IL NUOVO CODICE DEI CONTRATTI
NEL SISTEMA DI FINANZA E CONTABILITÀ PUBBLICA
del Prof. Pelino Santoro, Presidente On. della Corte dei conti
1 – Premessa
È noto che gli appalti e i contratti pubblici hanno un notevole peso sulla spesa pubblica e nel mercato. Secondo i dati comunitari, i soli appalti regolati dalle direttive rappresentano il 18% del PIL; in ambito nazionale la spesa complessiva di tutti i contratti si aggira sul 20% del PIL; secondo dati dell’ANAC, nel 2014 il valore complessivo dei contratti di importo superiore a 40.000 euro in tutti i settori (ordinario e speciale) si è attestato attorno ai 101,4 miliardi di euro; il settore degli appalti pubblici costituisce un mercato rilevante di grande importanza e costituisce uno dei più importanti aggregati della spesa pubblica che complessivamente raggiunge 130 miliardi di euro.
Nell’ordinamento generale il profilo finanziario dell’attività contrattuale ha preminente considerazione nel documento di programmazione economica, nella legge di stabilità, ai fini del conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica imposti dal patto di stabilità europeo e del giusto equilibrio del rapporto tra sviluppo dell’economia e contenimento della spesa, e negli strumenti di programmazione operativa ai fini della ripartizione e dell’accorto utilizzo delle risorse.
Il diritto comunitario, secondo una comunicazione interpretativa della Commissione CE (2006/C 179/02 del 23 giugno 2006), intende aiutare le amministrazioni aggiudicatrici, attraverso metodi di aggiudicazione aperti e concorrenziali idonei ad attirare una gamma più ampia di potenziali offerenti e a beneficiare di offerte più vantaggiose assicurando un uso, il più efficace possibile, del denaro pubblico che è di particolare importanza per gli esistenti problemi di bilancio.
Tale prospettiva rappresenta, non tanto l’abbandono dell’iniziale approccio preferenziale alla libertà di mercato in un’area comune, ma piuttosto la presa di coscienza che il corretto uso delle risorse pubbliche contribuisce al mantenimento degli equilibri di bilancio e al coordinamento delle politiche economiche, necessari per il sostegno della moneta unica europea; ciò non toglie che le regole comunitarie restino finalizzate non certo alla tutela dell’interesse egoistico delle singole amministrazioni pubbliche, bensì alla salvaguardia dei valori della concorrenza e quindi della libertà competitiva delle singole imprese.
Nel parere del Consiglio di Stato sul testo del nuovo codice (Comm. Spec. Comm. spec. 1 aprile 2016 n. 855) si riconosce (punto 1.a) che i contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture sono una voce particolarmente significativa della spesa pubblica, con una duplice implicazione, costituendo una leva importante della politica economica e sociale di un Paese, e si da atto che nell’approccio eurounitario, i contratti pubblici sono regolati nell’ottica di un’adeguata tutela della concorrenza e del mercato, al fine di abbattere le barriere nazionali, e nella prospettiva dell’uso dei contratti pubblici al fine di una corretta allocazione delle risorse comunitarie e di una crescita sostenibile.
La legge delega per il riordino indica, quale criterio direttivo (lett. bb, l. n. 11/2016), la razionalizzazione delle procedure di spesa con particolare riferimento alle fasi di programmazione e controllo. Lo stretto collegamento dell’attività contrattuale alla spesa pubblica è dimostrato (per esclusione) dalla disposizione, inserita nel nuovo codice (art. 20), che esclude espressamente dal suo ambito di applicazione la realizzazione di un’opera pubblica a totale cura e spesa di un soggetto privato.
Il codice, tuttavia, apparentemente non si interessa direttamente dei profili contabili e finanziari delle procedure contrattuali, se non in poche disposizioni di collegamento programmatico o che prevedono adempimenti formali di raccordo con altri organi istituzionali di controllo.
Tutta la disciplina, però, essendo attuativa delle direttive comunitaria, ne assorbe le finalità e i principi fondamentali, anche se non espressamente riprodotti.
