Decreti-legge fra realtà e finzione: un ultimo caso … il convertito Decreto “Crescita”
del prof. Fabrizio Giulimondi
(Introduzione) Gli ultimi interventi di natura emendativa al disegno di legge di conversione del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (c.d. Crescita)[1] volti a sanare la situazione di grave indebitamento di Roma Capitale e di tutti gli altri comuni italiani che versano in situazioni finanziarie non dissimili, nonché ad impedire il rischio di cessazione delle rubriche radiofoniche di informazione della emittente radicale[2], possono destare dubbi di non poco momento sulla loro costituzionalità, in relazione all’art. 77 Cost. e agli arresti giurisprudenziali della Consulta in merito al margine di azione consentito al Parlamento nel convertire un decreto-legge.
Al fine di sanare questo dubbio occorre ripercorrere le “ragioni esistenziali” del provvedimento in parola, come esso sia stato configurato dai Costituenti e in che modo sia mutato il suo utilizzo a causa delle dinamiche istituzionali, sociali e politiche che negli anni ne hanno cambiato le fattezze.
La preziosa opera di cesello ermeneutico della Corte, nello scavare alla radice l’art. 77 Cost., ha posto, da un versante alcuni ostacoli all’abuso nell’uso della decretazione d’urgenza da parte del Governo, dall’altra una giusta “camicia di forza” ad un Parlamento che approfittava della sede legislativa di conversione per inserire nel tessuto connettivo dell’articolato emergenziale norme completamente estranee al suo significato originale, talora neanche coperte dalla contingibilità ed urgenza costituente l’unico presupposto legittimante questa azione normativa governativa.
Nel dipanarci in questa intrigante ricerca di squisito sentore costituzionale e parlamentare, si desidera rammentare all’attento lettore – cui si raccomanda l’esame oculato anche delle note – che la questione non è un incomprensibile “latinorum da legulei”, incidendo in rerum natura sulla vita di esseri umani in carne ed ossa.
In primo luogo, corre l’obbligo ricordare che l’impiego del sintagma “decreto-legge” è da ricondurre alla traduzione del corrispondente vocabolo francese décrets-lois, che trova origine, durante il c.d. “secondo impero” d’Oltralpe, nella Costituzione del 1852: ”Il diritto di ordinanza si affermò con quei caratteri che erano venuti man mano maturandosi, per via degli abusi, e l’imperatore poté emanare decreti organici i quali ebbero pur forza di abrogare le leggi, onde ebbero il nome di décrets-lois” [3].
Si consideri che già nel 1827 la Cour de cassation francese discettava di decréts che “obtenaient force de loi”[4].
Gli studiosi[5] si sono costantemente orientati nel senso di ritenere che la decretazione d’urgenza governativa non contrasti con il principio della separazione dei poteri: il decreto-legge, quale spostamento temporaneo di funzioni dal legislatore all’esecutivo, assume la funzione di garantire la vigenza normale del principio di appartenenza della funzione legislativa al Parlamento, essendo siffatto spostamento una vistosa deroga costituzionalmente prevista[6] [7].
(Decreto-legge reale e astratto, funzione politica e funzione tecnica) La massiva generazione di normativa emergenziale nel tempo ha mostrato la convivenza di due modelli: il decreto-legge ideale, astratto, consentaneo al dettato normativo costituzionale e, pertanto, legato a stringenti contingenze fattuali; il decreto-legge reale – che, poi, è quello effettivamente diffuso nella quotidianità istituzionale – sorretto da una mera opportunità o, al più, da una urgenza e necessità sì apprezzabili ma non improcrastinabili: in luogo di una urgenza “qualificata” pretesa dall’art. 77 Cost. è insorta un’urgenza di natura “politica”[8].
Allo sdoppiamento dei provvedimenti d’urgenza de quibus (quelli previsti in Costituzione e quelli forgiati dalla prassi consolidata politico-istituzionale) ha cercato di porre un argine il costante esercizio esegetico della Consulta, insieme all’opera di indirizzo, suggerimento e controllo del Presidente della Repubblica e dei Presidenti delle Camere.
La sentenza n. 360 del 1996[9] ha impedito la prassi di reiterare decine di volte i provvedimenti di urgenza che stavano per decadere per il decorso dei sessanta giorni senza il sopraggiungere della conversione: l’ultimo giorno prima della scadenza il Governo provvedeva a ripresentarli identici nel contenuto, protraendone la vigenza per lo stesso lasso temporale.
Nel quinquennio 1990-1995 la media mensile di decreti-legge era di trentaquattro, ossia uno al giorno[10], assumendo quest’ultimo l’abnorme primato di “fonte principale della produzione normativa di grado primario”, venendo ad “oscurare principi costituzionali di rilevanza primaria[11]”.
La Dottrina ha parlato di “scandalo”[12], “pratica cancerosa”[13], “frode alla costituzione[14]”, condividendo chi scrive in special modo le parole di Modugno: “(l’abuso del decreto–legge rappresenta) il fenomeno centrale che ha permesso la radicale modificazione della funzione del decreto-legge nel sistema delle fonti”[15]. La decretazione d’urgenza, invero, anche nel periodo successivo alla sentenza 360/1996, è stata adoperata come “modalità ordinaria attraverso la quale si producono norme primarie nel nostro ordinamento”[16]: il “legicentrismo” parlamentare voluto dal Costituente viene ad essere forzatamente sostituito da una convulsa e costituzionalmente illegittima attività governativa d’urgenza. Si sta realizzando una vera e propria trasformazione genetica della fonte prevista nell’ultimo comma dell’art. 77 Cost: un atto legislativo pensato dalla Costituzione per dare copertura a situazioni che per propria cogente indifferibilità abbisognano di un intervento normativo che soltanto il Governo può fornire, diventa un atto normativo inerente a situazioni prive dei presupposti costituzionali e disciplinabili dalla ordinaria legge parlamentare[17].
Centrale è la dicotomia tra funzione reale del decreto-legge e sua funzione teorica parametrata allo schema disegnato nell’art. 77 Cost così come interpretato dalla Corte.
Il decreto-legge, nella versione reale del suo ufficio, ha registrato la disinvolta approvazione da parte delle Assemblee, in sede di conversione, di emendamenti dotati di un contenuto del tutto eterogeneo rispetto al testo base. E ancora, a dispetto della sua natura di strumento contenente misure provvisorie atte a porre rimedio ad emergenze imprevedibili, il decreto-legge è divenuto fonte tipica di specifici “settori materiali”[18]: decreti – legge in materia di politica estera militare[19], che effettuano “manutenzione legislativa”, come il c.d. “decreto mille-proroghe”[20], ovvero fonte preferenziale di disciplina economica, in veste di strumento correttivo, integrativo, se non in parte sostitutivo, della legge di stabilità. In quest’ultimo ambito l’atto tende ad anticipare e a “blindare” la manovra economico-finanziaria contenuta nella ex legge finanziaria, per evitare eccessive diatribe che potrebbero portare distorsioni nei parametri fissati in sede unionale, in ragione del “mercanteggiamento” interno ad un sistema politico oramai tripolare. Il congelamento definitivo dell’intervento economico avviene “a valle” con l’apposizione della mozione di fiducia sul maxi-emendamento con il quale oramai, di prassi, il Governo riformula il testo al momento della conversione in sede parlamentare.
La funzione “politica” del provvedimento di urgenza travalica quella “tecnica”[21], il modello “astratto” è attratto da quello ”reale”, che lo rimodula per sovvertire il sistema parlamentare “legicentrico” concepito da un Potere costituente molto preoccupato di consegnare troppo potere all’Esecutivo e rasserenato da un prodotto legislativo fuoriuscito da un defaticante dibattito fra due Assemblee dotate di pari competenze.
Il rafforzamento del ruolo del decreto-legge è la cartina di tornasole dello spostamento dell’equilibrio fra Governo e Parlamento a favore del primo. In realtà, non solo il rafforzamento del decreto-legge ma la stessa inversione del rapporto fra decreto-legge e sua conversione parlamentare evidenzia tale rovesciamento di ruoli: il destinatario dei vincoli normativi ex art. 77 Cost. diviene il Parlamento; oggetto della norma è la limitazione del potere di convertire e non del potere di decretare; il potere legislativo è vincolato alle scelte governative quanto all’oggetto e al fine perseguito; la legge di conversione possiede una efficacia attiva depotenziata rispetto alla legge ordinaria, ridotta anche in relazione allo stesso decreto che converte, “ponendosi ad un gradino più basso nel sistema gerarchico delle fonti”[22]: per dirla con Zaccaria, una “fuga dalla legge”[23] che ha eroso il sistema concentrato sugli artt. 70 e 77, comma 2, Cost.
(Florilegio di decreti-legge) I decreti c.d. omnibus[24], qualificabili, secondo le perifrasi amate dalla giurisprudenza costituzionale[25], anche “multisettoriali”, “plurisettoriali”, “a contenuto plurimo e complesso”, “non sono esenti da problemi rispetto al requisito della omogeneità”[26]. Tale affermazione può sembrare un eufemismo, vista la elefantiaca, spesso confusa, mole di disposizioni del tutto eterogenee fra loro, se non persino con il titolo del provvedimento stesso.
