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Breve sintesi delle innovazioni nel nuovo codice della giustizia contabile

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Breve sintesi delle innovazioni nel nuovo codice della giustizia contabile

di Stefano Imperiali, Presidente di Sezione della Corte dei conti

 

  1. Sulla base della delega contenuta nell’art. 20 della legge n. 124 del 7.8.2015, è stato emanato il d.lgs. n. 174 del 27.8.2016, che ha approvato il “nuovo codice della giustizia contabile”([1]). Il provvedimento è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 7.9.2016 ed è entrato in vigore il 7.10.2016.

La legge delega aveva indicato vari “principi e criteri direttivi”, a volte confermativi di consolidate acquisizioni giurisprudenziali, a volte invece chiaramente innovativi.

In generale, era stato stabilito: le “norme vigenti” sul giudizio davanti alla Corte dei conti sarebbero state adeguate “alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori” e altresì coordinate “con le norme del codice di procedura civile espressione di princìpi generali” (lettera a dell’art. 20 cit.); le nuove disposizioni avrebbero disciplinato lo svolgimento dei giudizi “tenendo conto della peculiarità degli interessi pubblici oggetto di tutela e dei diritti soggettivi coinvolti” e osservando altresì i “princìpi della concentrazione e dell’effettività della tutela e nel rispetto del principio della ragionevole durata del processo anche mediante il ricorso a procedure informatiche e telematiche” (lettera b); sarebbero state disciplinate “le azioni del pubblico ministero, nonché le funzioni e le attività del giudice e delle parti, attraverso disposizioni di semplificazione e razionalizzazione dei princìpi vigenti in materia di giurisdizione del giudice contabile e di riparto delle competenze rispetto alle altre giurisdizioni” (lettera c).

 

  1. In attuazione della delega, la “digitalizzazione degli atti” e la “informatizzazione delle attività” sono state disciplinate richiamando, sostanzialmente: il d.lgs. n. 82/2005 per la “riferibilità soggettiva e l’integrità dei contenuti” dei “documenti informatici”; i “decreti” dell’art. 20 bis del d.l. n. 179/2012 e successive modificazioni per le “indicazioni tecniche, operative e temporali”; in via residuale, “le disposizioni di legge e le regole tecniche relative al processo civile telematico” (art. 6 del codice).

 

  1. Per la legge delega, occorrevariordinare la fase dell’istruttoria e dell’emissione di eventuale invito a dedurre in conformità ai seguenti princìpi: 1) specificità e concretezza della notizia di danno; 2) dopo l’avvenuta emissione dell’invito a dedurre, nel quale devono essere esplicitati gli elementi essenziali del fatto, pieno accesso agli atti e ai documenti messi a base della contestazione; 3) obbligatorio svolgimento, a pena di inammissibilità dell’azione, dell’audizione personale eventualmente richiesta dal presunto responsabile, con facoltà di assistenza difensiva; 4) specificazione delle modalità di esercizio dei poteri istruttori del pubblico ministero, anche attraverso l’impiego delle forze di polizia, anche locali; 5) formalizzazione del provvedimento di archiviazione; 6) preclusione in sede di giudizio di chiamata in causa su ordine del giudice e in assenza di nuovi elementi e motivate ragioni di soggetto già destinatario di formalizzata archiviazione” (lettera g). Era stata inoltre prevista l’unificazione delledisposizioni di legge vigenti in materia di obbligo di denuncia del danno erariale e di tutela del dipendente pubblico denunciante, anche al fine di favorire l’adozione di misure cautelari” (lettera h).

Orbene, nell’attuazione della delega è stato tra l’altro precisato, richiamando principi già definiti dalle sezioni riunite della Corte dei conti, che “la notizia di danno, comunque acquisita, è specifica e concreta quando consiste in informazioni circostanziate e non riferibili a fatti ipotetici o indifferenziati” (art. 51).

E’ stato precisato che l’obbligo di denuncia grava sui “responsabili delle strutture burocratiche di vertice delle amministrazioni”, sui “dirigenti o responsabili di servizi”, sugli “organi di controllo e di revisione” e sui “dipendenti incaricati di funzioni ispettive”([2]). Peraltro, è stato anche previsto un “onere di segnalazione” per i magistrati assegnati “alle sezioni e agli uffici di controllo” (art. 52).