2 – Riflessi delle direttive comunitarie sulla finanza pubblica
Con riguardo agli interessi economici e finanziari degli Stati nazionali, le direttive comunitarie enunciano, in particolare sono finalizzate a:
– garantire l’uso più efficiente possibile dei finanziamenti pubblici (considerando n. 2 Dir 2014/24/UE e n. 4 Dir. 2014/25);
– consentire alle amministrazioni aggiudicatrici di trarre pienamente profitto dalle possibilità offerte dallo strumento di acquisizione dinamica (considerando n. 63, Dir. 2014/24);
– agevolare un rapporto adeguato tra le risorse investite nel preparare l’aggiudicazione e il suo valore prevedibile. (considerando n. 109 Dir. 2014/24);
– garantire contemporaneamente la massima efficienza nell’uso dei fondi pubblici (Dir. 2014/23/UE – concessioni);
– eliminare le persistenti distorsioni del mercato interno e favorire altresì l’efficienza della spesa pubblica (considerando n. 4 Dir. 2014/23);
– assicurare un’utilizzazione ottimale dei mezzi finanziari mediante un’ampia concorrenza per quanto riguarda i prodotti, lavori o servizi di uso comune o pronti per l’uso che sono generalmente disponibili sul mercato (considerando n. 73 Dir. 2014/25);
– consentire alle autorità pubbliche di svolgere i compiti di servizio pubblico affidati loro utilizzando le loro stesse risorse (considerando n. 45 e art. 2 Dir 2004/23. – Concessioni).
Le direttive inoltre, presuppongono il coinvolgimento di risorse finanziarie pubbliche quando danno la definizione di organismo di diritto pubblico (finanziamento pubblico prevalente) e di impresa pubblica (influenza dominante per proprietà o partecipazione finanziaria).
3 – La spesa pubblica nel codice dei contratti
Il codice s’interessa più da vicino della spesa pubblica quando:
– dispone (art. 21, comma 3) che il programma triennale dei lavori pubblici deve contenere l’indicazione dei mezzi finanziari stanziati sullo stato di previsione o sul proprio bilancio, ovvero disponibili in base a contributi o risorse dello Stato, delle regioni a statuto ordinario o di altri enti pubblici.
– prescrive che il progetto di fattibilità deve farsi carico di indicare i limiti di spesa dell’infrastruttura da realizzare (art. 23 comma 6) e che il progetto definitivo contiene la quantificazione definitiva del limite di spesa (comma 7);
– prevede (art. 216. Comma 23) che i progetti preliminari relativi alla realizzazione di lavori pubblici riguardanti proposte di concessione, sono oggetto di valutazione di fattibilità economica e finanziaria;
– definisce (art. 201) gli strumenti di pianificazione e programmazione generale delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari per lo sviluppo del Paese;
– introduce strumenti di finanziamento e riprogrammazione delle risorse per le infrastrutture prioritarie, anche mediante project review (art. 202);
– prevede (art. 202, comma 6) meccanismi di definanziamento in coerenza con il Documento pluriennale di pianificazione, previsto dall’articolo 2 D.lgs n. 228/2011;
– indica modalità di natura prettamente contabile disponendo che le somme relative ai finanziamenti revocati ai sensi del presente articolo iscritte in conto residui sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, sull’apposito (art. 202, comma 7); e autorizzando il Ministro dell’economia ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio in termini di residui, competenza e cassa (comma 9);
– affida al RUP il compito di curare, in ciascuna fase di attuazione degli interventi, il controllo sui livelli di prestazione, di qualità e di prezzo determinati in coerenza alla copertura finanziaria e ai tempi di realizzazione dei programmi (art. 31, comma 4, lett. b);
– disciplina la tecnica di copertura finanziaria della spesa dei lavori di somma urgenza (art. 163, comma 4);
– definisce (art. 165) il rischio e l’equilibrio economico-finanziario nelle concessioni, prevedendo, tra l’altro, che l’eventuale riconoscimento del prezzo, sommato al valore di eventuali garanzie pubbliche o di ulteriori meccanismi di finanziamento a carico della pubblica amministrazione, non può essere superiore al trenta per cento del costo dell’investimento complessivo, comprensivo di eventuali oneri finanziari;
– prevede che nell’affidamento a contraente generale sia determinata la quota di valore dell’opera che deve essere realizzata con anticipazione di risorse proprie art. 194, comma 12);
– prevede che il contratto di partenariato è condizionato dalla disponibilità documentata di un finanziamento (art. 180, comma 7) e che il finanziamento può avvenire utilizzando idonei strumenti quali, tra gli altri, la finanza di progetto o il conferimento di asset patrimoniali pubblici e privati, fermo restando che la remunerazione del capitale investito è definita nel contratto (art. 182).