I decreti “riforma”, che introducono norme a carattere ordinamentale, nulla hanno a che fare con la natura degli atti normativi de qua, vista la assenza di contingenza, proiettandosi nel lungo periodo e intervenendo in maniera strutturale sulle articolazioni ordinamentali, gravemente ledendo le prerogative parlamentari, costrette a convertirli in sessanta giorni, con la “cappiola” del maxi-emendamento e del voto della mozione di fiducia[27].
Interventi di natura ordinamentale non attinenti ad aspetti secondari devono nascere da procedure legislative ordinarie ex art. 70 e ss. Cost. La decretazione d’urgenza non potrebbe che deludere l’esigenza di attenzione pretesa dalla Carta costituzionale per l’adozione di “norme ordinamentali, che non possono essere interamente condizionate dalla contingenza, sino al punto di costringere il dibattito assembleare nei ristretti limiti tracciati dal secondo e terzo comma dell’art. 77 Cost. … Ben potrebbe essere adottata la decretazione di urgenza per incidere su singole funzioni degli enti locali, su singoli aspetti della legislazione o su specifici profili della struttura e composizione degli organi di governo, secondo valutazioni di opportunità politica del Governo sottoposte al vaglio successivo del Parlamento. Si ricava altresì, in senso contrario, che la trasformazione per decreto-legge dell’intera disciplina ordinamentale di un ente locale territoriale, previsto e garantito dalla Costituzione, è incompatibile, sul piano logico e giuridico, con il dettato costituzionale, trattandosi di una trasformazione radicale dell’intero sistema, su cui da tempo è aperto un ampio dibattito nelle sedi politiche e dottrinali, e che certo non nasce, nella sua interezza e complessità, da un ‘caso straordinario di necessità e d’urgenza’ ”[28].
I decreti ad efficacia differita-condizionata privano i provvedimenti dell’ontologico requisito della immediatezza, non più, quindi, self executing, entrando essi in vigore solo dopo l’emanazione di ulteriori atti. È palese l’ossimoro giuridico-legislativo: un atto normativo che nasce per entrare immediatamente in vigore, produce i propri effetti soltanto dopo l’adozione di altri decreti.[29] [30].
Si concorda, pertanto, con quanto detto dai giudici costituzionali nella decisione 220/2013: “Per questo motivo, il legislatore ordinario, con una norma di portata generale, ha previsto che il decreto-legge debba contenere «misure di immediata applicazione» (art. 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 «Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri»). La norma citata, pur non avendo, sul piano formale, rango costituzionale, esprime ed esplicita ciò che deve ritenersi intrinseco alla natura stessa del decreto-legge (sentenza n. 22 del 2012[31]), che entrerebbe in contraddizione con le sue stesse premesse, se contenesse disposizioni destinate ad avere effetti pratici differiti nel tempo”[32]; si fanno proprie, altresì, anche le conseguenze tratte da Di Maria: “non v’è tuttavia un chiaro appiglio costituzionale cui agganciare questo limite (l’”immediatezza”, ndr) che, dunque, non viene presentato come requisito di costituzionalità, bensì come indice di esistenza/inesistenza del presupposto: la mancanza di immediatezza…è indizio preciso e grave di evidente mancanza del presupposto; non è in sé il vizio, ma la prova di un vizio”[33] [34].
Assistiamo ad un uso palesemente distorto, abnorme, del decreto-legge: o le condizioni vi sono e si procede alla emanazione o non vi sono e annunciare la emananda deliberazione de futuro di un provvedimento emergenziale è un nonsense. Il decreto-legge o è emergenziale o non lo è. Provvedimenti d’urgenza privi dei presupposti costituzionali, mancanti degli elementi strutturali, emanati con un considerevole discrimen temporale fra la deliberazione e la sua entrata in vigore o, last but non least, annunciati mesi prima, sono intrinsecamente irrazionali, incongrui e illogici.
(Reazione dell’ordinamento alla morbilità istituzionale) A tale riguardo la Presidenza della Repubblica[35] e della Camera dei deputati[36] si sono mosse reiteratamente su questo percorso esegetico al fine di arginare l’uso sfunzionale del decreto d’urgenza, o , per meglio dire, l’adozione di atti che potremmo qualificare “decreti-legge simulacro” che, simulando un provvedimento emergenziale, in realtà dissimulano un atto legislativo ordinario reso massimamente quanto illegittimamente celere.
E’ la stessa Camera dei deputati a mettere nero su bianco le evidenziate anomalie nel rapporto sulla legislazione tra Stato, Regioni e Unione europea: “L’analisi effettuata sui decreti – legge emanati nel corso delle ultime legislature, a partire dalla XV, consente di mettere in evidenza come essi di muovono tra due polarità: da un lato continuano ad essere emanati decreti – legge in presenza di situazioni emergenziali (legate per esempio a catastrofi naturali o ad altre evenienze meno drammatiche); dall’altro, sono sempre più numerosi i decreti – legge con caratteristiche intersettoriali, chiamati ad agire su più fronti, la cui ratio unitaria è data teleologicamente dall’obiettivo di razionalizzare le spese e promuovere lo sviluppo o riforme ordinamentali. Tra i due estremi, si collocano molti atti di iniziativa governativa che assumono la veste di decreti-legge per poter usufruire di meccanismi comunicativi e procedurali più forti rispetto alle ordinarie iniziative legislative”[37].
Unicamente la prima categoria provvedimentale è coerente con il disposto dell’art. 77 Cost., mentre la necessità di una normazione rapida costituisce le fondamenta dell’azione sinergica dell’uso massivo delle altre tipologie di decretazione, “motorizzate” dalla apposizione della mozione di fiducia su maxi-emendamenti inglobanti l’articolato nella sua interezza, anche in virtù del supporto delle modifiche dei regolamenti parlamentari. Come ha scritto Lupo, “uno dei fili conduttori che emerge con maggiore chiarezza nelle modifiche intervenute nei regolamenti della Camera[38] e del Senato[39] nel corso degli anni ’80 e ’90 è proprio quello del rafforzamento del ruolo della maggioranza di governo e in parte dello stesso Governo in Parlamento”[40] [41].
(Motilità costituzionale) V’è una sostituzione, pertanto, della originaria cultura costituzionale con un’altra, che “spinge le istituzioni, le procedure, le mediazioni parlamentari ai margini dello Stato, intesa come machina legislatoria[42]”, verso un disequilibrio di poteri a favore dell‘Esecutivo a fronte di una fatale perdita di centralità della nomopoietica delle Assemblee[43]. È l’elemento della “velocità” e della “rapidità” decisionale – richiesto non solo da esigenze interne all’ordinamento, ma anche da istanze unionali e internazionali – che spinge in direzione di un decreto-legge, non più sagomato sulla disciplina costituzionale, bensì “reale”, forgiato: dagli interventi espliciti e dal “dietro le quinte”[44] presidenziali sulla inarrestabile attività governativa decretativa d’urgenza; dalla azione modulatrice e impeditiva della Corte Costituzionale; dall’opera espansiva dell’Esecutivo; dal tacito assenso del Parlamento a tale espansione, Parlamento che spesso[45] ha utilizzato il disegno di legge di conversione come “cavallo di Troia” per insinuarsi in sede emendativa fra le sue pieghe e inserirvi modifiche, anche completamente estranee al testo originario[46]; dall’uso e dall’abuso da parte del Consiglio dei Ministri della apposizione della mozione di fiducia su testi riformulati in maxi-emendamenti, complessi anche sotto una visuale di tecnica legislativa; dagli stessi Ministri che, al pari dei parlamentari, approfittano della presentazione di un decreto-legge da parte di uno o più colleghi per collocarvi disposizioni che altrimenti dovrebbero aspettare altra sede normativa e altro momento (qualificabili “decreti-legge a struttura plurima e complessa”)[47].
(Rapporti fra decretazione e legislazione di conversione) Immediata applicazione, specificità[48], omogeneità[49] e corrispondenza al titolo sono le ancore costituzionali, legislative, giurisprudenziali e istituzionali per la immissione nell’ordinamento del plesso decretazione d’urgenza/legge di conversione esistenzialmente, contenutisticamente e teleologicamente coerente con l’art. 77 Cost.