Sono state precisate le attività istruttorie esperibili dal pubblico ministero: richieste di “documenti e informazioni”, “esibizione di documenti”, “audizioni personali di “soggetti informati”, “ispezioni e accertamenti diretti presso le pubbliche amministrazioni e i terzi contraenti o beneficiari di provvidenze finanziarie a carico dei bilanci pubblici”, “sequestro documentale” e “consulenze tecniche” (art. 55), “deleghe istruttorie” (art. 56), “procedimenti d’istruzione preventiva”, se sussiste “fondato motivo di temere che venga meno la possibilità di fare assumere in giudizio uno dei mezzi di prova, o in caso di eccezionale urgenza” (art. 64). Per converso, è stato espressamente stabilito che il pubblico ministero svolge anche “accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona individuata quale presunto responsabile” (art. 55).

E’ stato introdotto il principio di “riservatezza” delle “attività di indagine del pubblico ministero, anche se delegate”, “fino alla notificazione dell’invito a dedurre” (art. 57).

Se intende rispondere” su fatti “dai quali potrebbe emergere una sua responsabilità”, il soggetto sottoposto ad audizione deve essere avvertito che può essere assistito da “un difensore di fiducia” e la “prosecuzione dell’audizione” è “rinviata a nuova data” (art. 60).

L’“omessa o apparente motivazione dei provvedimenti istruttori del pubblico ministero” e altresì l’audizione assunta in violazione del diritto di difesa costituiscono ora “causa di nullità dell’atto istruttorio e delle operazioni conseguenti” (art. 65).

Successivamente all’invito a dedurre, il pubblico ministero non può svolgere attività istruttorie, salva la necessità di compiere accertamenti sugli ulteriori elementi di fatto emersi a seguito delle controdeduzioni” (art. 67).

Il giudice, quando accoglie l’istanza di proroga del termine per l’emissione dell’atto di citazione, che “non può essere presentata per più di due volte”, “fissa il termine finale della proroga e quello di comunicazione dell’ordinanza ai destinatari dell’invito a dedurre”. Avverso l’ordinanza è ammesso “reclamo alla sezione, nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione dell’ordinanza”. “La sezione decide in camera di consiglio con ordinanza non impugnabile” e all’udienza camerale può partecipare l’interessato (art. 68)([3]).

Il pubblico ministero dispone “l’archiviazione del fascicolo istruttorio” se “la notizia di danno risulta infondata” o non vi sono “elementi sufficienti a sostenere in giudizio la contestazione di responsabilità” (art. 69).

Il decreto di archiviazione, “debitamente motivato” e “vistato dal procuratore regionale”, è “comunicato al destinatario dell’invito a dedurre” (art. 69) e preclude la riapertura delle indagini, se non per “fatti nuovi e diversi successivi al provvedimento di archiviazione” (art. 70).

Dopo l’invito a dedurre, il suo destinatario “ha il diritto di visionare e di estrarre copia di tutti i documenti inseriti nel fascicolo istruttorio depositato presso la segreteria della procura regionale”. Può inoltre accedere ai “documenti ritenuti rilevanti per difendersi e detenuti dalle pubbliche amministrazioni, dagli enti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti e dai terzi contraenti o beneficiari di provvidenze finanziarie a carico di bilanci pubblici”: in caso di diniego o ritardo, può chiedere al pubblico ministero di acquisirli direttamente per “renderli disponibili presso la segreteria della procura regionale” (art. 71).

Il giudice designato “non fa parte del collegio che decide sul reclamo” contro l’ordinanza di conferma o revoca del decreto presidenziale di sequestro cautelare (art. 76).

Il pubblico ministero non può “procedere nei confronti di soggetto già destinatario di formale provvedimento di archiviazione, ovvero di soggetto per il quale, nel corso dell’attività istruttoria precedente l’adozione dell’invito a dedurre, sia stata valutata l’infondatezza del contributo causale della condotta al fatto dannoso, salvo che l’elemento nuovo segnalatogli consista in un fatto sopravvenuto, ovvero preesistente, ma dolosamente occultato, e ne sussistano motivate ragioni” (art. 83).