– istituzionalizza le centrali di committenza e le aggregazione di stazioni appaltanti, quali strumenti di efficientamento ed economia della spesa pubblica per prestazioni strumentali.
Il testo contiene disposizioni sui pagamenti e contabilizzazione (art. 105), sulle clausole revisionali (art. 106) e cauzioni (art. 93 e 103), reintroduce la possibilità di anticipazioni di prezzo (art. 35. comma 18), stabilisce la misura massima dell’eventuale prezzo/contributo della concessione (art. 165, comma 3), mentre rinvia a successive linee guida ministeriali per il controllo tecnico, contabile e amministrativo (art. 111).
4 – I riferimenti testuali alle materie contabilità
Oltre che i richiami impliciti a tematiche di finanza pubblica il codice si spinge a di disciplinare direttamente aspetti sicuramente rientranti nelle materie di contabilità pubblica secondo la tradizione storica e l’evoluzione concettuale che si deve alla Corte costituzionale.
Un primo approccio riguarda la ridefinizione del tipo di controllo esterno sui contratti segretati, per i quali il vecchio codice prevedeva (art. 17 comma 5) esclusivamente il controllo successivo da parte della Corte dei conti la quale si pronunciava, con un’unica relazione annuale, anche sulla regolarità correttezza ed efficacia della gestione.
Il nuovo testo, nel confermare la derogabilità della disciplina del codice per i contratti li riporta nel regime ordinario dei controlli preventivi sui contratti delle amministrazioni dello Stato (ex art. 3, lett. g, L. n. 20/1994), stabilendo (art. 162, comma 5, corrispondente all’art. 17 comma 5 del vecchio codice) che la Corte dei conti, tramite un proprio ufficio organizzato in modo da salvaguardare le esigenze di riservatezza, esercita il controllo preventivo sulla legittimità e sulla regolarità dei contratti di cui al presente articolo, nonché sulla regolarità, correttezza ed efficacia della gestione; viene tuttavia mantenuto il referto specifico al Parlamento entro il 30 giugno di ciascun anno .
Un richiamo implicito, ai controlli della Corte dei conti, e allo stesso tempo la conferma dell’assetto vigente disciplina in atto, è contenuto (ripetitivamente) negli articoli 32, comma 12 e 33, comma 2, laddove prevedono che il contratto è sottoposto alla condizione sospensiva dell’esito positivo, dell’eventuale approvazione e controlli previsti dalle norme proprie delle stazioni appaltanti; mentre il controllo preventivo della magistratura contabile opera solo oltre le soglia comunitarie, hanno una valenza sistemica sia il controllo della Ragioneria dello Stato sia quello del responsabile del servizio finanziario per gli enti locali.
Un altro punto che sfiora le materie oggetto di giurisdizione contabile ai sensi dell’art. 103 Cost. riguarda la conferma della previsione (corrispondente all’art.6 comma 13 D.lgs n. 163/2006) di un raccordo tra l’attività dell’ANAC e le altre autorità di controllo amministrativo e giurisdizionale, disponendo (art. 213, comma 6) che l’Autorità anticorruzione trasmetta i suoi rilievi agli organi di controllo e, se di rilevanza penale, alle competenti Procure della Repubblica e che, qualora dalla esecuzione dei contratti pubblici derivi pregiudizio per il pubblico erario, gli atti e i rilievi sono trasmessi anche ai soggetti interessati e alla Procura generale della Corte dei conti.
Non è stato riproposto, invece, l’obbligo rendicontazione gestionale, di incerta natura, a carico del responsabile del procedimento, già previsto dall’art. 10, comma 7, del Reg. n. 207/2010, che resta gradualmente abrogato.
I raccordi contabilità e finanza pubblica, però, vanno ben oltre i richiami ed i rinvii espressi, poiché il profilo finanziario dei contratti pubblici, rende inevitabile che tutta l’attività contratuale (nel codine e fuori dal codice) sia considerato fenomenologia spesa, da valutare in termini di contabilità sia finanziaria che economica; come gestione finanziaria resta soggetta ai controlli istituzionali nel duplice profilo di gestione del contratto e gestione per contratti, a prescindere dalla rilevanza del procedimento amministrativo che la sorregge, è oggetto di valutazione di efficienza, effettività ed economicità da parte dei controlli interni ed esterni; dal punto di vista economico, invece assume rilievo nel conto economico nazionale come grande voce delle spese finali necessarie per perseguire i fini istituzionali, e come spesa reale o dei consumi intermedi.