A queste ancora va aggiunto il presupposto fondante la medesima esistenza del decreto-legge, ossia i requisiti di necessità e urgenza che devono presiedere non solo l’atto al suo sorgere, ma anche il disegno di legge di conversione nel divenire legge. I requisiti di necessità e di urgenza sostanziano la ragione stessa del decreto anche nella sua metamorfosi in legge, requisiti che devono essere obbligatoriamente presenti anche nei nuovi contenuti introdotti nel disegno di legge in forza degli emendamenti e subemendamenti. Il disegno di legge di conversione è rispettoso della Costituzione se contestualmente possieda, in ogni sua porzione, oltre i caratteri della immediata applicazione, della specificità, della omogeneità e corrispondenza al titolo, anche, come dato ontologicamente essenziale e primario, il presupposto della straordinarietà, necessità e urgenza[50]. Non solo. È doveroso scrutinare il momento del verificarsi delle insorgenze improcrastinabili e necessitate. L’elemento cronologico può determinare, difatti, l’illegittimità costituzionale delle prescrizioni inserite nel testo del disegno di legge di conversione per volontà parlamentare o governativa: se il nuovo contenuto è correlato ad esigenze sopravvenute successivamente alla approvazione nel Consiglio dei Ministri del decreto e possieda congiuntamente gli elementi della immediata applicazione, della specificità, della omogeneità e della corrispondenza al titolo, è certamente legittimo ex art. 77 Cost.; diversamente, qualora le esigenze straordinarie di necessità e di urgenza siano già sussistenti al momento della adozione del provvedimento e, nonostante ciò, il Governo non abbia ritenuto di includere ulteriori determinazioni nel decreto-legge, sono da ritenersi costituzionalmente illegittime quelle aggiunte in costanza di conversione. Il presupposto di necessità e di urgenza già esisteva al momento della approvazione del decreto e il mancato inserimento in questo di soluzioni idonee costituisce una scelta giuridica e politica solo e soltanto del Governo. La situazione viene congelata al momento della emanazione del provvedimento, stella giuridico-temporale di riferimento del conseguente lavoro parlamentare a cui non è affatto consentito di innovare il suo contenuto in modo quantitativamente e qualitativamente eccessivo, drastico o dirompente. Il decreto-legge è una opzione normativa governativa dettata rebus sic stantibus: l’Esecutivo stabilisce in quali termini e con quali modalità si possa risolvere una situazione incanalata nei binari dell’art. 77 Cost, mentre il Parlamento (sede “naturale” della funzione legislativa) possiede il compito di fare propria questa decisione, apponendovi, se del caso, correzioni, migliorie ed integrazioni, nei sopra delineati rigorosi confini, ovvero di opporvisi, entro l’invalicabile spatium temporis di sessanta giorni[51]. L’inclusione in sede di conversione di scelte che potevano già essere previste nel testo originario – già discusse apertis verbis sui mass media e coperte dalle condizioni di necessità e di urgenza – partorisce una indiscutibile illegittimità costituzionale: qualora la “sopravvenienza contenutistica” sia voluta dall’Esecutivo (emendamento o subemendamento presentato dal Governo), per violazione del dovere costituzionale del Governo di prevedere la soluzione già nel decreto, non essendo il “ripensamento” in linea con l’ “urgenza costituzionale” [52] che gli impone risoluzioni immediate a contingenze necessitate; se la “sopravvenienza contenutistica”, invece, sia voluta dal Parlamento (emendamenti e subemendamenti presentati dai parlamentari, dalle Commissioni e dai relatori), per aver travalicato gli angusti orizzonti sopra raffigurati, del tutto inidonei a consentire su istanza del due rami del Parlamento l’approvazione di statuizioni legislative corpose, ben lungi da quelle permesse, consistenti in mere integrazioni e puntualizzazioni di quanto demarcato in precedenza dal Governo. Al Parlamento è impedito di individuare decisioni che avrebbero dovuto essere indicate e fissate dal Governo, unico e autentico depositario della responsabilità politica del decreto-legge. I parlamentari, quindi, possono senz’altro svolgere su di esso un’opera di normazione incentrata sulla limatura ed il miglioramento, ma certamente non di surroga della propria volontà a quella dell’Esecutivo.
(Decreto Crescita) Tornando all’overture si ha in animo di affrontare i dubbi sopra accennati in merito ai considerevoli interventi emendativi operati sul decreto-legge 34/2019, nella fase di sua conversione[53], presentati dai relatori, limitatamente al c.d. “Salva Roma”[54], e da un folto gruppo di deputati del PD[55] sul c.d. “salvataggio di Radio Radicale”[56].
Questi emendamenti di origine parlamentare – anche se, come è di consuetudine, concertati dal Governo, nel primo caso, e da una parte di esso, nel secondo – sono compatibili con la Carta?
La legge di conversione – come alcuni Autori hanno ben voluto mettere in evidenza e di cui si è reso edotto il lettore nelle pagine precedenti – è posizionata nella scala gerarchica delle fonti di diritto in un gradino più basso rispetto a quello della decretazione di urgenza: essa esercita una funzione ancillare, strumentale, complementare al decreto-legge cui segue per stabilizzarne gli effetti giuridici, rendendone permanente la disciplina, eventualmente rimodulando i contenuti, senza sovvertirli o stravolgerli aggiungendo ampie parti di “sostanza normativa “ che il Governo, pur potendolo fare[57], non ha ritenuto opportuno introdurre.
(Conclusioni) La “Grande Riforma” onnicomprensiva e palingenetica della Costituzione – come le esperienze Berlusconi[58] e Renzi[59] ci insegnano – stenta a spiccare il volo. Occorre saggiamente interrogarsi se sia giunto il tempo di pervenire ad una “mini-riforma” dell’art. 77 Cost[60], procedendo alla costituzionalizzazione della annosa, puntuta ed estesa opera ermeneutica dei giudici della Consulta in subiecta materia. È giunto, forse, il tempo di adeguare l’astratto, il virtuale, il fittizio, la forma, alla dimensione del reale, della sostanza, della materia, dell’esistente fatto di carne e sangue: “Dum differtur, vita transcurrit”[61].
^ Mi corre l’obbligo e il piacere di ringraziare l’antico amico Duilio Monteleone per la paziente e competente collaborazione nello “scovare” ogni arzigogolo normativo rintracciabile nei sempre più astrusi alambicchi legislativi.
[1] “Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi”, pubbl. in GU n. 100 del GU 30-4-2019; oramai nel linguaggio governativo, parlamentare e giornalistico è in uso da tempo accompagnare le coordinate individuanti un decreto-legge con una locuzione avente il precipuo compito di sintetizzare il contenuto finalistico dell’atto normativo stesso (ex multis, oltre questo in corso di esame, il Decreto “Dignità”, “Sicurezza”, “Salva Italia”, “Cresci Italia”, et alia): la semantica, affasciata inscindibilmente all’elemento normativo-giuridico, acquista una possente valenza comunicativa politico-istituzionale.
[2] In questo lavoro working in progress chi scrive si è voluto concentrare particolarmente su questi due testi di natura emendativa (e subemendativa) per il peculiare “peso” contenutistico rispetto al quanto disposto nella sua interezza dal plesso normativo decreto-disegno di legge di conversione; ovviamente quest’ultimo ha costellato il provvedimento d’ urgenza di altre innovazioni testuali, risultanti, però, di minor rilievo – oltre che giuridico, anche politico, massmediatico e comunicativo – se comparate a quelle che nelle conclusioni saranno oggetto di riflessione.
[3] Cfr. A.G.Fontanine, Teoria dei decreti legge, Bologna, Zanichelli, 1897, p.142; sulla origine francese è concorde anche V.Di Salvo, voce “Legge”, in “Dig.it”, vol. XIV, Torino, Giuffrè, 1902-1905, p. 290.
[4] Cfr. C.G.Hello, Du régime constitutionnel dans ses raports avec l’ètat actuel de la science sociale et politique, Bruxelles, Société Typographique Belge, 1849, p.290.
[5] Cfr. S.Carbonaro, Nazione e limiti della interferenza funzionale, Firenze, Società Editrice Universitaria, 1950, p.156; C.Cereti, Portata e limiti dei “poteri” secondo la Costituzione, in Comitato nazionale per la celebrazione del I decennale della promulgazione della Costituzione, “Discorsi e scritti sulla Costituzione”, vol. 2, p. 312.
[6] Di grande interesse la lettura dei lavori della Assemblea costituente e, in particolare, i rilievi dell’on. L.Preti, Atti dell’Assemblea costituente, seduta pom., 11-9-1947, in “La Costituzione della Repubblica nei lavori della Assemblea costituente”, IV, Roma, Camera dei deputati, Segretariato Generale, 1970, pp. 2785s, che, pur dubitando della compatibilità teorica dei dd.ll. con il principio della divisione dei poteri, li ammette, rilevando come il dogma della divisione, rigorosamente inteso, sia stato, in buona sostanza, superato con la fine della monarchia costituzionale.
[7] E’ comunque da rammentare che, soprattutto i sistemi a più forte tradizione democratica (si pensi agli Stati Uniti, al Regno Unito, alla Germania e alla Francia), hanno cercato di eliminare, sia dai testi costituzionali, sia dalla prassi, attribuzioni normative primarie al Potere esecutivo, a mano a mano che il principio della sovranità popolare si veniva affermando come unico fattore di legittimità del potere statale (cfr. A, Pizzorusso, Atti legislativi del Governo e rapporti fra i poteri: aspetti comparatistici, in “Quad.Cost”, 1996, pp.35ss.
[8] Pregiatissimo il lavoro di S.Di Maria, I “nuovi” limiti alla decretazione d’urgenza: verso un pieno riconoscimento costituzionale?, in “www.forumcostituzionale.it”, 17-1-2015; v. anche A. Celotto, L’”Abuso” del decreto legge, op.cit.,p.362, nt.39: F. Modugno distingue un d.l. di cui all’art. 77 Cost. e un d.l. di cui all’art. 15 l. 400/1988.
[9] Corte cost., sent. n. 360 del 17/24-10-1996, pubbl. in G.U. n. 44 del 30-10-1996.