La citazione è “nulla” qualora non sussista corrispondenza tra i fatti indicati nella citazione stessa e gli “elementi essenziali del fatto esplicitati nell’invito a dedurre”, “tenuto conto degli ulteriori elementi di conoscenza acquisiti a seguito delle controdeduzioni” (art. 87).([4]).

 

  1. La legge delega chiedeva di “disciplinare esplicitamente le connessioni tra risultanze ed esiti accertativi raggiunti in sede di controllo e documentazione ed elementi probatori producibili in giudizio, assicurando altresì il rispetto del principio secondo cui i pareri resi dalla Corte dei conti in via consultiva, in sede di controllo e in favore degli enti locali nel rispetto dei presupposti generali per il rilascio dei medesimi siano idoneamente considerati, nell’ambito di un eventuale procedimento per responsabilità amministrativa, anche in sede istruttoria, ai fini della valutazione dell’effettiva sussistenza dell’elemento soggettivo della responsabilità e del nesso di causalità” (lettera p).

E’ stato pertanto stabilito che “il pubblico ministero dispone altresì l’archiviazione per assenza di colpa grave quando l’azione amministrativa si è conformata al parere reso dalla Corte dei conti in via consultiva, in sede di controllo e in favore degli enti locali nel rispetto dei presupposti generali per il rilascio dei medesimi” (art. 69)([5]).

 

  1. Secondo la legge n. 124/2015, doveva essere prevista una interruzione del termine quinquennale di prescrizione delle azioni esperibili dal pubblico ministero per una sola volta e per un periodo massimo di due anni tramite formale atto di costituzione in mora e la sospensione del termine per il periodo di durata del processo” (lettera d dell’art. 20).

Per conseguenza, il d.lgs. n. 174/2016 ha confermato l’idoneità interruttiva dell’“invito a dedurre” o di altro “formale atto di costituzione in mora ai sensi degli articoli 1219 e 2943 del codice civile”, ma con un duplice limite: “il termine quinquennale di prescrizione può essere interrotto per una sola volta” e al “tempo residuo” per raggiungere l’ordinario termine di prescrizione quinquennale si aggiunge un periodo massimo di due anni. Il “termine complessivo” non può eccedere pertanto i sette anni (art. 66 del d.lgs.).([6])

 

  1. Era stato previsto il riordino delledisposizioni processuali vigenti integrandole e coordinandole con le norme e i princìpi del codice di procedura civile relativamente ai seguenti aspetti: 1) i termini processuali, il regime delle notificazioni, delle domande ed eccezioni, delle preclusioni e decadenze, dell’ammissione ed esperimento di prove, dell’integrazione del contraddittorio e dell’intervento di terzi, delle riassunzioni anche a seguito di translatio, in conformità ai princìpi della speditezza procedurale, della concentrazione, della ragionevole durata del processo, della salvaguardia del contraddittorio tra le parti, dell’imparzialità e terzietà del giudice; 2) gli istituti processuali in tema di tutela cautelare anche ante causam e di tutela delle ragioni del credito erariale tramite le azioni previste dal codice di procedura civile, nonché i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale di cui al libro VI, titolo III, capo V, del codice civile” (lettera l).

Nell’attuazione della delega, sono stati disciplinati non solo il “sequestro conservativo prima della causa” (art. 74) e quello “in corso di causa e durante la pendenza dei termini per l’impugnazione” (art. 75), ma anche, opportunamente, il sequestro conservativo “in appello” (art. 76). E’ stata poi prevista la possibilità di presentare, in sostituzione di un sequestro conservativo “già disposto”, una “cauzione in denaro”, oppure una “fideiussione bancaria” (art. 81).

E’ stata vietata la “chiamata in giudizio per ordine del giudice”. Ed è stato poi stabilito che “quando il fatto dannoso costituisce ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale, tutte le parti nei cui confronti deve essere assunta la decisione devono essere convenute nello stesso processo”: “quando alcune di esse non siano state convenute, il giudice tiene conto di tale circostanza ai fini della determinazione della minor somma da porre a carico dei condebitori nei confronti dei quali è pronunciata la sentenza”. Soltanto qualora “nel corso del processo emergano fatti nuovi rispetto a quelli posti a base dell’atto introduttivo del giudizio, il giudice ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero per le valutazioni di competenza” (art. 83)([7]).

