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Sulla mutata natura del ricorso straordinario non si torna indietro.

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Sulla mutata natura del ricorso straordinario non si torna indietro.

del Prof. Avv. Pietrangelo Jaricci.

 

Con un recente parere (3.12.2014 – 10.6.2015) n. 03070/2013, la Sezione I^ del Consiglio di Stato torna ad occuparsi del ricorso straordinario e, più precisamente, dell’art. 37, comma 6, lett. s), del d.l. 6 maggio 2011, n. 98, convertito con legge 15 luglio 2011, n. 111, che ha introdotto, alla lett. e), dell’art. 13, comma 6 bis, del d.P.R. n. 115/2002, anche per il ricorso straordinario, il pagamento del contributo unificato, determinato nella misura fissa di € 600, poi elevata, dal 1° gennaio 2013, a € 650, ex art. 1, comma 25, lett. a), n. 3, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.

La Sezione è stata chiamata a pronunciarsi sulla riscossione del contributo unificato in caso di omesso o parziale pagamento dello stesso.

Pertanto, il quesito sottoposto al parere della Sezione concerne due profili connessi all’estensione del contributo unificato al ricorso straordinario: la competenza a verificare la regolarità del contributo versato e la possibilità di continuare a demandare all’Agenzia delle entrate gli adempimenti necessari per la riscossione coattiva, ricorrendo al procedimento previsto per l’imposta di bollo.

Ne consegue, secondo il parere in esame, che gli adempimenti connessi alla verifica della regolarità del contributo ed alla sua eventuale riscossione ben possono gravare sull’organo che ha adottato l’atto o sul Ministero competente per materia, a seconda che l’originale del ricorso sia stato depositato presso l’uno o presso l’altro.

Nel caso, poi, di presentazione del ricorso presso il Segretariato generale della Presidenza della Repubblica o presso l’Avvocatura dello Stato, entrambi organi non estranei alla sequenza procedimentale del gravame straordinario perché preposti, rispettivamente, ad assumere la decisione finale e ad assistere l’amministrazione centrale, gli adempimenti relativi alla verifica della regolarità del contributo unificato non possono che essere di competenza del Ministero direttamente coinvolto per materia, al quale il ricorso è di norma trasmesso per l’istruttoria.

Ad analoga conclusione, precisa ancora la Sezione, si perviene anche nel caso di impugnazione di provvedimenti emanati da enti non statali, in quanto il contraddittorio nei confronti di quest’ultimi deve essere comunque integrato d’ufficio a cura del Ministero istruttore e referente.

Ciò stante, con l’introduzione del contributo l’organo che ha emanato l’atto impugnato ed il Ministero sono direttamente investiti della responsabilità di verificare la regolarità del contributo versato e di avviarne la riscossione coattiva nel caso di omesso o insufficiente versamento.

Sennonchè, ad avviso della Sezione, l’inserimento della previsione del contributo unificato in sede di ricorso straordinario in un corpo normativo avente ad oggetto il ricorso giurisdizionale è avvenuto senza considerare la diversità della struttura e della natura del rimedio alternativo del gravame in via straordinaria.

La Sezione, quindi, ritenendo che le fonti normative appaiono imperfette, visto l’art. 58 del r.d. 21 aprile 1942, n. 444, ha disposto la trasmissione del parere al Presidente del Consiglio dei ministri.

Con altro parere del 26.11.2014 – 10.6.2015, n. 03162/2013, la medesima Sezione I^ è stata chiamata ad esprimere parere sull’applicabilità, anche ai ricorrenti in sede straordinaria: a) delle disposizioni di esenzione contemplate nell’art. 10 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115; b) delle disposizioni in materia di patrocinio per la difesa delle persone non abbienti (art. 74 cit. d.P.R. n. 115/2002); c) di qualsiasi altra disposizione dell’ordinamento che consente l’esenzione dal contributo predetto.

La Sezione, in via preliminare, ha evidenziato che al ricorso straordinario devono essere estese, per quanto possibile considerata la tipicità del rimedio, le regole generali per determinare la misura del contributo unificato in sede giurisdizionale, compresi i casi di esenzione previsti dal ricordato art. 10 del d.P.R. n. 115/2002, nonché la riduzione alla metà di tale contributo per le controversie in materia di pubblico impiego, dovendosi, in presenza di disposizioni di incerta applicazione, essere privilegiata l’interpretazione conforme a ragionevolezza.

Fondati dubbi sussisterebbero, invece, riguardo all’applicabilità al ricorso straordinario dell’istituto del patrocinio a spese dello Stato per i soggetti non abbienti.

Conseguentemente, la Sezione, ritenendo che le fonti normative in materia appaiono imperfette, ha parimenti disposto la trasmissione del parere al Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell’art. 58 del r.d. 21 aprile 1942, n. 444.

I pareri di cui trattasi si pongono sulla scia tracciata dal precedente parere della Sezione I^  2 – 16 luglio 2014, n. 1033/2014 (in Nuovo dir. amm., 2015, n. 2, 202 ss., con accurato, ma benevolo commento di L. Grassucci), che, ponendosi in contrasto con il recente innovativo indirizzo giurisprudenziale delle Sezioni unite della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato, ha ritenuto che il ricorso straordinario abbia ancora oggi mantenuto la sua originaria natura di rimedio amministrativo.

Ma la tesi che il ricorso straordinario abbia conservato natura amministrativa non è condivisibile, nonostante ricorrenti, nostalgici richiami al passato, specie dei sanfedisti del principio del “doppio grado”.

E’, a tal fine, sufficiente ricordare la ineccepibile sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 9 del 6 maggio 2013 che ripercorre le più significative novità legislative che hanno profondamente inciso sulla configurazione dell’istituto. Di conseguenza, l’innegabile mutamento dello scenario normativo ha definitivamente consacrato la natura sostanzialmente giurisdizionale del ricorso straordinario che costituisce attualmente estrinsecazione di funzione giurisdizionale e culmina in una decisione caratterizzata dal crisma dell’intangibilità, propria del giudicato.

D’altra parte, anche la Corte costituzionale, con sentenza n. 73 del 2 aprile 2014, ha evidenziato che la legge n. 69 del 2009 ha completamente modificato la disciplina del ricorso straordinario che, persa la propria connotazione puramente amministrativa, ha assunto innegabili caratteristiche funzionali e strutturali assimilabili a quelle tipiche del processo amministrativo.

Da quanto rilevato, discende che i dubbi espressi nei ricordati pareri della Sezione I^ del Consiglio di Stato non sembra abbiano ragione di sussistere, dovendo trovare applicazione, anche per il ricorso straordinario, norme e principi propri del processo giurisdizionale, pur se con adeguati aggiustamenti dovuti alle interferenze della burocrazia ministeriale, previste nell’iter procedimentale.

Invero, più che interventi sulla scarna disciplina presente nel codice del processo amministrativo, sarebbe anzitutto necessario – al fine di meglio razionalizzare il percorso tortuoso che il ricorso straordinario è costretto ad affrontare nei polverosi meandri dei palazzi della burocrazia – dare concreta ed integrale attuazione alle preziose soluzioni rinvenibili nel parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato 28.4.2009, n. 920/2009.

Comunque, sarebbe pure auspicabile che venissero concessi più confacenti spazi al ricorso straordinario nel codice del processo amministrativo: un codice claudicante, disorganico, ripetutamente manomesso, che la giurisprudenza sovente utilizza per assecondare velleitari opinamenti che palesemente collidono con la norma scritta.

 

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