5 – Il raccordo tra procedura di gara con i programmi di spesa
La disposizione centrale che fa da anello di congiunzione tra procedimento amministrativo e procedure di spesa è il comma 1 dell’art. 32 (corrispondente al comma 1 dell’art. 11 del precedente codice) secondo cui le procedure di affidamento dei contratti pubblici hanno luogo nel rispetto degli atti di programmazione delle stazioni appaltanti previsti dal presente codice o dalle norme vigenti.
Il vincolo di rispetto programmatico posto dalla norma, presuppone a monte, esistenza di una fase programmatoria che costituisce il vero momento decisorio dell’intervento o commessa da realizzare di cui la delibera o determina di contrattare costituisce il primo atto di livello dirigenziale, a valenza interna, con cui si dà avvio al procedimento amministrativo di spesa.
Va che tenuto presente che i programmi, in genere, sono funzionali all’impostazione del documento di bilancio che ne assicura la copertura su base annuale o programmatica; è questa la ragione di fondo per cui la determinazione a contrattare (a meno di decisione extra ordinem, non deve più farsi carico, a pena di nullità (secondo il vecchio ordinamento degli enti locali) di indicare la copertura finanziaria, che tuttavia deve essere garantita e attestata, quale condizione di esecutività, dal responsabile del servizio finanziario .
5.1 – Eterogenesi pro-concorrenziale della c.d. evidenza pubblica
E’ noto che per evidenza pubblica si voleva intendere, in origine, il particolare procedimento amministrativo volto a dare evidenza alle ragioni di pubblico interesse per le quali si sono adottate certe decisioni e a controllarle, in modo da renderle idonee e funzionali all’esercizio dell’attività amministrativa istituzionale; le regole dell’evidenza pubblica e quelle della scelta del contraente secondo procedure di confronto delle offerte hanno assunto il significato di uno degli strumenti mediante i quali sono resi concreti nella organizzazione dell’attività della pubblica amministrazione e nel suo esercizio i valori dell’imparzialità e del buon andamento, enunciato nell’art. 97 Cost., ma allo stesso tempo tendono a conciliare l’interesse pubblico a scegliere il miglior contraente e quello del privato al libero accesso concorrenziale; l’esigenza di uniformare la normativa interna a quella comunitaria, sul piano della disciplina del procedimento di scelta del contraente, ha contribuito a determinare il definitivo superamento della cosiddetta concezione contabilistica, che qualificava tale normativa interna come posta esclusivamente nell’interesse dell’amministrazione, anche ai fini della corretta formazione della sua volontà negoziale.
Mentre nell’ordinamento contabile la concorrenza è finalizzata a un interesse egoistico (offerta migliore) della stazione appaltante, nell’ordinamento comunitario la concorrenza diventa un valore di mercato nell’interesse generale del conseguimento di uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile; la precipua finalità concorrenziale, costituisce, tuttavia un limite intrinseco alle direttive e al codice che di esse costituisce attuazione, tanto è vero che è mantenuta (art. 8) la specifica esclusione per le attività direttamente esposte alla concorrenza, tenendo conto del mercato geografico di riferimento.
Le direttive europee, tuttavia, non qualificano le procedure ma si limitano a richiamare i principi del trattato, mentre il testo del nuovo codice si sbilancia a richiamare, senza definirle, alcuni casi in cui è obbligatoria la procedura di evidenza pubblica.
L’evidenza pubblica, nell’accezione nazionale, sta a indicare non solo il confronto concorrenziale vero e proprio delle gare aperte o ristrette (evidenza pubblica in senso stretto), ma anche le procedure negoziate (senza pubblicità), che devono essere supportate da idonee e satisfattive motivazioni, tanto più stringenti quanto maggiore è il carattere derogatorio ed eccezionale della procedura; permane quindi la configurazione del procedimento d’evidenza pubblica quale criterio di collegamento tra l’autonomia negoziale e la funzione amministrativa alla cui realizzazione il contratto é strumentale.
Va anche ricordato che l’obbligo di rispetto delle procedure di evidenza pubblica costituisce (art. 133, lett. e, del c.p.a.) il criterio base per definire l’area della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ed è questa la ragione di fondo per auspicare che sia definito in maniera chiara ed incontrovertibile il rapporto tra il procedimento amministrativo di gara, cioè di tutta la fase pubblicistica, e la giustiziabilità immediata ed effettiva dei provvedimenti eventualmente lesivi di posizioni giuridiche di terzi.