[10] Cfr. Dipartimento per le riforme istituzionali, Rapporto sulle questioni istituzionali, presentato nell’ottobre 2000 dal Ministro per le riforme istituzionali, Roma, Presidenza del Consiglio dei Ministri, p.53.
[11] Corte cost., sent. n. 360/1996, cit., &. 8 del “Considerato in diritto”; per una situazione similare e più grave, cfr. A. Celotto, op.cit, p. 121, che mette in evidenza come nel 1919 si arrivò alla cifra record di 1029 decreti di urgenza. Complessivamente nell’arco di tempo fra il 1914 ed il 1921 si pubblicarono 2832 dd.ll.
[12] Cfr. G. Silvestri, Sulla conversione in legge dei decreti-legge iterati e reiterati, in “I decreti- legge non convertiti, Atti del seminario svoltosi in Roma a palazzo della Consulta, 11-11-1994”, Milano, Giuffrè, 1996, p.161.
[13] Cfr. G.U. Rescigno, Le tecniche legislative oggi in Italia, in G.Visentini(cur.), “Analisi di leggi-campione. Problemi di tecnica legislativa”, Padova, Giuffrè, 1995, p.739.
[14]Cfr. G.U. Rescigno , Sul principio di legalità, in “Dir.pubbl.”, 1995, p.271.
[15]Cfr. F. Modugno, Analisi delle disposizioni della legge 400/88 relative alla potestà legislativa del governo. Considerazione critiche, in “Scritti in onore di G.Guarino”, Padova, 1998; v. anche F.Sorrentino, Il decreto-legge non convertito, in “Pol.dir.”, 1995, p.422:”L’effetto devastante del decreto-legge sul sistema delle fonti…all’impiego più frequente e disinvolto della reiterazione dei decreti non convertiti, che realizza, in buona sostanza, un’indefinita protrazione degli effetti dei decreti medesimi contro la prescrizione costituzionale che li vuole precari e destinati a venir meno retroattivamente in caso di diniego di conversione o di inutile spirare del relativo termine”.
[16] Cfr. P. Calandra, Il Governo della Repubblica, Bologna, Il Mulino, 1986, p.239.
[17] Cfr. V. Angiolini, Decreto-legge, conversione e “sanatoria” nel giudizio in via principale, in “Le Regioni”, 1998, pp.423ss.
[18] Cr. A. Simoncini, Tendenze recenti della decretazione d’urgenza in Italia, in A.Simoncini (cur.),“L’emergenza infinita. La decretazione d’urgenza in Italia”, Macerata, EUM – Edizioni Università di Macerata, p. 47.
[19] Cfr. F. Vari, Decreto-legge e gestione della politica estera militare, in A.Simoncini, op.cit.
[20] Cfr. N. Lupo, Decreto-legge e manutenzione legislativa: i decreti-legge “mille-proroghe”, in A.Simoncini, op.cit.
[21] Sulla distinzione tra funzione “tecnica” e funzione “politica” di una fonte normativa, v. E.Cheli, Potere regolamentare e struttura costituzionale, Milano. Giuffè, 1967.
[22] Cfr. S, Di Maria, op.cit, p. 15.
[23] Cfr. R. Zaccaria, Fuga dalla legge? Seminari sulla qualità della legislazione, Roma, Grafo, 2011.
[24] Al cui interno potrebbe essere ascritto anche il d.l. 34/2019 – di cui si è fatto cenno nell’incipit del lavoro e che al suo termine sarà oggetto di specifica riflessione – a causa della multiformità ed eterogeneità degli interventi che esso ricomprende; medesimo dubbio non può essere espresso per il d.l. 4-10-2018, n. 113 (“Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”, c.d. “Decreto Sicurezza”), conv. in l. 1-12-2018, n. 132 e, neanche, per il d.l.14.6.2019, n. 53 (“Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica”, c.d. “Decreto Sicurezza bis), in fase di conversione (C 1913, ass. Comm.riu. Aff.cost., Gius., Camera dep. 25-6-2019), entrambi pleno iure riconducibili ai provvedimenti d’urgenza tipizzati dall’art. 77 Cost.
[25] Corte cost., sent. n. 32 del 12/25-2-2014, pubbl. in G.U. n. 11 del 5-3-2014, che, dopo aver glissato sulla legittimità dei decreti omnibus, ritiene che, per considerarsi omogenee le disposizioni introdotte in sede parlamentare devono essere strettamente collegate ad uno dei contenuti già disciplinati dal d.l.
[26] Corte cost., cit, & 4.3 delle “Considerazioni in diritto”.
[27] Corte cost., sent., n. 220 del 3/19-7-2013, pubbl. In G.U. n. 30 del 24-7-2013, che ha dichiarato costituzionalmente illegittima la c.d. riforma delle Province che si era tentata di portare avanti in forza degli artt. 23, c. 4, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 20-bis, 21 e 22 del d.l. 6-12-2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, c. 1, legge 22-12-2011, n. 214, e artt. 17 e 18 del d.l. 6-7-2012, n. 95, convertito con modificazioni, dall’art. 1, c. 1, l. 7-8-2012, n. 135.
[28] Corte cost., sent., n. 220 del 3/19-7-2013, pubbl. in G.U. n. 30 del 24-7-2013, &. 12.1 delle “Considerazioni in diritto”.
[29] Alcuni dd.ll. abbisognano di una elevata mole di provvedimenti attuativi: il d.l. 12-9-2014, n. 133 (c.d. “Sblocca Italia”) ne richiede 45; il d.l. 24-4-2014 ,n. 66 (c.d. “Decreto 80 euro”) ne prevede 33; il d.l. 24-6-2014, n. 91 (c.d. “Decreto competitività”) 37; il d.l. 21-6-2013, n. 69 (c.d. “Decreto del fare”), prescrive 76 decreti, di cui 43 attuati; il d.l. 22-6-2012, n. 83 (c.d. “Decreto sviluppo II”) ben 73, di cui 61 attuati; il d.l. 6-7-2012, n. 95(c.d. “spending review II”) necessita di 97 decreti attuativi, di cui 72 attuati; anche il c.d. “Decreto crescita” (v. nt. 24) abbisogna di 39 norme attuative, tra decreti ministeriali e altri atti a carico delle amministrazioni coinvolte nella gestione delle nuove misure; per una completa mappa dei decreti de qua, cfr. Presidenza del Consiglio dei Ministri, Monitoraggio sullo stato di attuazione del programma di governo aggiornato al 27-11-201, in “www.governo.it/Presidenza/UPG”, unitamente a Camera dei deputati, Osservatorio sulla legislazione, Rapporto 2014 sulla legislazione tra Stato, Regioni e Unione europea, vol. II, t.II, XVII legislatura, p. 469.
[30] La mancata rapida attuazione di un d.l. (un vero non senso) comporta un ulteriore ingolfamento delle attività normative e provvedimentali governative; per lo stato di “smaltimento” dell’arretrato e di allineamento v. Presidenza del Consiglio dei Ministri, cit.
[31] Corte cost., sent. n. 22 del 13/16-12-2012, pubbl. in G.U. n. 8 del 22-12-2012.
[32] Corte cost., sent., 220/2013, & 12.1, cit.
[33] Cfr. S.Di Maria, op.cit., p.8.
[34] S.Di Maria afferma: ”Certo è che il Governo non può proseguire con disinvoltura, sebbene l’inserimento di decreti – legge negli annunci programmatici continui ad imperversare; il che genera una contraddizione insanabile tra necessità ed urgenza e previsione anticipata di decreti da adottarsi dopo mesi addirittura”(S.Di Maria, op.cit., p.18).
[35] Il Presidente Napolitano non ha perso occasione nei suoi quasi nove anni di mandato di ricordare la necessità di un passo indietro nell’uso della decretazione d’urgenza: ex multis, in occasione della cerimonia dello scambio di auguri di Natale del 16-12-2014, ha espresso l’auspicio che attraverso le riforme si possano ottenere: “il recupero dell’agibilità e della linearità perduta del processo legislativo, da anni degradatosi qualitativamente e degenerato fuori di ogni correttezza costituzionale. Mi riferisco ovviamente all’abuso della decretazione d’urgenza, al ricorso – per la conversione dei decreti – a voti di fiducia su abnormi maxi-emendamenti”, in “www.quirinale.it”.
[36] In particolare la Camera dei deputati mostra una particolare sensibilità a tale riguardo. Il 14-10-2014 il Presidente della Camera on. Laura Boldrini ha invitato il Governo ad “auto-limitarsi”. A questa missiva il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha risposto il 23-10-2014, rimarcando che:” il decreto-legge rappresenta talvolta l’unico strumento di cui il governo dispone per intervenire con tempestività su temi caratterizzati dai requisiti di necessità ed urgenza, che sono tanto più frequenti nel contesto dell’attuale contingenza economico-finanziaria” (cfr.S.Di Maria, op.cit.,p.18, nntt. 49- 50).
[37] Camera dei deputati, Osservatorio sulla legislazione, Rapporto 2014 sulla legislazione, cit, p.459.