Chiunque intenda sostenere le ragioni del pubblico ministero può intervenire in causa, quando vi ha un interesse meritevole di tutela, con atto notificato alle parti e depositato nella segreteria della sezione” (pag. 85)([8]).

Nella citazione, è richiesta “l’individuazione del soggetto cui andavano corrisposte le somme a titolo di risarcimento del danno erariale” (art. 86)([9]).

Fermo restando a carico delle parti l’onere di fornire le prove che siano nella loro disponibilità concernenti i fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni”, il giudice può disporre consulenze tecniche; può ordinare alle parti di produrre atti e documenti; può chiedere alla pubblica amministrazioni informazioni su atti e documenti che siano nella sua disponibilità; può procedere all’interrogatorio non formale del convenuto; “può ammettere i mezzi di prova previsti dal codice di procedura civile, esclusi l’interrogatorio formale e il giuramento” (art. 94). Peraltro, il giudice pone “a fondamento della decisione” non solo “le prove dedotte dalle parti o dal pubblico ministero”, ma anche “i fatti non specificatamente contestati dalle parti costituite” (art. 95).

All’udienza di discussione, il giudice provvede sulle richieste istruttorie, disponendo l’immediata assunzione dei mezzi di prova ritenuti ammissibili e rilevanti”, nei modi disciplinati dal codice di procedura civile. Se i mezzi istruttori non possono essere assunti “nella stessa udienza”, viene data “delega per la loro esecuzione” a “uno dei componenti il collegio” (art. 96; v. anche l’art. 99).

Anche la prova testimoniale è assunta nei modi previsti dalla procedura civile. E “durante l’escussione del teste, le parti, per il tramite del presidente, possono formulare domande per ulteriormente chiarire gli articoli di prova” (art. 98).

E’ ora ammessa una motivata “rinunzia agli atti del processo” da parte del pubblico ministero, “mediante dichiarazione in udienza” e con effetto “solo dopo l’accettazione fatta dalla controparte nelle debite forme” (art. 110).([10])

Sono state precisate le ipotesi che comportano il rimborso “degli onorari e dei diritti spettanti alla difesa”, per l’esclusione di una responsabilità amministrativa per danno erariale: sono escluse, in sostanza, le sentenze di rito, ovverosia di dichiarazione di incompetenza, difetto di giurisdizione, prescrizione (art. 31)([11]).

 

  1. Era stata richiesta una disciplina delleprocedure per l’affidamento di consulenze tecniche prevedendo l’istituzione di specifici albi regionali, con indicazione delle modalità di liquidazione dei compensi, ovvero l’utilizzo di albi già in uso presso le altre giurisdizioni o l’avvalimento di strutture e organismi tecnici di amministrazioni pubbliche” (lettera i).

La delega è stata attuata precisando anche, tra l’altro, che i professionisti devono essere “iscritti negli albi di cui all’articolo 13 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile. Possono essere altresì incaricati di svolgere consulenza tecnica gli appartenenti alle strutture e agli organismi di pubbliche amministrazioni” (art. 23).

Il giudice che conferisce un incarico a un consulente iscritto in albo deve sentire il presidente della sezione e indicare nel provvedimento i motivi della scelta” (art. 2 delle norme di attuazione – allegato 2).

 

  1. Si richiedeva diridefinire e riordinare le norme concernenti il deferimento di questioni di massima e di particolare importanza, i conflitti di competenza territoriale e il regolamento di competenza avverso ordinanze che dispongano la sospensione necessaria del processo, proponibili alle sezioni riunite della Corte dei conti in sede giurisdizionale, in conformità alle disposizioni dell’articolo 374 del codice di procedura civile, in quanto compatibili, e in ossequio ai princìpi della nomofilachia e della certezza del diritto” (lettera n).

La delega è stata attuata riordinando e precisando precedenti disposizioni di legge o principi già definiti dalle sezioni riunite della Corte dei conti. Peraltro, per esigenze meramente organizzative è stato curiosamente stabilito (art. 11) che le sezioni riunite in sede giurisdizionale sono composte da magistrati “individuati all’inizio di ogni anno preferibilmente” (ma non solamente!) “tra quelli in servizio presso le sezioni giurisdizionali di appello”([12]).