La costituzione del rapporto rappresenta, invece, lo spartiacque fra le due giurisdizioni, quale primo atto appartenente a quella negoziale ordinaria.
La procedura di evidenza pubblica è intesa nel codice come confronto concorrenziale previa pubblicità mentre nei casi di procedura negoziata senza bando e di appalti in house, si parla di affidamento diretto; ciò non è senza conseguenza poichè, mentre nei confronti competitivi emerge un vantaggio economico indiretto per l’amministrazione negli altri casi è da dimostrare se e quale, sia il beneficio economico della organizzazione in house.
5.2 – Il rilievo economico degli appalti in house e dell’affidamento diretto
L’affidamento diretto ha assunto tecnicamente il significato di una procedura in deroga alla stesse procedure disciplinate dal codice, e perciò al di fuori dei sistemi e criteri tipizzati trattandosi di un appalto interno alla stessa amministrazione aggiudicatrice essendo un contratto di appalto ipotizzabile solo nei confronti di un soggetto terzo ipotizzabile un contratto secondo la formula.
La situazione che consente l’appalto in house è teoricamente e giuridicamente diversa da quella che consente l’affidamento diretto di un servizio (pubblico), che, nell’ordinamento nazionale rientra nello schema concessorio, per cui si dovrebbe parlare, più appropriatamente di concessione in house; anche secondo la corte comunitaria il principio che la conclusione di un contratto oneroso con un ente giuridicamente distinto non richiede l’appello alla concorrenza trova applicazione solo se l’amministrazione esercita un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi, mentre per la giurisprudenza amministrativa l’espressione “in house providing” identifica il fenomeno di “autoproduzione” di beni, servizi o lavori da parte della p.a., la quale acquisisce un bene o un servizio attingendoli all’interno della propria compagine organizzativa senza ricorrere a terzi tramite gara (cd. esternalizzazione) e dunque al mercato
Si sono richiamati questi precedenti per verificare la validità di quei principi originari nel nuovo codice e nelle direttive che lo ispirano.
Il codice enuncia il principio comune a tutti gli appalti e accordi tra enti pubblici (art. 5) che:
Una concessione o un appalto pubblico, nei settori ordinari o speciali, aggiudicati da un’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato, non rientra nell’ambito di applicazione del presente codice quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni; il codice conferma quindi il carattere derogatorio dell’appalto in house (melius appalto tra enti), estendendo (comma 2, art. 5) la deroga a quelle che, nell’ottica nazionale, sono ascrivibili a figure concessori.
Il codice si preoccupa, inoltre di definire (art. 192 e 5) un regime speciale degli affidamenti in house nei confronti di proprie società in house, prevedendo tra l’altro, un albo speciale presso l’ANAC, e una previa valutazione della congruità economica dell’offerta dei soggetti in house (art. 192, comma 2).
Dal nuovo quadro risulta evidente che, mentre nelle procedure di evidenza pubblica il principio utilitaristico (miglior risultato economico possibile) costituisce l’effetto di una procedura competitiva, per i casi di appalti in house o affidamento diretto, la convenienza e la congruità dell’operazione economica è affidata alla stessa amministrazione committente che è tenuta alla valutazione preventiva di congruità dell’offerta o del prezzo finale.
5.3 – La cooperazione finanziaria nel partenariato pubblico privato
Il partenariato c.d. contrattuale è visto favorevolmente quale strumento di collaborazione e cooperazione tra il partner pubblico e quello privato, soprattutto perché, in presenza di restrizioni di bilancio, risponde alla necessità di assicurare il contributo di finanziamenti privati al settore pubblico e di beneficiare maggiormente del “know-how” e dei metodi di funzionamento
Il codice ne ripropone la definizione, indica le tipologie che vi rientrano e richiama la decisone EUROSTAT sulla loro incidenza nei conti pubblici
Su un piano diverso si colloca il c.d. partenariato istituzionale finalizzato alla creazione di un’entità detenuta congiuntamente dal partner pubblico e dal partner privato con la missione di assicurare la fornitura di un’opera o di un servizio a favore del pubblico; il codice, come accennato, si limita a prevedere l’obbligo di una procedura di evidenza pubblica per la scelta del socio operativo e le condizioni per l’affidamento in house, mentre resta estranea la materia della costituzione dell’ente societario partecipato che è ora regolata dal recente D.lgs sulle società pubbliche
Nel partenariato contrattuale assume rilievo il piano economico finanziario-finanziari che tuttavia è finalizzato all’affidabilità del partner (concessionario, promotore finanziario), ai fini della valutazione della sussistenza di un ragionevole equilibrio economico finanziario quale presupposto per la corretta allocazione dei rischi (art. 180, comma 6).