[38] Per un approfondito esame delle riforme al regolamento della Camera dei deputati, fra cui quella del 28-3-1990, cfr. F. Bailo, Il non contingentamento dei tempi nella conversione dei decreti legge alla Camera dei Deputati, in P.Costanzo(cur.),“La decretazione d’urgenza (il caso dei c.d. decreti sicurezza)”, Univ. Genova, 2008; Alla Camera dei deputati con la riforma del 1990 ha avuto ingresso ufficiale il Governo nella programmazione dei lavori e si è introdotto il contingentamento dei tempi, con il conseguente rafforzamento della posizione del Governo nel Parlamento (cfr. N.Lupo, Il Governo in Parlamento: la fuga verso la decretazione delegata non basta, in S.Ceccanti, S.Vassallo (cur.),“Come chiudere la transizione. Cambiamento, apprendimento e adattamento nel sistema politico italiano”, Bologna, Zanichelli, 2004, pp.228ss.
[39] Modifica del regolamento del Senato del 17/22/23/24/30-11-1988, in G.U. n. 282 del 1-12-1988: attraverso un’ampia riforma del regolamento del Senato, non soltanto si è limitato in modo drastico il ricorso al voto segreto, ma sono state riviste le norme sulla programmazione dei lavori parlamentari, stabilendo che il programma sia redatto tenendo conto delle priorità individuate dal Governo, oltre che delle proposte avanzate dai gruppi parlamentari nonché dai singoli senatori. L’attuazione del programma e del calendario che da esso discende è garantita attraverso la previsione generalizzata del contingentamento dei tempi, che include anche la determinazione della data entro cui gli argomenti iscritti in calendario devono essere posti in votazione; ulteriore riforma e veramente organica del regolamento del Senato è stata approvata il 20-12-2017, pubbl. in G.U. n. 15 del 19-1-2018, che come scopo primario possiede quello di sveltire l’iter parlamentare delle leggi, senza andare a scapito della qualità dei provvedimenti: la riforma rafforza il lavoro delle commissioni, non solo riservando ad esse quindici giorni al mese non coincidenti con il lavoro d’Aula, ma anche aumentando le ipotesi in cui i provvedimenti sono esaminati in commissione in sede redigente e deliberante, senza la necessità del passaggio in Aula.
[40] Cfr. N. Lupo, Il Governo in Parlamento, cit., p.227.
[41] “Il Governo è ‘padrone’ dell’ordine del giorno delle Assemblee nella misura in cui sia in grado di determinare le scelte della sua maggioranza”, in quanto, “il dominio dell’ordine del giorno dell’Assemblea è assicurato, infatti, tendenzialmente alla ‘maggioranza parlamentare’ e non al Governo in quanto tale” (cfr. N.Lupo, ult.op.cit, p. 238).
[42] Cfr. G. Filippetta, La sentenza n. 32 del 2014 della Corte Costituzionale, ovvero dell’irresistibile necessità e dell’inevitabile difficoltà di riscrivere l’art.77 Cost., in “Federalismi”, 1/2014.
[43] Di indebolimento del Parlamento parla C.De Fiores, Audizione presso la Commissione affari costituzionali della Camera dei Deputati – Indagine conoscitiva in materia di revisione della parte seconda della Costituzione, 15-10-2014, in “AIC, osservatorio costituzionale”, n. 3/2014, che prospetta addirittura la ”costituzionalizzazione degli effetti negativi della decretazione d’urgenza attraverso la disciplina di un procedimento legislativo dominato dagli esecutivi, semplificato nei tempi e blindato nei contenuti”; parimenti ritiene che il voto bloccato costituzionalizzi la vituperata pratica del maxi-emendamento blindato dalla questione di fiducia.
[44] Il “dietro le quinte” svolto dal Presidente della Repubblica nelle fasi prodromiche alla emanazione di un d.l. manifesta uno dei momenti “cartine di tornasole” di un cambiamento sostanziale della figura del Capo dello Stato in seno alla architettura ordinamentale; per una articolata e approfondita riflessione su tale punto mi sia consentito rimandare a F.Giulimondi, Costituzione materiale, costituzione formale e riforme costituzionali, Roma, Eurilink, 2016, pp. 99-119.
[45] Sino agli interventi della Consulta che non solo hanno cercato di porre la parola “fine” a tale azione emendativa assembleare abusiva, tesa ad introdurre disposizioni e norme incompatibili con il testo del d.l. in fase di conversione, ma hanno contestato anche la stessa eterogeneità del provvedimento d’urgenza originario che si portava alla attenzione del Parlamento. Su questo ultimo aspetto cfr. Corte cost., sent., n. 171 del 9/23-5-2007, pubbl. in G.U. n. 20 del 7-5-2007(“Sul punto, è opportuno anzitutto rilevare che la determinazione delle cause di incandidabilità e di incompatibilità attiene alla materia elettorale e non alla materia della disciplina degli enti locali….Ora, mentre l’epigrafe del decreto reca l’intestazione «Disposizioni urgenti in materia di enti locali», il preambolo è così testualmente formulato: «Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni in materia di enti locali, al fine di assicurarne la funzionalità, con particolare riferimento alle procedure di approvazione dei bilanci di previsione, alle difficoltà finanziarie dei comuni di ridotta dimensione demografica ed al risanamento di particolari situazioni di dissesto finanziario. E, infatti, gli artt. 1, 4, 5 e 6 attengono ai bilanci e in genere alla finanza comunale, l’art. 2 concerne le conseguenze della mancata redazione degli strumenti urbanistici generali e l’art. 3 disciplina le modalità di presentazione delle dimissioni dei consiglieri comunali e provinciali. Nulla quindi risulta, né dal preambolo né dal contenuto degli articoli, che abbia attinenza con i requisiti per concorrere alla carica di sindaco. La norma censurata si connota, pertanto, per la sua evidente estraneità rispetto alla materia disciplinata dalle altre disposizioni del decreto-legge in cui è inserita”, & 6 del “Considerato in diritto”); Corte cost., sent., n. 22 del 13/16-2-2012, pubbl. in G.U. n.8 del 22-2-2012 (“La necessaria omogeneità del decreto-legge, la cui interna coerenza va valutata in relazione all’apprezzamento politico, operato dal Governo e controllato dal Parlamento, del singolo caso straordinario di necessità e urgenza, deve essere osservata dalla legge di conversione”, & 4 del “Considerato in diritto”); sul primo aspetto inerente la necessaria omogeneità contenutistica e coerenza finalistica degli emendamenti introdotti in sede parlamentare rispetto agli articoli facenti parte del d.l., cfr. Corte cost., sent, 22/2012, cit. (“Si deve ritenere che l’esclusione della possibilità di inserire nella legge di conversione di un decreto-legge emendamenti del tutto estranei all’oggetto e alle finalità del testo originario non risponda soltanto ad esigenze di buona tecnica normativa, ma sia imposta dallo stesso art. 77, secondo comma, Cost., che istituisce un nesso di interrelazione funzionale tra decreto-legge, formato dal Governo ed emanato dal Presidente della Repubblica, e legge di conversione, caratterizzata da un procedimento di approvazione peculiare rispetto a quello ordinario… Non si può tuttavia escludere che le Camere possano, nell’esercizio della propria ordinaria potestà legislativa, apportare emendamenti al testo del decreto-legge, che valgano a modificare la disciplina normativa in esso contenuta, a seguito di valutazioni parlamentari difformi nel merito della disciplina, rispetto agli stessi oggetti o in vista delle medesime finalità. Il testo può anche essere emendato per esigenze meramente tecniche o formali. Ciò che esorbita invece dalla sequenza tipica profilata dall’art. 77, secondo comma, Cost., è l’alterazione dell’omogeneità di fondo della normativa urgente, quale risulta dal testo originario, ove questo, a sua volta, possieda tale caratteristica (in caso contrario, si porrebbero i problemi esaminati nel paragrafo 3.3 e risolti dalla giurisprudenza costituzionale ivi richiamata). In definitiva, l’innesto nell’iter di conversione dell’ordinaria funzione legislativa può certamente essere effettuato, per ragioni di economia procedimentale, a patto di non spezzare il legame essenziale tra decretazione d’urgenza e potere di conversione. Se tale legame viene interrotto, la violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost., non deriva dalla mancanza dei presupposti di necessità e urgenza per le norme eterogenee aggiunte, che, proprio per essere estranee e inserite successivamente, non possono collegarsi a tali condizioni preliminari (sentenza n. 355 del 2010), ma per l’uso improprio, da parte del Parlamento, di un potere che la Costituzione gli attribuisce, con speciali modalità di procedura, allo scopo tipico di convertire, o non, in legge un decreto-legge”,& 4.2 del “Considerato in diritto”); Corte cost., sent., 32/2014, cit. (“Il potere di conversione non può, infatti, considerarsi una mera manifestazione dell’ordinaria potestà legislativa delle Camere, in quanto la legge di conversione ha natura «funzionalizzata e specializzata» (sentenza n. 22 del 2012 e ordinanza n. 34 del 2013). Essa presuppone un decreto da convertire, al cui contenuto precettivo deve attenersi, e per questo non è votata articolo per articolo, ma in genere è composta da un articolo unico, sul quale ha luogo la votazione – salva la eventuale proposizione di emendamenti, nei limiti sopra ricordati – nell’ambito di un procedimento ad hoc (art. 96-bis del Regolamento della Camera; art. 78 del Regolamento del Senato), che deve necessariamente concludersi entro sessanta giorni, pena la decadenza ex tunc del provvedimento governativo. Nella misura in cui le Camere non rispettano la funzione tipica della legge di conversione, facendo uso della speciale procedura per essa prevista al fine di perseguire scopi ulteriori rispetto alla conversione del provvedimento del Governo, esse agiscono in una situazione di carenza di potere”, & 5 del “Considerato in diritto”).