La soluzione di questioni di massima” non può più essere deferita dalle sezioni giurisdizionali di primo grado, ma solo dalle sezioni d’appello, oltre che, come già previsto, dal “presidente della Corte dei conti” e dal “procuratore generale” (art. 114). Ove una sezione d’appello “ritenga di non condividere un principio di diritto di cui debba fare applicazione, già enunciato dalle sezioni riunite”, rimette a queste ultime, “con ordinanza motivata, la decisione dell’impugnazione” (art. 117)([13]).

Recependo un consolidato orientamento delle sezioni riunite della Corte dei conti, e comunque l’espressa indicazione in tal senso della legge-delega, è stata espressamente prevista la possibilità per le parti di proporre un “regolamento di competenza”, davanti alle stesse sezioni riunite, avverso l’ordinanza di sospensione del processo per il “carattere pregiudiziale” di altra controversia davanti ad altro giudice (artt. 11, 106, 119 e segg.).

 

  1. E’ stata proposta un’elencazione ricognitiva dei giudizi attribuiti alle “sezioni riunite in speciale composizione”: “nelle materie di contabilità pubblica”, e recependo qualche precedente giurisprudenziale, vi sono inserite anche tutte le “impugnazioni conseguenti alle deliberazioni delle sezioni regionali di controllo” (art. 11).

Questi “giudizi in unico grado” sono stati poi compiutamente disciplinati, tra l’altro prevedendo che il ricorso sia notificato “in ogni caso” anche al procuratore generale, “quale parte necessaria interveniente nel giudizio” (art. 127) nonché, “ai fini conoscitivi, alla sezione del controllo che ha emesso la delibera impugnata” (art. 124) e che chiaramente non è parte del giudizio.

 

  1. 10. Dalla legge delega, era stata anche prevista “l’introduzione, in alternativa al rito ordinario, con funzione deflattiva e anche per garantire l’incameramento certo e immediato di somme risarcitorie all’Erario, di un rito abbreviato per la responsabilità amministrativa che, esclusi i casi di doloso arricchimento del danneggiante, su previo e concorde parere del pubblico ministero consenta la definizione del giudizio di primo grado per somma non superiore al 50 per cento del danno economico imputato, con immediata esecutività della sentenza, non appellabile; prevedere che, in caso di richiesta del rito abbreviato formulata in appello, il giudice emetta sentenza per somma non inferiore al 70 per cento del quantum della pretesa risarcitoria azionata in citazione, restando in ogni caso precluso l’esercizio del potere di riduzione(lettera f).

Il nuovo codice ha attuato la delega precisando anche che la richiesta di rito abbreviato va presentata “a pena di decadenza nella comparsa di risposta” del convenuto e può anche essere formulata “per la prima volta in appello”, ma “contestualmente al gravame principale, incidentale o con la comparsa di costituzione e risposta nel giudizio di appello proposto dal pubblico ministero” (art. 130)([14]).

 

  1. Era stato altresì previsto che dovesse essere elevato il limite di somma per il rito monitorio” già disciplinato dall’art. 55 del r.d. n. 1214/1934, “prevedendo che esso sia periodicamente aggiornabile in base alle variazioni dell’indice ISTAT dei prezzi” (lettera e).

Questo “rito” è ora possibile “nei giudizi di responsabilità amministrativa e di conto, qualora emergano fatti dannosi di lieve entità patrimonialmente lesiva, ovvero addebiti di importo non superiore a 10.000 euro”. E “il limite” viene “aggiornato ogni tre anni in relazione alla variazione, accertata dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati” (art. 131).

 

  1. E’ stata prevista una nuova specifica regolamentazione per tutte le “fattispecie di responsabilità sanzionatoria pecuniaria”.

Il giudizio è promosso dal “pubblico ministero d’ufficio o su segnalazione della Corte nell’esercizio delle sue attribuzioni contenziose o di controllo”, con “ricorso al giudice monocratico previamente designato dalla sezione”, notificato “alla parte” (art. 133).