6 – Il raccordo con le procedure d’impegno
La sequenza delle fasi procedimentali indicate dagli art. 32 e 33 del nuovo codice, a parte i rinvii agli ordinamenti propri delle singole stazioni appaltanti, rappresentano un’indispensabile chiave di lettura concettuale di nozione basilari dell’ordinamento contabile, quale, l’obbligazione giuridicamente perfetta, quale presupposto necessario per l’assunzione dell’impegno di spesa (concettualmente temporalmente distinto dalla copertura finanziari) e della nuova tecnica di imputazione basato sulla scadenza dell’obbligazione in relazione alla sua esigibilità.
Il nuovo sistema, pertanto, distingue la registrazione dell’impegno (che deve avvenire nel momento in cui l’obbligazione si perfeziona) dall’imputazione (che non può essere effettuata se non sull’esercizio in cui l’obbligazione viene a scadenza); in pratica, l’analisi contabile della rilevazione del fatto gestionale si scinde andando a verificare, oltre alla nascita dell’obbligazione giuridica, anche la sua scadenza; viene quindi introdotta una nuova fase di spesa, l’imputazione o reimputazione, che è configurata come la fase determinante e centrale affinché l’obbligazione si avvii a estinzione, sempre che il procedimento non subisca ritardi nei pagamenti, per scelte di politica di bilancio o inefficienze amministrative.
La fase dell’impegno, invece, che prima era la fase centrale determinativa del vincolo di destinazione, viene depotenziata al punto da essere annullata, se non inerente a un’obbligazione venuta a scadenza per esigibilità, per essere reimputata, quando si realizzeranno le condizioni di esigibilità; l’impegno contabile tradizionale subisce una vera e propria metamorfosi in due direzioni: la prima realizza una scissione temporale (registrazione/imputazione); la seconda limita la durata dell’impegno all’esercizio di competenza e l’impegno riguardante una obbligazione non venuto a scadenza viene annullato per essere reiscritto non più al capitolo bensì al fondo pluriennale nella macrovoce del corrispondente programma; l’impegno quindi perde la sua ultrattività correlata al trasferimento e gestibilità in conto residui fino all’eliminazione per perenzione.
La dottrina tradizionale ha sempre considerato l’attività amministrativa di diritto privato della p.a. una vicenda di spesa pubblica in quanto destinata a fronteggiare obblighi contrattuali in cui sono pubblici il denaro e i provvedimenti che ne consentono l’erogazione, al punto da considerare l’esistenza di un adeguato stanziamento in bilancio una condizione di legittimazione a intraprendere qualsiasi contrattazione; è inoltre pacifico che l’impegno della spesa a seguito del formarsi di un’obbligazione giuridicamente perfetta non è una mera formalità né un elemento accidentale, ma atto necessario a costituire un vincolo concreto di destinazione della somma.
7 – Le obbligazioni fuori bilancio
Tutti questi meccanismi o artifici contabili certamente non potevano essere contenuti nel codice di contratti, anche perché, alla fine, si è adottato un testo di mero (o quasi) recepimento obbligatorio delle direttive europee in scadenza.
Tutta la fenomenologia delle regole contabili, tuttavia, non può essere sottovalutata, e anzi deve essere ben tenuta presente nella contrattualistica pubblica anche con riferimento a manifestazioni negoziali giuridicamente e contabilmente anomale (per non dire patologiche), rappresentate dei debiti fuori bilancio e dai ritardi dei pagamenti.
Il debito fuori bilancio rappresenta giuridicamente un’obbligazione verso terzi per il pagamento di una determinata somma di denaro, assunta in violazione delle norme contabili che regolano i procedimenti di spesa, e perciò non giuridicamente perfetta né contabilmente valida.
La regolarizzazione di tali obblighi latenti, però, non è disciplinata in maniera uniforme; per lo Stato e gli enti locali; il riconoscimento avviene con atto amministrativo (rispettivamente decreto dirigenziale e delibera consiliare), mentre per le Regioni è richiesto (art. 73 D.lgs n. 118/2011 integrato dal D.lgs n. 126/201) che il riconoscimento debba avvenire, da parte dell’organo consiliare, con legge.