[46] Specie i decreti c.d. “omnibus” e “mille-proroghe” sono stati considerati l’ultimo treno utile per imbarcare disposizioni parlamentari che non avevano trovato la giusta sedes materiae ove essere approvate.
[47] I decreti-legge a struttura plurima e complessa si pongono in una “terra di mezzo” tra i costituzionalmente dubbi decreti omnibus (che si tendono a cestinare) e quelli più rispondenti ai modelli costruiti intorno alla interpretazione giurisprudenziale costituzionale dell’art. 77 Cost: due esempi fra i più recenti sono sicuramente riconducibili al d.l. 28-9-2018, n. 109, conv. in l. 16-11-2018, n. 130, recante “Disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze”, ove a fianco dell’intervento relativo alla tragedia del Ponte di Genova del 14-8-2019 ve ne sono altri, come sul settore dei fanghi, certamente di genere diverso e non settoriale, oltre che territorialmente più estesi in quanto afferenti all’intera Penisola; e al d.l. 29-3-2019, n. 27, conv. in l. 21-5-2019, n. 44, recante “Disposizioni urgenti in materia di rilancio dei settori agricoli in crisi e di sostegno alle imprese agroalimentari colpite da eventi atmosferici avversi di carattere eccezionale e per l’emergenza nello stabilimento Stoppani, sito nel Comune di Cogoleto”, nel quale confluiscono istanze di varia natura, originate dalla necessità di impedire la devastante diffusione del batterio della Xylella in agricoltura, per poi allargarsi ad altre criticità, incidenti in mondi invero differenti da quello agricolo e maggiormente affini a quello ambientale, come il superamento dello stato di emergenza e la messa in sicurezza degli stabilimenti della ex Stoppani di Cogoleto, criticità che nulla hanno a che vedere con la prima. Queste due tipologie di provvedimenti d’urgenza ex art. 77 Cost. si rivelano documenti che accolgono al loro interno più provvedimenti di urgenza, tutti paritariamente e partitamente in regola con i requisiti richiesti dalla Costituzione, ma appartenenti a settori anche radicalmente differenti fra di loro e diversificati riguardo agli ambiti di competenza ordinamentale.
[48] La specificità è la scaturigine, la conseguenza, il prodotto di una costante giurisprudenza costituzionale che ha, in primo luogo, sottolineato l’inidoneità ad introdurre norme “a regime” e, in seconda battuta, ha escluso che intere riforme potessero farsi con decreto- legge, potendo questi incidere soltanto su aspetti marginali, non strutturali, urgenti e simultaneamente semplici (Corte cost., sentt. 22/2012; 220/2013; 32/2014, tutte cit.); v. anche nt. successiva.
[49] In relazione alla specificità e alla omogeneità in chiave di diritto parlamentare, cfr. L.Gianniti, N.Lupo, Corso di diritto parlamentare, Bologna, Il Mulino, 2018, 3° ed., p.281:”Alla Camera … si è previsto il coinvolgimento, nel procedimento di conversione dei decreti-legge, di un organo a composizione paritaria quale il comitato per la legislazione … (che) deve esprimersi sulla qualità del testo e sulla conformità alle regole riguardanti la specificità e l’omogeneità e i limiti di contenuto dei decreti-legge, previsti dalla vigente legislazione, mentre la commissione di merito, quella alla quale il disegno di legge di conversione è assegnato in sede referente, deve valutare la sussistenza dei presupposti costituzionali, sulla base degli elementi contenuti nella relazione governativa (art. 96 bis, commi 1 e 2, r.C.).
[50] Relativamente alla verifica della sussistenza dei presupposti costituzionali di straordinaria necessità ed urgenza, cfr. L.Gianniti, N.Lupo, ult.op.cit, pp. 279,281: “A questa ‘urgenza costituzionale’ i regolamenti parlamentari hanno risposto in modo diverso, ma sempre in contraddizione con la logica della Carta fondamentale … :in un primo momento, non differenziando il procedimento di esame dei disegni di legge di conversione rispetto a quello previsto per gli altri progetti di legge; in un secondo momento, a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, specializzandolo sì, ma mediante l’introduzione di una serie di aggravamenti procedurali, consistenti in un subprocedimento diretto a valorizzare il controllo parlamentare sulla sussistenza dei presupposti costituzionali di straordinaria necessità ed urgenza (affidato in via preliminare alle commissioni affari costituzionali e poi alle Assemblee). … in base all’esito insoddisfacente di tale procedura … se ne è decisa, nel 1997 alla Camera e nel 2017 al Senato la soppressione, ferma restando la possibilità, per un capogruppo, 10 senatori o 20 deputati, di presentare una questione pregiudiziale (art. 78, comma 3, r.S.; art. 96 bis, comma 3, r.C)”.
[51] Per i risvolti di diritto parlamentare, cfr. L.Gianniti, N.Lupo, ult.op.cit, p.281: “(V’è da sottolineare) la disarmonia relativa all’applicazione del contingentamento dei tempi nell’esame dei disegni di legge di conversione dei decreti-legge: applicazione che avviene regolarmente al Senato (ove è anzi stabilito che i disegni di legge di conversione, se presentati in prima lettura, siano iscritti all’ordine del giorno dell’Assemblea in tempo utile a assicurare che la votazione finale avvenga non oltre il trentesimo giorno dal deferimento), e a cui non si procede invece alla Camera (art. 154, comma 1, r.C.)”.
[52] Bella immagine evocata da L.Gianniti, N.Lupo, op.cit., già evidenziata a nt. 50.
[53] Nel corso della redazione del presente scritto il disegno di legge è stato convertito: approvato (C 1807), con apposizione della questione di fiducia, in prima lettura dalla Camera dei deputati in data 21-6-2019; votato in prima lettura e in via definitiva dal Senato della Repubblica (S 1354), sempre con apposizione della questione di fiducia, in data 27-6-2019; alla data di pubblicazione dell’articolo la legge di conversione non è stata ancora promulgata dal Capo dello Stato.
[54] La versione, composta dagli emendamenti 38.38 e 38.39 dei relatori (Raduzzi, Centemero), 38.7 di alcuni deputati (di qui a poco indicati) e dai subemendamenti 0.38.39.7. e 0.38.39.8. presentati da alcuni parlamentari (di qui a poco indicati) – dell’art. 38 d.l. 34/2019 così come riformulato dal d.d.l. conv. (AC 1807-A) -, approvata dalle Comm.riu. Bil. tes. progr., Fin., Camera dep. 17-6-2019, è la seguente:
” Articolo 38. (Debiti enti locali)
1. All’articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, dopo il comma 932 è inserito il seguente: «932-bis. A seguito della conclusione delle attività straordinarie della gestione commissariale di cui al comma 932:
a) Roma capitale provvede alla cancellazione dei residui attivi e passivi nei confronti della gestione commissariale;
b) sono trasferiti a Roma Capitale i crediti di competenza della stessa gestione commissariale iscritti nella massa attiva del piano di rientro dall’indebitamento pregresso di cui all’articolo 78 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come definito in attuazione del comma 930, iscrivendo in bilancio un adeguato fondo crediti di dubbia esigibilità, destinato ad essere conservato fino alla riscossione o cancellazione degli stessi crediti; la differenza è finalizzata alla copertura dell’eventuale disavanzo derivante dalla lettera a);
c) è trasferita a Roma capitale la titolarità del piano di estinzione dei debiti, ivi inclusi quelli finanziari, oggetto di ricognizione, come approvato con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 930, unitamente alle risorse di cui al comma 14 dell’articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, non destinate annualmente alla copertura degli oneri di cui al comma 1-sexies o all’ammortamento del debito finanziario a carico del Ministero dell’economia e delle finanze individuati dallo stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 930;
d) le posizioni debitorie derivanti da obbligazioni contratte in data anteriore al 28 aprile 2008 non inserite nella definitiva rilevazione della massa passiva di cui al comma 930, rientrano nella competenza di Roma Capitale.».
1-bis. Roma Capitale promuove le iniziative necessarie per ottenere l’adesione dei possessori delle obbligazioni RomeCity 5,345 per cento con scadenza 27 gennaio 2048 (ISIN XS0181673798) per 1.400 milioni di euro all’accollo del prestito obbligazionario medesimo da parte dello Stato; in caso di adesione, gli oneri derivanti dal pagamento degli interessi e del capitale del suddetto prestito obbligazionario sono assunti a carico del bilancio dello Stato, con efficacia a partire dal pagamento della cedola successiva a quella in corso al momento dell’adesione stessa.