Quando accoglie il ricorso, il giudice emette decreto di condanna al pagamento della sanzione”, determinata “con riguardo alla gravità della violazione e all’opera svolta dall’agente per l’eliminazione, o l’attenuazione, delle conseguenze della violazione”. Peraltro, è prevista la possibilità di pagare “una sanzione ridotta”, entro un termine non inferiore a trenta giorni, di un importo “pari al trenta per cento della sanzione” inflitta dal giudice (art. 134).

Le parti possono proporre opposizione al collegio”, con ricorso depositato nella segreteria della sezione entro “trenta giorni dalla notificazione del decreto” (art. 135) ([15]).

 

  1. Il codice ha compiutamente disciplinato il “giudizio sui conti degli agenti contabili dello Stato e delle altre pubbliche amministrazioni secondo quanto previsto a termini di legge” (art. 137). Ed è stata anche prevista la tenuta “presso la Corte dei conti” di “una anagrafe degli agenti contabili”, “in apposito sistema informativo”.([16])

Il “deposito del conto” con “l’attestazione di parifica” da parte del “responsabile del procedimento” e della “relazione degli organi di controllo interno”, nella segreteria della sezione, “costituisce l’agente dell’amministrazione in giudizio” (art. 140).([17])

Il decreto di fissazione dell’udienza, a cura della segreteria, è comunicato all’agente contabile per il tramite dell’amministrazione da cui dipende, e al pubblico ministero” (art. 147)([18]).

 

  1. Il nuovo codice ha anche dettagliatamente disciplinato i giudizi pensionistici (artt. 151-171) Tra l’altro, è stabilito che “il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, è notificato al convenuto, a cura dell’attore, entro dieci giorni dalla comunicazione del decreto” (art. 155).

Anche per gli altri “giudizi ad istanza di parte” (artt. 172-176), “il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato all’amministrazione, o all’ente impositore, che ha adottato l’atto impugnato, a cura del ricorrente, entro dieci giorni dalla comunicazione del decreto” (art. 174)([19]).

 

  1. Per la legge delega, occorreva “ridefinire le disposizioni applicabili alle impugnazioni mediante rinvio, ove possibile, a quelle del processo di primo grado, nonché riordinare e ridefinire le norme concernenti le decisioni impugnabili, l’effetto devolutivo dell’appello, la sospensione dell’esecuzione della decisione di primo grado ove impugnata, il regime delle eccezioni e delle prove esperibili in appello, la disciplina dei termini per la revocazione in conformità a quella prevista dal codice di procedura civile in ossequio ai princìpi del giusto processo e della durata ragionevole dello stesso” (lettera m).

La delega è stata attuata richiamando ampiamente disposizioni e principi della procedura civile. Tra l’altro: è stata dettagliatamente disciplinata “la motivazione dell’appello”, sulla falsariga dell’art. 342 c.p.c. (art. 190); è stata esclusa in linea di principio la possibilità di ammettere “nuovi mezzi di prova” e “nuovi documenti in appello” (art. 194); è stato stabilito che “l’appello è dichiarato improcedibile anche d’ufficio” se “l’appellante non compare all’udienza di discussione” e nemmeno alla “successiva udienza” fissata dal collegio (art. 196).

E’ stato previsto un termine di “sessanta giorni” anche per proporre “la revocazione”, al posto del previgente termine di tre anni, chiaramente contrastante con la “ragionevole durata” del processo richiesta dall’art. 111 della Costituzione (art. 178).

 

  1. Per l’art. 20 della legge n. 124/2015, occorrevaridefinire e riordinare le disposizioni concernenti l’esecuzione delle decisioni definitive di condanna al risarcimento del danno, attribuendo al pubblico ministero contabile la titolarità di agire e di resistere innanzi al giudice civile dell’esecuzione mobiliare o immobiliare, nonché prevedere l’inclusione del credito erariale tra i crediti assistiti da privilegio ai sensi del libro VI, titolo III, capo II, del codice civile” (lettera o).

La delega non è stata realizzata ([20]) ed è stato invece previsto che “alla riscossione dei crediti liquidati dalla Corte dei conti, con decisione esecutiva a carico dei responsabili per danno erariale, provvede l’amministrazione o l’ente titolare del credito”. Peraltro, “il pubblico ministero, titolare del potere di esercitare la vigilanza sulle attività volte al recupero del credito erariale, può indirizzare all’amministrazione o ente esecutante, anche a richiesta, apposite istruzioni circa il tempestivo e corretto svolgimento dell’azione di recupero in sede amministrativa o giurisdizionale” (art. 214).

