritardo di pagamento (art. 6, comma 9, D.l n. 35/2013).

[57] Permane, tuttavia, l’obbligo di denuncia dei fatti i fatti dai quali, dai può derivare l’applicazione di sanzioni pecuniarie (art. 52, comma 3). Il testo contiene anche una disposizione sulla devoluzione alla giurisdizione della Corte dei conti dei giudizi aventi oggetto l’irrogazione di sanzioni pecuniarie (art. 1, comma 2).

[58] . Le nuove attribuzioni, pertanto, riguardano: 1) ricorso avverso la delibera sul piano di risanamento degli enti locali dissestati (art. 243-quater, comma 5, TUEL); 2) ricorso contro i provvedimenti di ammissione al fondo di rotazione (art. 243-quater TUEL); 3) ricorso contro gli atti dell’ISTAT per l’individuazione delle da inserire nel conto consolidato (art. 1, comma 169, l. n. 228/2012); 4) ricorso contro le delibere sulla certificazioni di attendibilità dei contratti aziendali delle fondazioni lirico-sinfoniche (art. 11, comma 19, d.l. n. 91/2013 conv. l. n. 112/2013); 5) ricorso contro le delibere sulla regolarità dei rendiconti dei gruppi consiliari delle Regioni (art. 1, comma 12, d.l. n. 174/2012, integrato dall’art. 33, d.l. n. 91/2014 conv. l. n. 116/2014).

[59] In via interpretativa, infatti, si è riconosciuto (Cass., S.U.., 22 luglio 2014 n. 16631, in www.cortedicassazione.it.) che sono impugnabili anche le deliberazioni accertative delle condizioni di dissesto, trattandosi di procedure indissolubilmente connesse, in quanto negano in radice la possibilità dell’ente locale di accedere alla procedura di riequilibrio finanziario, dando precedenza al procedimento alternativo volto alla dichiarazione di dissesto (C. conti, S.R., n. 24/2014 e 18/2015); la Corte di Cassazione, inoltre, ritenendo che la nuova attribuzione fosse espressione di un più generale ampliamento della funzione giurisdizionale della Corte dei conti: da intendersi ormai estesa all’intera area del controllo successivo, aveva in concreto riconosciuto non irragionevole farvi rientrare, per palese identità di ratio, anche i provvedimenti che negassero in radice la possibilità dell’ente locale di accedere alla procedura di riequilibrio finanziario (Cass., S.U. S.U., 19 marzo 2014 n. 5805, in Riv. C. conti 2014, 1, 335).
Le Sezioni Riunite, peraltro ha ammesso anche l’impugnabilità delle delibere di parificazione delle Sezioni regionali (S.R. n. 28 luglio 2014 n. 27, in Riv. C. conti 2014, 3, 235)), ma l’estensione non convince poiché la pronuncia, in funzione di ausiliarità, si inserisce nel procedimento di approvazione legislativa del rendiconto sullo schema proposto dalla giunta (entro il 30 aprile) i cui termini (31 luglio) non potrebbero essere ritardati dal frapposto ricorso.

[60] C. conti, S.R., 13 dicembre 2013 n. 9, in Riv. C. conti 2013, 5, 298. SANTORO, Manuale +di contabilità pubblica, Santarcangelo 2015, 796.

[61] C. conti, S.R., 24 marzo 2014 n. 5, in Riv. C. conti, 1, 145, che ha dichiarato manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell’asserita violazione dei diritti di difesa del P.M.-

[62] Corte conti, S. R., 18 aprile 2014, n. 12, e 24 marzo 2014 n. 5, ivi. 1, 145. TORANO V., Il ricorso in unico grado alle sezioni riunite della corte dei conti avverso gli atti di ricognizione delle amministrazioni pubbliche operata annualmente dall’ISTAT, in Dir. Proc. amm. 2015, 641; LUBERTI A., L’impugnazione di atti ricognitivi delle pubbliche amministrazioni secondo la lege di stabilità 20913, in Riv. C. conti 2013, 5, 571.,

[63] Cass. S.U. 28 novembre 2013 n. 26582 in www.cortecasazione.it, 20 ottobre 2014 n. 22114, in www.cortecasazione.it e 21/05/2014 n. 11229, in Foro it. 2015, 7-8, I, 2481

[64] Cass. S.U., 14 luglio 2015 n. 14632, in Riv. C. Conti 2015, 3, 523. Il principio del ne bis in idem è enunciato, per i giudizi penali, dall’art. 4 del protocollo addizionale n. 7 della convezione EDU, come identità del fatto, che sussiste, secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. un. 28 giugno 2005, n. 34655), quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona» ( C. cost. n. 129 del 2008). E’ stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p., nella parte in cui esclude che il fatto sia il medesimo per la sola circostanza che sussiste un concorso formale tra il reato già giudicato con sentenza divenuta irrevocabile e il reato per cui è iniziato il nuovo procedimento penale (C. cost. n. 200 del 2016). Per la CEDU (4 marzo 2014-Grande Stevens) il principio opera se i fatti addebitati si riferiscono materialmente a una medesima condotta. in base ad una concezione naturalistica del fatto, ma non di restringere quest’ultimo nella sfera della sola azione od omissione dell’agente.

[65] Cass. S.U., 7 gennaio 2004 n. 63, in DeG 2014, 24 marzo

[66] Cass. S.U. 27 gennaio 2016, n. 1515, in Foro amm. 2016, 264

[67] SANTORO, L’illecito contabile, cit.

[68]C. cost. 13 luglio 2007 n. 272, in Foro it. 2008, 2, I, 417.

[69] Cass., S.U., 6 luglio 2011, n. 1483, in Giust. civ., 2012, 130 e 7 gennaio 2014 n. 63, in Riv. C. Conti 2014, 3, 477.

[70] Cass. pen., VI, 29 gennaio 2016 n. 6659, in Riv. C conti 2016, 1, 408.

[71] Cass., S.U., 25 luglio 2011 n. 16165, in Riv. C. Conti 2011, 3, 385, 31 marzo 2015 n. 6493, in Foro amm. 2015, 1895,

[72] PINOTTI, Giusto processo avanti al giudice ordinario e contabile: questioni comuni, in Foro Europa, n. 3/2015.

 

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