1-ter. Per le finalità di cui al comma 1-bis, è istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze un fondo con una dotazione di 74,83 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2048. Al relativo onere si provvede:
a) mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 14, comma 14, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, per un importo pari a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2025, a 70 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2026 al 2030 e a 74,83 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2031 al 2048;
b) mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato delle risorse giacenti sulla contabilità speciale di cui all’articolo 37, comma 6, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, per un importo pari a 74,83 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021, a 24,83 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2025 e a 4,83 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2026 al 2030. Al fine di assicurarne la disponibilità in ciascuno dei predetti anni, le giacenze della contabilità speciale possono essere utilizzate per le finalità originarie solo per la parte eccedente gli importi complessivi rimasti da versare all’entrata del bilancio dello Stato ai sensi della presente lettera.
1-quater. Agli oneri in termini di indebitamento netto e fabbisogno derivanti dal comma 1-bis, pari a 74,83 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2048, si provvede mediante corrispondente riduzione del limite alle somme che il Commissario straordinario del Governo per la gestione del piano di rientro del debito pregresso del comune di Roma è autorizzato annualmente a utilizzare a valere sui contributi pluriennali di cui all’articolo 14, comma 14, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, adottato ai sensi dell’articolo 4, comma 177-bis, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è rideterminato il limite di cui al primo periodo del presente comma.
1-quinquies. In caso di mancata adesione da parte dei possessori delle obbligazioni di cui al comma 1-bis, la dotazione del fondo di cui al comma 1-ter è destinata alle finalità di cui all’articolo 14, comma 14, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
1-sexies. In caso di adesione da parte dei possessori delle obbligazioni di cui al comma 1-bis, un importo, pari a 200 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2042 al 2048, dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 14, comma 14, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, è destinato al rimborso della quota capitale delle obbligazioni di cui al citato comma 1-bis.
1-septies. Per gli anni dal 2020 al 2022, un importo commisurato ai minori esborsi eventualmente derivanti da operazioni di rinegoziazione dei mutui in essere con istituti di credito di competenza della Gestione commissariale di cui all’articolo 78 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, effettuate dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, è destinato ad alimentare un fondo, da istituire nello stato di previsione del Ministero dell’interno, denominato «Fondo per il concorso al pagamento del debito dei comuni capoluogo delle città metropolitane», il Commissario straordinario del Governo per la gestione del piano di rientro del debito pregresso del comune di Roma promuove presso gli istituti di credito ogni iniziativa utile al raggiungimento di detto obiettivo. L’eventuale conclusione dei contratti di rinegoziazione è comunque subordinata, in deroga a quanto previsto dall’articolo 1, commi 751 e seguenti, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, all’emanazione di un decreto di autorizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze. Il Fondo di cui al primo periodo è incrementato, anche in via pluriennale, con le seguenti modalità:
a) mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 14, comma 14, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. In tal caso, il limite alle somme che il citato Commissario straordinario è autorizzato annualmente a utilizzare a valere sui contributi pluriennali di cui all’articolo 14, comma 14, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, è corrispondentemente ridotto;
b) mediante riassegnazione delle somme versate all’entrata del bilancio dello Stato da parte del citato Commissario straordinario a valere sulle disponibilità giacenti sul conto corrente di tesoreria ad esso intestato. In tal caso, l’importo delle somme versate è computato ai fini della verifica del rispetto del limite di cui al secondo periodo della lettera a).
1-octies. Ai fini del concorso nel pagamento delle rate in scadenza dei mutui contratti per spese di investimento da parte dei comuni capoluogo delle città metropolitane in dissesto finanziario di cui all’articolo 244 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, alla data di entrata in vigore del presente decreto, fermo restando quanto previsto dal comma 1-septies del presente articolo, è riconosciuto ai medesimi comuni un contributo di 20 milioni di euro per l’anno 2019 e di 35 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2033. All’onere derivante dal presente comma, pari a 20 milioni di euro per l’anno 2019 e a 35 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2033, si provvede:
a) quanto a 20 milioni di euro per l’anno 2019, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero;
b) quanto a 35 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2033, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 1091, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
1-novies. All’articolo 18, comma 1, alinea, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, le parole: «accantonata per l’anno 2017 e 2018» sono sostituite dalle seguenti: «accantonata per gli anni 2017, 2018 e 2019» e le parole «Servizio sanitario nazionale per l’anno 2017 e per l’anno 2018» sono sostituite dalle seguenti: «Servizio sanitario nazionale per gli anni 2017, 2018 e 2019». Per l’anno 2019, la somma accantonata ai sensi dell’articolo 18, comma 1, del citato decreto-legge n. 148 del 2017, come modificato dal presente comma, è ripartita per le finalità indicate alle lettere a) e b) del medesimo articolo 18, comma 1, secondo gli importi definiti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. [Subemendamento 0.38.39.7. (nuova formulazione) Prestigiacomo Stefania identico a 0.38.39.8. (nuova formulazione) Bellachioma Giuseppe Ercole, Cattoi Vanessa, Cestari Emanuele, Comaroli Silvana Andreina, Frassini Rebecca, Pretto Erik Umberto, Ribolla Alberto, Tomasi Maura, Cavandoli Laura, Covolo Silvia, Ferrari Roberto Paolo, Gerardi Francesca, Gusmeroli Alberto Luigi, Pagano Alessandro, Paternoster Paolo, Tarantino Leonardo]
1-decies. Il fondo di cui al comma 1-septies è annualmente ripartito, su richiesta dei comuni interessati, tra i comuni capoluogo delle città metropolitane che hanno deliberato il ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale o la dichiarazione di dissesto finanziario, ai sensi rispettivamente degli articoli 243-bis e 246 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o che hanno deliberato un piano di interventi pluriennale monitorato dalla competente sezione della Corte dei conti. Il fondo è ripartito con decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza-Stato città ed autonomie locali, entro il 30 novembre 2019, in proporzione all’entità delle rate annuali di rimborso del debito.
1-undecies. I comuni con popolazione superiore a 60.000 abitanti che hanno dichiarato, in data successiva al 1 gennaio 2012, lo stato di dissesto finanziario di cui all’articolo 244 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e che successivamente hanno deliberato la procedura di riequilibrio finanziano pluriennale ai sensi dell’articolo 243-bis del medesimo testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, al fine di assicurare il ripiano delle passività individuate nel piano di cui al comma 6 del medesimo articolo 243-bis, sono autorizzati, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, nella salvaguardia di quanto previsto dagli articoli 95 e 97 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, a ridurre gli importi dei contratti in essere, nonché di quelli relativi a procedure di affidamento per cui sia già intervenuta l’aggiudicazione, anche provvisoria, aventi a oggetto l’acquisto o la fornitura di beni e servizi, nella misura del 5 per cento, per tutta la durata residua dei contratti medesimi. Le parti hanno facoltà di rinegoziare il contenuto dei contratti, in funzione della suddetta riduzione. È fatta salva la facoltà del prestatore dei beni o servizi di recedere dal contratto, entro trenta giorni dalla comunicazione della manifestazione di volontà di operare la riduzione, senza alcuna penalità da recesso verso l’amministrazione. Il recesso è comunicato all’amministrazione e ha effetto decorsi trenta giorni dal ricevimento della relativa comunicazione da parte di quest’ultima. In caso di recesso, i comuni di cui al presente comma, nelle more dell’espletamento delle procedure per nuovi affidamenti, possono, al fine di assicurare comunque la disponibilità di beni e servizi necessari alla loro attività, stipulare nuovi contratti accedendo a convenzioni-quadro della società Consip Spa, a quelle di centrali di committenza regionale o tramite affidamento diretto nel rispetto della disciplina europea e nazionale in materia di contratti pubblici.
1-duodecies. Al comma 2-bis dell’articolo 222 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, le parole: «per la durata di sei mesi a decorrere dalla data della predetta certificazione» sono sostituite dalle seguenti: «fino al raggiungimento dell’equilibrio di cui all’articolo 259 e, comunque, per non oltre cinque anni, compreso quello in cui è stato deliberato il dissesto».
1-terdecies. La tabella di cui al comma 5-bis dell’articolo 243-bis del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è sostituita dalla seguente:
«Rapporto passività/impegni di cui al titolo I Durata massima del piano di riequilibrio finanziario pluriennale
Fino al 20 per cento 4 anni
Superiore al 20 per cento e fino al 60 per cento 10 anni
Superiore al 60 per cento e fino al 100 per cento per i comuni fino a 60.000 abitanti 15 anni
Oltre il 60 per cento per i comuni con popolazione superiore a 60.000 abitanti e oltre il 100 per cento per tutti gli altri comuni 20 anni».
1-quaterdecies. Nell’ambito delle misure volte ad assicurare la realizzazione di iniziative prioritarie, è riconosciuto al comune di Alessandria un contributo in conto capitale di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021. All’onere derivante dal presente comma, pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 1091, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
1-quinquiesdecies. I comuni interessati dagli eventi sismici della provincia di Campobasso e della città metropolitana di Catania individuati, rispettivamente, dalla delibera del Consiglio dei ministri 6 settembre 2018, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 213 del 13 settembre 2018, e dalla delibera del Consiglio dei ministri 28 dicembre 2018, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 1 del 2 gennaio 2019, approvano il rendiconto della gestione previsto dall’articolo 227 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, relativo all’esercizio 2018, entro il 31 luglio 2019 e lo trasmettono alla banca dati delle amministrazioni pubbliche entro trenta giorni dalla data dell’approvazione. [38.39. (nuova formulazione) I Relatori]
2. Fino alla conclusione delle attività straordinarie della Gestione commissariale di cui all’articolo 78 del decreto-legge del 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, al fine di sopperire a temporanee carenze di liquidità della Gestione stessa il comune di Roma Capitale è autorizzato a concedere alla stessa anticipazioni di liquidità. Le modalità di concessione, la misura dell’eventuale tasso di interesse e la restituzione delle anticipazioni di liquidità di cui al periodo precedente, sono disciplinate con apposita convenzione tra Roma Capitale e la Gestione Commissariale.