E’ comunque migliorato il “grado di preferenza” accordato al “privilegio per il credito erariale derivante da condanna della Corte dei conti sui beni mobili e sui beni immobili”, in applicazione dell’art. 2750 c.c. (art. 216).

 

  1. E’ stato disposto che “all’inizio di ciascun anno giudiziario, il presidente della sezione stabilisce i giorni della settimana e le ore in cui la sezione tiene le udienze di discussione”. E il “decreto” presidenziale “resta affisso per tutto l’anno presso ciascuna sala di udienza”.

Inoltre, “all’inizio di ogni trimestre il presidente della sezione determina con decreto la composizione del collegio giudicante per ogni udienza di discussione” (art. 7 delle “norme di attuazione del codice della giustizia contabile”)([21]).

 

  1. Occorreva anche “a) confermare e ridefinire, quale norma di chiusura, il rinvio alla disciplina del processo civile, con l’individuazione esplicita delle norme e degli istituti del rito processuale civile compatibili e applicabili al rito contabile; b) abrogare esplicitamente le disposizioni normative oggetto del riordino e quelle con esso incompatibili, fatta salva l’applicazione dell’articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile; c) dettare le opportune disposizioni di coordinamento in relazione alle norme non abrogate; d) fissare una disciplina transitoria applicabile ai giudizi già in corso alla data di entrata in vigore della nuova disciplina processuale”. Le disposizioni che hanno attuato la delega sul punto, in linea di massima ispirate al principio tempus regit actum, sono contenute nell’allegato 3 al codice.

[1] Lo stesso art. 20 della legge n. 124/2015 ha disposto, al comma 6, che “entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1, il Governo può adottare uno o più decreti legislativi recanti le disposizioni integrative e correttive che l’applicazione pratica renda necessarie od opportune, nel rispetto dei principi e criteri direttivi e della procedura di cui al presente articolo”.

Questa “procedura” prevede la stesura di uno “schema” per opera di una “commissione” presso il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri, i pareri sullo “schema” da parte delle sezioni riunite della Corte dei conti e poi delle “competenti Commissioni parlamentari”, la deliberazione del Consiglio dei ministri su proposta del Presidente del Consiglio.

[2] E’ opportunamente precisato che “le generalità del pubblico dipendente denunziante sono tenute riservate”.

[3] Le sezioni riunite della Corte dei conti (27/QM/1999) e la Corte costituzionale (261/2006) avevano invece ritenuto che fosse possibile una decisione in camera di consiglio, senza la partecipazione della parte privata.

[4] La nullità della citazione per mancata corrispondenza tra invito e citazione non è rilevabile “d’ufficio” (art. 90).

Va rilevato che “l’omessa audizione personale” del “presunto responsabile” che l’abbia chiesta comporta non la nullità, ma “l’inammissibilità della domanda” (art. 67).

Le varie innovazioni sulla fase preprocessuale introdotte dal codice, accentuatamente “garantiste”, indubbiamente non agevolano il difficile lavoro del pubblico ministero, ma sembrano prima facie nel complesso non irragionevoli. Lascia peraltro perplessi la precisazione che la nullità colpisce non solo gli atti istruttori privi di motivazione, ma anche quelli con una motivazione “apparente” (art. 65). Non sembra infatti azzardato ipotizzare che le difese dei convenuti lamenteranno spesso questa “apparenza”.

[5] Resta ferma l’analoga esclusione di una colpa grave prevista, per il caso del controllo positivo sull’atto dannoso per l’erario, dall’art. 17, comma 30 quater, del d.l. n. 78/1979 convertito nella legge n. 109/2009.

[6] E’ un’interruzione della prescrizione chiaramente “singolare”: può intervenire una sola volta e con effetti di durata comunque inferiore a quella dell’originaria prescrizione (cfr. invece gli artt. 2943 e segg. c.c.).

