Accademie e conservatori, un’eccellenza italiana trascurata
(introduzione al Convegno del 18 giugno 2015, organizzato dall’Associazione Italiana Giuristi di Amministrazione e dall’Unione degli artisti – UNAMS – Avvocatura Generale dello Stato – Sala Vanvitelli ) di Salvatore Sfrecola
Non sembri strano o fortuito l’incontro in questo Convegno di giuristi e di artisti perché entrambi mirano, in forme e con finalità diverse, all’armonia, dei diritti e dei doveri, gli uni, dei suoni e delle forme, gli altri, in una parola del bello.
Se, poi, dalla ricerca artistica passiamo alla funzionalità delle istituzioni finalizzate al perseguimento della promozione dello sviluppo della cultura, come si legge nell’articolo 9 della Costituzione, che riserva alle istituzioni del settore e alle accademie il diritto di darsi un ordinamento autonomo, secondo l’ultimo comma dell’art. 33, che si apre con l’affermazione che “l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento” è evidente che al giurista spetti il ruolo fondamentale di interrogarsi se e come la promozione,lo sviluppo e l’autonomia, il cui rilievo era già stato intuito dal legislatore ordinario nel 1899 (R.D. n. 108 del 2 marzo), che lasciava liberi la scelta dei metodi didattici pur nella unificazione dei programmi, abbia assunto nella realtà dei nostri tempi una concreta effettività. Effettività perché la cultura non ha solamente un valore in sé ma è una risorsa preziosa per questo Paese, come l’arte in genere, la storia o il paesaggio.
Per cui torna inevitabilmente di attualità la distinzione di Bobbio tra “politica della cultura” e “politica culturale”, la prima intesa come “politica degli uomini di cultura in difesa delle condizioni di esistenza e di sviluppo della cultura”, la seconda come “pianificazione della cultura da parte dei politici”, per cui il filosofo torinese riteneva solamente la prima in sintonia con i principi dell’ordinamento liberale, mentre la seconda rivela una volontà di asservimento di ciò che la Carta fondamentale dichiara essere espressione massima della libertà.
E, se è vero il messaggio che ci consegna il titolo del bel libro di Andrea Carandini, “Il nuovo dell’Italia ènel passato”, è evidente che anche il futuro del nostro Paese si alimenta della cultura che nel corso dei secoli ha accompagnato l’evoluzione del pensiero degli artisti in quel mosaico straordinario di esperienze unitarie e locali, preziosaespressione del genio e della fantasia della nostra gente come dimostra la varietà di poesia e musica,dalle Alpi al Lilibeo. Ovunque, infatti, nel corso dei secoli, fin dai primi del secondo millennio, le accademie musicali hanno avuto ad oggetto lo studio speculativo e l’arte pratica, specialmente quando, alla fine del XVI secolo cominciarono a chiamarsi appunto accademie, non solo le società che si occupavano di musica ma anche le riunioni di professionisti e amatori, i concerti privati e pubblici, le scuole di musica e anche alcuni teatri. Ben prima che a Roma la più importante accademia fosse la “Congregazione dei musici”, sotto l’invocazione di Santa Cecilia, fondata da papa Pio V nel 1566 e alla quale tu poi annesso il Liceo Musicale.
Ecco dunque che dei giuristi di elevatissima esperienza prendono atto, come si legge nel titolo del convegno, di questa eccellenza italiana e, Costituzione alla mano, ne approfondiscono i principi fondamentali in tema di cultura e rileggono leggi e regolamenti per capire se essi attuano in concreto la Carta fondamentale ovvero ancora si attende che quelle sagge intuizioni dei Padri Costituenti diano all’Italia ordinamenti e programmi adeguati all’istruzione e alla ricerca. All’Italia e, indirettamente, al mondo, perché queste eccellenze sono riconosciute come tali al di qua e al di là degli oceani, da quanti individuano nelle scuole italiane un riferimento imprescindibile per imparare e specializzarsi.Un’attrattiva, quella delle nostre istituzioni di alta cultura,per studenti e studiosi provenienti dai vari continenti, che spesso non risulta adeguatamente apprezzata a livello politico,quasi che l’interesse fosse solo dei docenti e degli studenti – la “politica culturale” di Bobbio – e non del Paese intero, perché chi si diploma in una scuola italiana si fa portatore della nostra cultura in terre lontane, è un ambasciatore dell’Italia nel mondo.
Purtroppo esigenze di bilancio,in un contesto di insufficienza delle risorse finanziarie destinate alle “politiche della cultura”, che non sempre sono state oggetto di adeguata comparazione con le necessità di altri settori, e senza che fossero apprezzati gli affetti riflessi della spesa, hanno penalizzato le istituzioni della cultura, tanto da far dire a Riccardo Muti, uno straordinario direttore d’orchestra,una icona della musica italiana nel mondo, che siamo di fronte ad “una situazione tragica e ignominiosa, siamo ormai all’uccisione squilibrata, vile, assurda della nostra identità nazionale”. Parole durissime, pronunciate pubblicamente in un’occasione straordinaria, quella della rappresentazione del Nabucco, l’opera risorgimentale per eccellenza,a Roma nell’ambito dei festeggiamenti dei 150 anni dell’unità d’Italia.Ed aggiungeva: “I signori del governo dovrebbero rendersi conto che la cultura anche economicamente può essere importantissima”. Una risposta a quanti, in più occasioni, avevano affermato che “con la cultura non si mangia”.
E per la verità va dato atto del Ministro Dario Franceschini, responsabile dei beni e delle attività culturali, cui opportunamente è stato associato il turismo, che di cultura si alimenta in misura rilevante, di aver ripetutamente rivendicato il valore economico del settore di governo a lui affidato. E non c’è dubbio che dalla valorizzazione del nostro patrimonio culturale e dalle iniziative che possono essere assunte nelle singole realtà locali, penso al recente concerto di Assisi, ma non solo, possano venire al nostro Paese stimoli per ulteriori flussi turistici con apporto significativo alla ripresa economica e all’occupazione.
Proviamo, dunque, con il contributo di eminenti giuristi, a fare il punto sulla situazione delle istituzioni di alta cultura musicali e coreutiche anche per immaginare ipotesi di riforma che possano assicurare il buon funzionamento dei conservatori e delle accademie, convinti che sia necessario un impegno significativo sul piano istituzionale e della individuazione delle risorse, in un contesto che consenta di trarre risultati positivi per questo importante settore della cultura, riconoscendo diritti e raccogliendo le aspettative di un settore di eccellenza. Aspettative preziose e indilazionabili.
Salvatore Sfrecola
[printfriendly]