2-bis. Gli enti locali che hanno proposto la rimodulazione o riformulazione del piano di riequilibrio ai sensi dell’articolo 1, comma 714, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, entro la data del 14 febbraio 2019 di deposito della sentenza della Corte costituzionale n. 18 del 2019, anche se non ancora approvato dalla competente Sezione regionale della Corte dei conti ovvero inciso da provvedimenti conformativi alla predetta sentenza della Sezione regionale competente, possono riproporre il piano per adeguarlo alla normativa vigente secondo la procedura dell’articolo 1, commi 888 e 889, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
2-ter. La riproposizione di cui al comma 2-bis deve contenere il ricalcolo complessivo del disavanzo già oggetto del piano modificato, nel rispetto della disciplina vigente, ferma restando la disciplina prevista per gli altri disavanzi.
2-quater. Le rimodulazioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter non sospendono le azioni esecutive e, considerata la situazione di eccezionale urgenza, sono oggetto di approvazione o di diniego della competente Sezione della Corte dei conti entro venti giorni dalla ricezione dell’atto deliberativo del Consiglio comunale. Per i piani per cui pende la fase istruttoria presso la Commissione di cui all’articolo 155 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, la Commissione predetta è tenuta a concludere la fase istruttoria entro venti giorni dalla ricezione delle deliberazioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter. Entro i successivi cinque giorni, la Commissione invia le proprie considerazioni istruttorie conclusive alla competente Sezione territoriale della Corte dei conti, che provvede alla approvazione o al diniego del piano di riequilibrio riformulato entro venti giorni dalla ricezione degli atti. [38.7. (nuova formulazione) Faro Marialuisa, Trano Raffaele]
2-quinquies. A decorrere dall’anno 2019, al comune di Campione d’Italia è corrisposto un contributo nel limite massimo di 5 milioni di euro annui, per esigenze di bilancio, con priorità per le spese di funzionamento dell’ente, a valere sulle somme iscritte nel capitolo 1379, denominato «Contributo straordinario al comune di Campione d’Italia», dello stato di previsione della spesa del Ministero dell’interno. [38.38. I Relatori]
[55] Emendamento al d.d.l. conv. (AC 1807-A) che ha aggiunto dopo l’art. 30(-ter) d.l. 34/2019 l’art. 30-quater – riformulato su indicazione della Lega e votato anche da altri partiti dell’opposizione, in primo luogo da Forza Italia e Fratelli d’Italia – approvato dalle Comm.riu. Bil, tes. progr., Fin., Camera dep. 13-6-2019.
[56] “Dopo l’articolo 30(-ter) inserire il seguente: Art. 30-quater. (Interventi a favore di imprese private nel settore radiofonico)
1. Le imprese radiofoniche private che abbiano svolto attività di informazione di interesse generale ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 230, mantengono il diritto all’intero contributo previsto dalla legge 7 agosto 1990, n. 250, e dalla legge 14 agosto 1991, n. 278, anche in presenza di riparto percentuale tra gli aventi diritto.
2. Al fine di favorire la conversione in digitale e la conservazione degli archivi multimediali delle imprese di cui al comma 1, la Presidenza del Consiglio dei ministri corrisponde alle citate imprese un contributo di 3 milioni di euro per l’anno 2019. Il contributo di cui al presente comma non è soggetto a riparto percentuale tra gli aventi diritto e può essere riassorbito da eventuale convenzione appositamente stipulata successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
3. Il totale dei contributi di cui ai commi 1 e 2 è corrisposto nel limite dell’80 per cento dei costi dell’esercizio precedente.
4. All’articolo 1, comma 810, lettera a), della legge 30 dicembre 2018, n. 145, le parole: «1° gennaio 2020» sono sostituite dalle seguenti: «31 gennaio 2020».
5. Agli oneri derivanti dal comma 2 del presente articolo, pari a 3 milioni di euro per l’anno 2019, si provvede a valere sul Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 26 ottobre 2016, n. 198.” (43.08. “Nuova formulazione” Sensi, Giachetti, Bellachioma, Vanessa Cattoi, Cestari, Comaroli, Frassini, Pretto, Ribolla, Tomasi, Cavandoli, Covolo, Ferrari, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino, Fassina, Pastorino, Boccia, Boschi, De Micheli, Madia, Marattin, Melilli, Navarra, Padoan, Colaninno, Del Barba, Fragomeli, Fregolent, Librandi, Mancini, Topo, Ungaro; 43.05. “Nuova formulazione” Brunetta, Polverini, Gelmini, Mulè, Occhiuto, Baldelli, Mandelli, Prestigiacomo, Paolo Russo, D’Ettore, D’Attis, Cannizzaro, Pella, Giacomoni, Martino, Baratto, Bignami, Benigni, Cattaneo, Angelucci).
[57] Segnatamente al c.d. “Salva Roma” già il provvedimento d’urgenza entrato in vigore il 1-5-2019 prevede all’art. 38 (” 1. All’articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, dopo il comma 932 è inserito il seguente: «932-bis. A seguito della conclusione delle attività straordinarie della gestione commissariale di cui al comma 932: a) Roma capitale provvede alla cancellazione dei residui attivi e passivi nei confronti della gestione commissariale; b) sono trasferiti a Roma Capitale i crediti di competenza della stessa gestione commissariale iscritti nella massa attiva del piano di rientro dall’indebitamento pregresso di cui all’articolo 78 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come definito in attuazione del comma 930, iscrivendo in bilancio un adeguato fondo crediti di dubbia esigibilità, destinato ad essere conservato fino alla riscossione o cancellazione degli stessi crediti; la differenza è finalizzata alla copertura dell’eventuale disavanzo derivante dalla lettera a); c) è trasferita a Roma capitale la titolarità del piano di estinzione dei debiti, ivi inclusi quelli finanziari, oggetto di ricognizione, come approvato con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 930, unitamente alle risorse di cui al comma 14 dell’articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, non destinate annualmente all’ammortamento del debito finanziario a carico del Ministero dell’economia e delle finanze individuati dallo stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 930; d) le posizioni debitorie derivanti da obbligazioni contratte in data anteriore al 28 aprile 2008 non inserite nella definitiva rilevazione della massa passiva di cui al comma 930, rientrano nella competenza di Roma Capitale.». 2. Fino alla conclusione delle attività straordinarie della Gestione commissariale di cui all’articolo 78 del decreto-legge del 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, al fine di sopperire a temporanee carenze di liquidità della Gestione stessa il comune di Roma Capitale è autorizzato a concedere alla stessa anticipazioni di liquidità. Le modalità di concessione, la misura dell’eventuale tasso di interesse e la restituzione delle anticipazioni di liquidità di cui al periodo precedente, sono disciplinate con apposita convenzione tra Roma Capitale e la Gestione Commissariale”) una disciplina al tale riguardo: se il Governo avesse voluto avrebbe potuto già in quella sede formulare la disposizione similmente a quella redatta poi nella fase di conversione.
[58] L. cost. “Modifiche alla parte II della Costituzione”, approvata in via definitiva 16-11-2005, pubbl. in GU n. 269 del 18-11-2005, referendum indetto con D.P.R. 28-4-2006, pubbl. in GU n. 100 del 2-5-2006, svoltosi il 25,26-6-2006 con esito negativo (No:61,3%; Si:38,7%), pubbl. in GU n. 171 del 25-7-2006.
[59] L.cost. “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione”, approvata in via definitiva il 12-4-2016, pubbl. in GU n. 88 del 15-4-2016, referendum indetto con D.P.R. 27-9-2016, pubbl. in GU n. 227 del 28-9-2016, svoltosi il 4-12-2016 con esito negativo (NO:59,1%; Si:40,9%), pubbl. in GU n. 31 del 7-2-2017.
[60] La storia delle riforme costituzionali della Carta del 1948 è punteggiata da “mini-riforme”(anche se quella apportata al Titolo V della Costituzione da parte della l.cost. n. 3 del 18-10-2001 non può correttamente qualificarsi come “mini”) che assumono le vesti di una consolidata tradizione riformatrice italiana: per un quadro completo dell’iter e della tipologia delle riforme costituzionali, cfr. R. Romboli, S. Panizza, L’attuazione della Costituzione (recenti riforme e ipotesi di revisione), Pisa, Plus, 2002; M. Luciani, Dottrina del moto delle costituzioni e vicende della Costituzione repubblicana, in ”AIC”, 2013, 1.
[61] L. A. Seneca, Epistulae morales ad Lucilium, libro I, lettera 1.