Si potrebbe dire che tali obbligazioni, fino a quando non vengano formalmente riconosciute sono fuori dal codice, ma ciò non toglie che il vulnus all’ordinamento, in punto di legittimità e trasparenza, è di gran lunga superiore, perché oltre a violare le regole contabili, obliterano, molto spesso in modo intenzionalmente elusivo, gli stessi principi basilari di evidenza pubblica, dando luogo a negoziazioni irregolari, che, fatta salva la speciale responsabilità diretta di chi ha consentite la prestazione (art. 191, comma 4, TUEL), potrebbero rientrare tra le ipotesi di inefficacia del contratto per grave violazione (omissione di pubblicità) e comportare, ove riconosciuti, sanzioni alternative e risarcimento per equivalente a terzi interessati (art. 123 e 124 c.p.a.), a carico della stazione appaltante.
La massa dei debiti fuori bilancio (circa un miliardo di euro per i soli enti locali nel 2014) costituisce, comunque, un elemento di instabilità per gli equilibri di bilancio che potrebbe, nei casi più gravi, preludere a potenziali situazioni di dissesto, spesso contabilmente dissimulate ed in ogni caso condiziona la pienezza dell’autonomia di spesa.
8 – Un’occasione mancata
In un recente convegno sul recepimento delle nuove direttive è stato autorevolmente ricordato che le dimensioni economiche del settore dei contratti pubblici, il gran numero di imprese e di operatori economici e finanziari coinvolti, la presenza di un numero rilevantissimo di amministrazioni avrebbero dovuto suggerire di non perdere l’occasione di tentare di rilanciare un settore vitale per l’economia, e di correggere un sistema normativo che si è rivelato troppo complesso e farraginoso, caratterizzato da un formalismo spesso paralizzante e per questa ragione capace, alla fine, non di assicurare l’efficienza ma di incrementare la litigiosità.
L’occasione è stata probabilmente mancata, proprio nella semplificazione della fase strettamente procedimentale, che, al di la dell’abbandono ”nominale” dell’istituto dell’aggiudicazione provvisoria, non solo non snellisce la procedure ma nemmeno semplifica il processo; si è dunque continuato sottovalutare il fatto che una certa organizzazione del procedimento di aggiudicazione finisca con il proiettarsi sul processo, favorendo una crescita espansionale ed una complicazione del contenzioso giurisdizionale.
Il codice dei contratti, avallando la coesitenza del modello contrattuale amministrativo con quello contabile, avrebbe dovuto dettare le basi per uniformare le procedure in coerenza alla tendenza all’armonizzazione dei sistemi contabili in materia di bilanci e di gestione della finanza pubblica.
Il codice, tuttavia, ha preferito seguire la via della delegificazione, ovvero di soft law, affidando (art. 213, comma 2) all’Autorità anticorruzione il potere di dettare linee guida, bandi-tipo, capitolati-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolazione flessibile, comunque denominati, anche al fine di garantire l’omogeneità dei procedimenti amministrativi e favorire lo sviluppo delle migliori pratiche; al medesimo scopo è compito della Cabina di regìa istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri esaminare le proposte di modifiche normative nella materia disciplinata dal codice al fine di valutarne l’impatto sulla legislazione vigente e garantire omogeneità e certezza giuridica.
Staremo a vedere fino a che punto tale strada sarà percorribile, ma l’importante è che si sappia con certezza, nell’ambito dell’autonomia contabile ed organizzativa delle stazioni appaltanti, “chi approvi e cosa approvi”, anche perché non è ancora chiarito se la “commissione di aggiudicazione” (secondo la nuova denominazione) sarà solo giudicatrice o anche aggiudicante.
Come nota di chiusura preme sottolineare come la strada dell’abrogazione e dell’accorpamento di tutta la disciplina contabile in materia contrattuale, rispondendo alla logica della separatezza dei corpi normativi, non appare coerente con il sistema dei conti europei, quale strumento fondamentale per analizzare la situazione economica di uno Stato membro e di trasparenza dei conti a livello regionale, inclusi i conti delle amministrazioni pubbliche, atteso che la definizione nazionale di tale comparto è stata attratta nelle materie di contabilità pubblica.
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