[7] Il divieto della chiamata in giudizio per ordine del giudice sembra opportuno, trattandosi di istituto di non frequente applicazione nel processo civile e di scarsa utilità in quello contabile: per giunta, di faticosa progressiva definizione in sede sia dottrinaria che giurisprudenziale. Sul punto, v. “L’ordinanza della Corte costituzionale n. 261 del 2006 e l’intervento iussu iudicis nel giudizio di responsabilità amministrativa”, in Rivista della Corte dei conti n. 5/2006.

Suscita invece qualche perplessità il riferimento al “litisconsorzio necessario”, poiché la chiamata in giudizio solo di alcuni dei possibili corresponsabili di un danno erariale di per sé non dovrebbe mai rendere inutiliter data la decisione comunque presa e poiché inoltre la conseguenza della violazione di un litisconsorzio necessario dovrebbe essere l’integrazione del contraddittorio come prevista dall’art. 101 c.p.c..

Eventuali corresponsabilità nella produzione di un danno erariale venivano peraltro già da tempo valutate incidenter tantum nella giurisprudenza contabile, sia pure disconoscendo giustamente qualsiasi litisconsorzio necessario.

[8] Sarebbe stato forse opportuno prevedere un’obbligatoria comunicazione all’amministrazione danneggiata dell’instaurazione del giudizio, per consentirle effettivamente il possibile intervento ad adiuvandum.

[9] Non saranno quindi più sufficienti le non infrequenti generiche richieste di condanna “a favore dell’erario” o simili.

[10] Si tratta di una condivisibile innovazione, che infrange il mito della c.d. obbligatorietà/indisponibilità dell’azione di responsabilità: un mito che peraltro curiosamente non vigeva per il giudizio in appello, ove era invece pacificamente ammessa la rinunzia al gravame da parte del pubblico ministero appellante.

[11] Lo stesso art. 31 ha disposto anche che “il giudice, quando pronuncia sulle spese, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento in favore dell’altra parte, o se del caso dello Stato, di una somma equitativamente determinata, quando la decisione è fondata su ragioni manifeste o orientamenti giurisprudenziali consolidati”.

[12] Sul punto, v. anche, in questa rivista, “Appunti sulla nomofilachia delle sezioni riunite della Corte dei conti in sede giurisdizionale”.

[13] Le sezioni riunite non si limitano quindi a decidere la “questione di massima”, come in precedenza ritenuto dalla giurisprudenza contabile. V. ancora “Appunti sulla nomofilachia …”.

[14] I limiti del 50 per cento e soprattutto del 70 per cento della “pretesa risarcitoria azionata in citazione”, rispettivamente per il primo e il secondo grado, renderanno probabilmente poco frequente l’applicazione dell’istituto.

[15] E’ stato notato come anche l’instaurazione di questi giudizi non debba essere comunicata all’amministrazione interessata, che pure è destinataria dei proventi della sanzione e potrebbe quindi essere interessata a intervenire nel giudizio. V. P. Santoro, “Il codice di giustizia contabile e il giusto processo”, in questa rivista.

[16] Una corretta tenuta dell’“anagrafe” sarà certamente determinante per assicurare al pubblico ministero l’effettiva possibilità di proporre il giudizio per resa di conto (artt. 141 e segg.) in caso di omessa presentazione del conto stesso da parte del contabile.

[17] Ai fini della costituzione in giudizio del contabile non basta quindi, come a volte in passato è stato ritenuto, il mero deposito presso l’amministrazione di appartenenza.

[18] In decreto non va comunicato all’amministrazione, come invece sarebbe opportuno per permetterle di valutare l’opportunità di un intervento adesivo.

[19] Nei giudizi a istanza di parte, è tuttora previsto l’ “intervento del pubblico ministero”, che secondo i casi “formula le sue conclusioni” o “conclude unicamente all’udienza” (art. 175).

[20] Sembrerebbe, prima facie, un’occasione persa. Ma evidentemente, è stato ritenuto che il pubblico ministero contabile non potesse agire per l’esecuzione di una condanna davanti al giudice civile e non potesse nemmeno interferire nelle scelte discrezionali dell’amministrazione danneggiata sulle modalità di esecuzione delle sentenze.

[21] Il “giudice unico” per i giudizi pensionistici, invece, “fissa ogni semestre il proprio calendario di udienze e, con proprio decreto, fissa la trattazione dei relativi giudizi” (art. 155).

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